Nel panorama delle architetture nosocomiali introdotte dalla specificità dei metodi di cura otto-novecenteschi, il dispensario antitubercolare ed il sanatorio hanno un alto valore di rappresentatività ed il loro studio risulta di estremo interesse per quanti si approcciano al vasto tema dell’edilizia sanitaria e dei materiali e tecniche costruttive ad essa associati. Il proliferarsi, infatti, della tisi costrinse l’Italia a dotarsi di una specifica tipologia edilizia per debellare una malattia davvero temuta, che confluirono in scelte e connotazioni distributivo-funzionali, formali e tecnologiche specialistiche, proprio perché specifica era la patologia da trattare. Il sanatorio, infatti, doveva essere progettato a fronte di opportune valutazioni climatiche, collocazione altimetrica, esposizione al sole, di specificità connesse alla terapia medica ed anche in funzione di valutazioni terapeutiche e curative della qualità estetica e paesaggistica dei luoghi ove essi sorgevano(non a caso spesso sorgeva fuori città ed in località ad alto potenziale di salubrità e naturalistico), del comfort degli edifici e degli spazi circostanti; il dispensario antitubercolare, invece, costituiva un presidio che sorgeva in città per la prevenzione e monitoraggio della malattia, divenendo -soprattutto a cavallo fra le due guerre- un importante punto di riferimento per la divulgazione, la conoscenza e prevenzione della TBC in tutto il territorio nazionale. Il Ministero dell’Interno, ed in particolare la Direzione generale della Sanità pubblica, emanarono tutta una serie di leggi, Regi Decreti e circolari volti a fornire ai progettisti utili indicazioni circa i più appropriati sistemi di cura, le condizioni psicologiche auspicabili per i pazienti, la distribuzione degli spazi interni ed esterni, il linguaggio architettonico talora volontariamente ispirato allo stile “moderno” della allora contemporaneità e che svelasse fin da subito l’attenta organizzazione funzionale, trasmettendo sensazioni di igiene e pulizia, puntando alla riconoscibilità dei manufatti e prescrivendo con oculatezza i materiali e le tecniche costruttive da impiegare, talora sperimentali e presentate in occasione di Congressi internazionali di Ingegneria sanitaria e di Igiene. Questo studio vuole analizzare casi di studio rappresentativi del tipo edilizio in genere ed esempi di singolarità, con particolare attenzione ai materiali ed alle tecniche costruttive impiegate, evidenziando altresì come queste strutture sanitarie abbiano subito nel corso del tempo abbandoni, infelici trasformazioni, riusi e restauri.

Campisi, T., Saeli, M. (2013). Anti-tubercolosis dispensary and sanatorium: shape, function and technology. In 39th IAHS. Changing needs, adaptive buildings, smart cities (pp. 901-908). Milano : PoliScript.

Anti-tubercolosis dispensary and sanatorium: shape, function and technology

CAMPISI, Tiziana
;
SAELI, Manfredi
2013-01-01

Abstract

Nel panorama delle architetture nosocomiali introdotte dalla specificità dei metodi di cura otto-novecenteschi, il dispensario antitubercolare ed il sanatorio hanno un alto valore di rappresentatività ed il loro studio risulta di estremo interesse per quanti si approcciano al vasto tema dell’edilizia sanitaria e dei materiali e tecniche costruttive ad essa associati. Il proliferarsi, infatti, della tisi costrinse l’Italia a dotarsi di una specifica tipologia edilizia per debellare una malattia davvero temuta, che confluirono in scelte e connotazioni distributivo-funzionali, formali e tecnologiche specialistiche, proprio perché specifica era la patologia da trattare. Il sanatorio, infatti, doveva essere progettato a fronte di opportune valutazioni climatiche, collocazione altimetrica, esposizione al sole, di specificità connesse alla terapia medica ed anche in funzione di valutazioni terapeutiche e curative della qualità estetica e paesaggistica dei luoghi ove essi sorgevano(non a caso spesso sorgeva fuori città ed in località ad alto potenziale di salubrità e naturalistico), del comfort degli edifici e degli spazi circostanti; il dispensario antitubercolare, invece, costituiva un presidio che sorgeva in città per la prevenzione e monitoraggio della malattia, divenendo -soprattutto a cavallo fra le due guerre- un importante punto di riferimento per la divulgazione, la conoscenza e prevenzione della TBC in tutto il territorio nazionale. Il Ministero dell’Interno, ed in particolare la Direzione generale della Sanità pubblica, emanarono tutta una serie di leggi, Regi Decreti e circolari volti a fornire ai progettisti utili indicazioni circa i più appropriati sistemi di cura, le condizioni psicologiche auspicabili per i pazienti, la distribuzione degli spazi interni ed esterni, il linguaggio architettonico talora volontariamente ispirato allo stile “moderno” della allora contemporaneità e che svelasse fin da subito l’attenta organizzazione funzionale, trasmettendo sensazioni di igiene e pulizia, puntando alla riconoscibilità dei manufatti e prescrivendo con oculatezza i materiali e le tecniche costruttive da impiegare, talora sperimentali e presentate in occasione di Congressi internazionali di Ingegneria sanitaria e di Igiene. Questo studio vuole analizzare casi di studio rappresentativi del tipo edilizio in genere ed esempi di singolarità, con particolare attenzione ai materiali ed alle tecniche costruttive impiegate, evidenziando altresì come queste strutture sanitarie abbiano subito nel corso del tempo abbandoni, infelici trasformazioni, riusi e restauri.
2013
Settore ICAR/10 - Architettura Tecnica
9788864930138
Campisi, T., Saeli, M. (2013). Anti-tubercolosis dispensary and sanatorium: shape, function and technology. In 39th IAHS. Changing needs, adaptive buildings, smart cities (pp. 901-908). Milano : PoliScript.
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