Nell’ambito della questione della tecnica, la posizione di Heidegger si contraddistingue per non aver inteso la tecnica né come mezzo per scopi stabiliti dall’uomo, né come modalità del fare umano, bensì come evento (Ereignis) dell’essere stesso, vale a dire come l’accadere della verità, entro cui l’uomo è coinvolto. La tecnica è per il filosofo tedesco il modo fondamentale con cui l’essere si è destinato a noi, e questo destino (Geschick) può essere compreso soltanto mediante una meditazione sulla storia (Geschichte). Difatti, la tesi di Heidegger è celebre per aver spiegato gli sviluppi dell’epoca odierna, contrassegnata appunto dal dominio della tecnica, alla luce della configurazione che aveva assunto il pensiero greco con Platone e Aristotele. Entro quest’ottica, l’intento del mio contributo è di mostrare come tale impostazione metodologico-speculativa di Heidegger dipenda dalle interpretazioni fenomenologiche di Aristotele che egli svolse durante la prima metà degli anni ’20. L’idea che la tecnica sia verità e disvelamento (Entbergung), un determinato tipo di sapere, o ancora che essa sia metafisica, deriva da una certa maniera di interpretare Aristotele. Infatti, quel che secondo Heidegger si evince dallo Stagirita è il fatto che la τέχνη rappresenti la prima vera modalità che l’uomo ha per conoscere autenticamente le cose, ed è grazie a tale conoscenza che egli può orientarsi meglio nel proprio commercio (Umgang) con il mondo prendendosi cura di qualcosa per sopperire ai propri bisogni. Il τεχνίτης è colui che per primo scopre il perché un ente è fatto così-e-così (so und so), e ciò in quanto ne scorge l’εἶδος, l’aspetto (Aussehen), il quale dà nota della configurazione che un ente deve assumere affinché possa giungere alla presenza (Anwesung) e starvi stabilmente. Heidegger riconosce che il concetto di εἶδος ha una forte valenza teoretica poiché indica l’essenza, l’essere di qualcosa, ma la sua mossa, figlia del metodo fenomenologico-decostruttivo, è quella di mettere in risalto il contesto fattizio da cui l’εἶδος emerge, cioè quello della ποίησις, della produzione, da intendere come portar-fuori (Her-vor-bringen), cioè nella presenza, qualcosa. È da qui che si instaura quel legame indissolubile tra metafisica e tecnica che condizionerà per Heidegger l’intera storia dell’Occidente. Eppure, è in base all’εἶδος che si pongono delle discontinuità, di cui vorrei discutere nel mio intervento, tra la τέχνη antica e la tecnica contemporanea. È vero che la visione sull’εἶδος propria della τέχνη è l’anticamera della prospettiva rappresentazionale e produttiva che domina la filosofia e la scienza moderne, e di qui la tecnica odierna. Ma con l’εἶδος il τεχνίτης scopriva il τὸ τί ἦν εἶναι, l’“essere che già era”, ossia un’essenza sempre presente che costituiva la verità, verità che con la τέχνη doveva essere portata alla luce. Ciò era anche indice del lato artistico e po(i)etico della τέχνη antica, laddove la tecnica contemporanea non riconosce alcun modello eidetico, nessun essere proprio alla cosa e nessuna verità da manifestare, ma ogni ente è plasmato e riplasmato continuamente in base agli usi temporanei che se ne devono fare al solo scopo dell’autopotenziamento della soggettività incondizionata.

Umberto Marcantonio (2023). Differenze tra τέχνη antica e tecnica contemporanea a partire dalle interpretazioni heideggeriane di Aristotele. In F. Sunseri, S. Garello, R.M. Ballaccomo, S. Gennaro, L. Conte, C.F. Martiriggiano, et al. (a cura di), Evoluzione e tecnica. Una questione aperta (pp. 383-398). Palermo : Palermo University Press.

