«La poesia di Cattafi […] arriva a comporsi in un paesaggio circolare, sfiorando in continua tensione con l’inconoscibile e l’ineffabile, i limiti stessi della comunicazione. […] Forse è proprio in questo affrontare il dialogo che dovremmo […] riconoscere il valore più alto […] del discorso di Cattafi, avvicinabile […] al buio grumo parlante dei romanzi di Beckett». Con queste parole poste sul risvolto di copertina de L’osso, l’anima (1964), Giovanni Raboni traccia sin da subito una possibile bisettrice da seguire per trovare uno dei centri gravitazionali attorno a cui ruota la raccolta di Bartolo Cattafi. Così diversa dalle precedenti e così influente nel percorso poetico cattafiano, dato che segna il culmine del primo periodo compositivo del poeta messinese e apre le porte al lungo silenzio successivo, L’osso, l’anima è eredità di un sentire percepito che ha in Kafka e – soprattutto – in Beckett i precedenti più illustri. La scrittura frammentata che sembra inseguire un lungo monologo interiore, la perdita di punti di riferimento fissi, il continuo dilatarsi del tempo che trasporta il lettore in un nonluogo, le metarmofosi oggettuali e soggettuali, le continue “presenze” che infestano le pagine, persino la scala cromatica, tutto sembra ricondurre Cattafi allo scrittore irlandese. L’intervento vuole prendere in esame uno di questi aspetti, ovvero la percezione e la costruzione dello spazio cattafiano e di come esso si trasformi in un gioco di allegorie intertestuali coi tre romanzi beckettiani, Molloy (1951), Malone muore (1951), L’innominabile (1953), già indicati da Raboni come strada da indagare. Mostrando come lo spazio, in particolare lo spazio chiuso, sia metafora per l’uomo post-bellico di una incapacità di interazione con l’altro da sé.

Dario Caldarella (2024). «Ronzando nella bianca libertà». Lo spazio come illusione comunicativa: un confronto tra Beckett e Cattafi. In G. Candela, E. Ceresi (a cura di), DIRE QUASI UN’ALTRA COSA Intertestualità e traduzione nella letteratura del Novecento (pp. 57-70). Palermo : Palermo University Press.

«Ronzando nella bianca libertà». Lo spazio come illusione comunicativa: un confronto tra Beckett e Cattafi

Dario Caldarella
2024-01-01

Abstract

«La poesia di Cattafi […] arriva a comporsi in un paesaggio circolare, sfiorando in continua tensione con l’inconoscibile e l’ineffabile, i limiti stessi della comunicazione. […] Forse è proprio in questo affrontare il dialogo che dovremmo […] riconoscere il valore più alto […] del discorso di Cattafi, avvicinabile […] al buio grumo parlante dei romanzi di Beckett». Con queste parole poste sul risvolto di copertina de L’osso, l’anima (1964), Giovanni Raboni traccia sin da subito una possibile bisettrice da seguire per trovare uno dei centri gravitazionali attorno a cui ruota la raccolta di Bartolo Cattafi. Così diversa dalle precedenti e così influente nel percorso poetico cattafiano, dato che segna il culmine del primo periodo compositivo del poeta messinese e apre le porte al lungo silenzio successivo, L’osso, l’anima è eredità di un sentire percepito che ha in Kafka e – soprattutto – in Beckett i precedenti più illustri. La scrittura frammentata che sembra inseguire un lungo monologo interiore, la perdita di punti di riferimento fissi, il continuo dilatarsi del tempo che trasporta il lettore in un nonluogo, le metarmofosi oggettuali e soggettuali, le continue “presenze” che infestano le pagine, persino la scala cromatica, tutto sembra ricondurre Cattafi allo scrittore irlandese. L’intervento vuole prendere in esame uno di questi aspetti, ovvero la percezione e la costruzione dello spazio cattafiano e di come esso si trasformi in un gioco di allegorie intertestuali coi tre romanzi beckettiani, Molloy (1951), Malone muore (1951), L’innominabile (1953), già indicati da Raboni come strada da indagare. Mostrando come lo spazio, in particolare lo spazio chiuso, sia metafora per l’uomo post-bellico di una incapacità di interazione con l’altro da sé.
2024
9788855096256
Dario Caldarella (2024). «Ronzando nella bianca libertà». Lo spazio come illusione comunicativa: un confronto tra Beckett e Cattafi. In G. Candela, E. Ceresi (a cura di), DIRE QUASI UN’ALTRA COSA Intertestualità e traduzione nella letteratura del Novecento (pp. 57-70). Palermo : Palermo University Press.
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