Il tempo della modernità, caratterizzato da elementi di individualismo e dall’evidente assottigliarsi dei legami comunitari, ha trasformato le fragilità in processi di marginalizzazione sociale ed educativa. Se il termine margine già dell’etimologia latina indica il bordo, l’orlo, il confine, la marginalità diviene lo spazio entro cui sviluppare e veder crescere la propria fragilità ma, nel contempo, la dimensione nella quale conservare, proteggere, dar silenziosamente voce alla fragilità stessa. Il margine, in quanto spazio relazionale, non appare funzionale esclusivamente all’escluso ma anche a colui che esclude, il quale, nel volto dell’escluso, si riappropria della sua stessa esclusione e della sua stessa fragilità in un gioco delle parti in cui le comunità occidentali in particolare si cibano di fragilità creandole e negandole continuamente. In modo conseguente le più diffuse forme di fragilità adolescenziali si radicano nel mondo scolastico, come nella famiglia, nei valori e nei comportamenti. Gli adolescenti (forse sarebbe meglio definirli “adulti fragili”) vivono nella povertà educativa la manifestazione costante di un disagio individuale e relazionale. La precarietà e l’instabilità dello stare al mondo, infatti, insieme agli innumerevoli rischi a cui è sottoposto l’adolescente ne incrementano l’attrazione del rischio e la vulnerabilità. Se con don Milani il margine è il luogo in cui gli allievi della scuola di Barbiana possono esprimersi, dissentire, urlare, emanciparsi diventando cittadini, attraverso una cultura che si radica negli interessi e nelle esperienze dirette, oggi dobbiamo trasformare i luoghi della marginalità in avamposti della scuola di Barbiana divenuta comunità educante. La fragilità, in questi termini, non attiene più semplicemente a una condizione di svantaggio economico e/o culturale ma rappresenta una caratteristica esistenziale del soggetto all’interno di una comunità che piuttosto che essere “comunità educante” si propone come anticomunità nichilista. Il presente contributo, attualizzando il pensiero di Don Milani, intende ripensare la comunità educante e il lavoro educativo di comunità quale risposta alle nuove forme di fragilità esistenziali. Ancora, la riflessione intende concentrarsi sul come l’educazione può esaltare il valore intrinseco della fragilità e, insieme, ridurre le implicazioni della marginalizzazione a cui sono esposti i soggetti più fragili.
Giorgia Coppola (2024). La fragilità ai margini: attualizzazioni del pensiero di don Milani. In V. Boffo, G. Del Gobbo, P. Malavasi (a cura di), Dare la parola: professionalità pedagogiche, educative e formative. A 100 anni dalla nascita di don Milani (pp. 647-653). Lecce.
La fragilità ai margini: attualizzazioni del pensiero di don Milani
Giorgia Coppola
2024-05-13
Abstract
Il tempo della modernità, caratterizzato da elementi di individualismo e dall’evidente assottigliarsi dei legami comunitari, ha trasformato le fragilità in processi di marginalizzazione sociale ed educativa. Se il termine margine già dell’etimologia latina indica il bordo, l’orlo, il confine, la marginalità diviene lo spazio entro cui sviluppare e veder crescere la propria fragilità ma, nel contempo, la dimensione nella quale conservare, proteggere, dar silenziosamente voce alla fragilità stessa. Il margine, in quanto spazio relazionale, non appare funzionale esclusivamente all’escluso ma anche a colui che esclude, il quale, nel volto dell’escluso, si riappropria della sua stessa esclusione e della sua stessa fragilità in un gioco delle parti in cui le comunità occidentali in particolare si cibano di fragilità creandole e negandole continuamente. In modo conseguente le più diffuse forme di fragilità adolescenziali si radicano nel mondo scolastico, come nella famiglia, nei valori e nei comportamenti. Gli adolescenti (forse sarebbe meglio definirli “adulti fragili”) vivono nella povertà educativa la manifestazione costante di un disagio individuale e relazionale. La precarietà e l’instabilità dello stare al mondo, infatti, insieme agli innumerevoli rischi a cui è sottoposto l’adolescente ne incrementano l’attrazione del rischio e la vulnerabilità. Se con don Milani il margine è il luogo in cui gli allievi della scuola di Barbiana possono esprimersi, dissentire, urlare, emanciparsi diventando cittadini, attraverso una cultura che si radica negli interessi e nelle esperienze dirette, oggi dobbiamo trasformare i luoghi della marginalità in avamposti della scuola di Barbiana divenuta comunità educante. La fragilità, in questi termini, non attiene più semplicemente a una condizione di svantaggio economico e/o culturale ma rappresenta una caratteristica esistenziale del soggetto all’interno di una comunità che piuttosto che essere “comunità educante” si propone come anticomunità nichilista. Il presente contributo, attualizzando il pensiero di Don Milani, intende ripensare la comunità educante e il lavoro educativo di comunità quale risposta alle nuove forme di fragilità esistenziali. Ancora, la riflessione intende concentrarsi sul come l’educazione può esaltare il valore intrinseco della fragilità e, insieme, ridurre le implicazioni della marginalizzazione a cui sono esposti i soggetti più fragili.File | Dimensione | Formato | |
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