Differenze tra τέχνη antica e tecnica contemporanea a partire dalle interpretazioni heideggeriane di Aristotele

Umberto Marcantonio
2023-01-01

Abstract

Nell’ambito della questione della tecnica, la posizione di Heidegger si contraddistingue per non aver inteso la tecnica né come mezzo per scopi stabiliti dall’uomo, né come modalità del fare umano, bensì come evento (Ereignis) dell’essere stesso, vale a dire come l’accadere della verità, entro cui l’uomo è coinvolto. La tecnica è per il filosofo tedesco il modo fondamentale con cui l’essere si è destinato a noi, e questo destino (Geschick) può essere compreso soltanto mediante una meditazione sulla storia (Geschichte). Difatti, la tesi di Heidegger è celebre per aver spiegato gli sviluppi dell’epoca odierna, contrassegnata appunto dal dominio della tecnica, alla luce della configurazione che aveva assunto il pensiero greco con Platone e Aristotele. Entro quest’ottica, l’intento del mio contributo è di mostrare come tale impostazione metodologico-speculativa di Heidegger dipenda dalle interpretazioni fenomenologiche di Aristotele che egli svolse durante la prima metà degli anni ’20. L’idea che la tecnica sia verità e disvelamento (Entbergung), un determinato tipo di sapere, o ancora che essa sia metafisica, deriva da una certa maniera di interpretare Aristotele. Infatti, quel che secondo Heidegger si evince dallo Stagirita è il fatto che la τέχνη rappresenti la prima vera modalità che l’uomo ha per conoscere autenticamente le cose, ed è grazie a tale conoscenza che egli può orientarsi meglio nel proprio commercio (Umgang) con il mondo prendendosi cura di qualcosa per sopperire ai propri bisogni. Il τεχνίτης è colui che per primo scopre il perché un ente è fatto così-e-così (so und so), e ciò in quanto ne scorge l’εἶδος, l’aspetto (Aussehen), il quale dà nota della configurazione che un ente deve assumere affinché possa giungere alla presenza (Anwesung) e starvi stabilmente. Heidegger riconosce che il concetto di εἶδος ha una forte valenza teoretica poiché indica l’essenza, l’essere di qualcosa, ma la sua mossa, figlia del metodo fenomenologico-decostruttivo, è quella di mettere in risalto il contesto fattizio da cui l’εἶδος emerge, cioè quello della ποίησις, della produzione, da intendere come portar-fuori (Her-vor-bringen), cioè nella presenza, qualcosa. È da qui che si instaura quel legame indissolubile tra metafisica e tecnica che condizionerà per Heidegger l’intera storia dell’Occidente. Eppure, è in base all’εἶδος che si pongono delle discontinuità, di cui vorrei discutere nel mio intervento, tra la τέχνη antica e la tecnica contemporanea. È vero che la visione sull’εἶδος propria della τέχνη è l’anticamera della prospettiva rappresentazionale e produttiva che domina la filosofia e la scienza moderne, e di qui la tecnica odierna. Ma con l’εἶδος il τεχνίτης scopriva il τὸ τί ἦν εἶναι, l’“essere che già era”, ossia un’essenza sempre presente che costituiva la verità, verità che con la τέχνη doveva essere portata alla luce. Ciò era anche indice del lato artistico e po(i)etico della τέχνη antica, laddove la tecnica contemporanea non riconosce alcun modello eidetico, nessun essere proprio alla cosa e nessuna verità da manifestare, ma ogni ente è plasmato e riplasmato continuamente in base agli usi temporanei che se ne devono fare al solo scopo dell’autopotenziamento della soggettività incondizionata.
2023
Settore M-FIL/06 - Storia Della Filosofia
978-88-5509-591-4
Umberto Marcantonio (2023). Differenze tra τέχνη antica e tecnica contemporanea a partire dalle interpretazioni heideggeriane di Aristotele. In F. Sunseri, S. Garello, R.M. Ballaccomo, S. Gennaro, L. Conte, C.F. Martiriggiano, et al. (a cura di), Evoluzione e tecnica. Una questione aperta (pp. 383-398). Palermo : Palermo University Press.
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