Dal concetto all’artefatto: l’uomo e le immagini prima della storia

The creation of stone artifacts, despite those who have attributed this skill exclusively to Homo sapiens, is an activity already systematically practiced by the much more ancient and "primitive" Homo erectus, as well as being a deeply rooted heritage of the Neanderthals. Therefore, the conscious manipulation and processing of materials, aimed at achieving a specific goal, are pre-human skills (where "human" should be understood as "specific to Homo sapiens") and indeed, one might rightly say, the driving force of humanity. What should be emphasized, along with the design ability, is the coexistence, or rather, the co-essence, in the artifacts, of functional and aesthetic, practical and symbolic aspects. This co-essence is observed not only in the amygdala, the guiding object of Homo erectus's material production, but also in the notable production of microliths and in the objects made of perishable materials, which in very rare cases have survived. Work, whether manual or intellectual, is a form of knowledge, that is, of man's appropriation of nature, of the reduction of the unicum continuum of external reality to discrete meanings. Every human activity, consciously or unconsciously, as a reduction of chaos to a livable cosmos, asserts itself as an affirmation of human existence in the world—as, in Prigoginian terms, a neg-entropic ordering process. What is outside us materializes, exists, thanks to the active relationship established between the observer and the thing or phenomenon observed: it is our gaze, or rather our thought, even before words, that gives substance to things. On the other hand, if every "natural" material and immaterial reality requires a res cogitans, a mind, to exist, every cultural artifact, even before being created, needs to be thought and desired.

La realizzazione di manufatti litici, a dispetto di coloro che hanno voluto attribuire esclusivamente a Homo sapiens tale abilità, è attività già sistematicamente praticata dall’assai più antico e “primitivo” Homo erectus, oltre che essere un radicato patrimonio dei Neanderthaliani. Sono dunque la manipolazione e la lavorazione consapevoli della materia, finalizzate al raggiungimento di un preciso obiettivo, attitudini pre-umane (dove per “umano” va inteso “proprio di Homo sapiens”) ed anzi, può ben dirsi, volano di umanità. Ciò che va sottolineato, insieme alla capacità progettuale, è la coesistenza o meglio la coessenza nei manufatti di aspetti funzionali ed estetici, pratici e simbolici. Tale coessenza non si osserva solo nell’amigdala, oggetto-guida della produzione materiale di Homo erectus, ma anche nella notevole produzione di microliti e negli oggetti in materiali deperibili che in rarissimi casi ci sono pervenuti. Il lavoro, sia esso manuale o intellettuale, è una forma di conoscenza, ossia di appropriazione della natura da parte dell’uomo, di riduzione dell’unicum continuum della realtà esterna a discreta significativi. Ogni attività umana, consapevolmente o inconsapevolmente, in quanto riduzione del caos a un cosmos vivibile, si impone come affermazione dell’esistenza dell’uomo nel mondo, come, potrebbe dirsi in termini prigoginiani, processo ordinatore neg-entropico. Ciò che è al di fuori di noi si materializza, esiste, grazie alla relazione attiva che si instaura tra osservatore e cosa o fenomeno osservato: è il nostro sguardo ovvero il nostro pensiero, prima ancora della parola, che fa consistere le cose. Per altro verso, se ogni realtà materiale e immateriale “naturale” per esistere ha bisogno di una res cogitans, di una mente, ogni artefatto culturale ha bisogno, prima ancora di essere realizzato, di essere pensato e di essere desiderato.