La Muñeca menor, racconto di apertura della raccolta Los Papeles de Pandora (1976) di Rosario Ferré, rappresenta l’esemplificazione narrativa di un’utopia femminista e post coloniale attraverso la quale la scrittrice mira ad un virtuale rovesciamento del sistema di valori patriarcali vigenti sull’isola di Portorico. Il trait de union che accomuna la letteratura utopica alla letteratura femminista va ricercato nell’intento evocativo di scenari alternativi in grado di suggerire cambiamenti sostanziali ai sistemi di valori dominanti. L’impulso all’industrializzazione di Portorico, conseguenza della dominazione coloniale statunitense (1898), produce come effetto il soppiantamento dell’aristocrazia latifondista cañera da parte di una nuova borghesia emergente. Questo cambiamento sociale complica la questione identitaria dell’isola generando un senso di profonda dipendenza di Portorico dagli U.S.A. La transizione dell’umano al non umano, o, viceversa, la disumanizzazione dell’essere vivente è in Ferré metafora dell’effetto esercitato sulla popolazione, sulle donne in primis, dalla colonizzazione e dal cambiamento del sistema sociale e del sistema dei valori. In questo rinnovato quadro le donne sono marginalizzate, ridotte ad oggetti d’arredo, relegate all’interno del loro “focolare cubico” letteralmente esposte ai balconi come testimonianze viventi del loro status sociale. Nel racconto tanto gli elementi naturali, provenienti della fauna locale, quanto quelli artificiali, prodotti della techne della zia, sono trasfigurati in senso orrorifico allo scopo di assurgere al ruolo di espedienti narrativi funzionali alla destabilizzazione dell’ordine vigente. Così la chágara, un crostaceo innocuo che vive nei fiumi delle zone subtropicali, diviene un feroce parassita in grado di insinuarsi dentro “la carne tenera del polpaccio” annichilendo l’esistenza della sua ospite, le bambole sono in grado di sostituirsi, attraverso un processo di transfert, alle inermi protagoniste e di compiere quella catarsi necessaria alla loro vendetta. La presenza nel corpus del racconto di termini della tradizione taina, cultura precolombiana che presenta un impianto matriarcale, rivela l’intento di Ferré di riconnettersi ad un passato ideale, l’epoca precoloniale, allo scopo di riproporre una nuova cosmogonia matrilineare. Epicentro di questa cosmogonia sono le donne simbolicamente connesse alla forza generatrice degli elementi naturali. L’ambiente domestico dell’alta borghesia, abitato da figure inquiete e prigioniere, è il luogo dove si compie il miracolo creativo. Attraverso la realizzazione delle bambole, la zia può riappropriarsi della facoltà generativa che le consente di travalicare i confini di uno spazio asfissiante innescando una vera e propria rivoluzione femminista della società. L’estensione corporea incarnata dalla bambola permette all’intero gruppo di figure femminili di collocarsi al di fuori dello spazio domestico; l’utopia individuale della zia assurge ad una dimensione universale. La presenza di elementi di derivazione corporea (i denti da latte) e di oggetti dal valore sentimentale (gli orecchini di brillanti) anticipa la sostituzione del corpo della bambola a quello della nipote, ossia il processo di umanizzazione attraverso il quale è possibile per i personaggi femminili infrangere le barriere sociali ed evadere dallo spazio claustrofobico del focolare. La realizzazione di bambole antropomorfe permette inoltre alla zia di esplorare la dimensione della magia rituale che rimanda a pratiche voodoo dall’evidente carattere perturbante.

Giacchino, G. (2022). Utopia femminista e postcoloniale ne La Muñeca menor di Rosario Ferré. In F. Sunseri, S. Garello, R.M. Ballaccomo, S. Gennaro, L. Conte, C.F. Martiriggiano, et al. (a cura di), Evoluzione e tecnica: una questione aperta (pp. 225-239). Palermo : Palermo University Press.

Utopia femminista e postcoloniale ne La Muñeca menor di Rosario Ferré

Giacchino, G
2022-01-01

Abstract

La Muñeca menor, racconto di apertura della raccolta Los Papeles de Pandora (1976) di Rosario Ferré, rappresenta l’esemplificazione narrativa di un’utopia femminista e post coloniale attraverso la quale la scrittrice mira ad un virtuale rovesciamento del sistema di valori patriarcali vigenti sull’isola di Portorico. Il trait de union che accomuna la letteratura utopica alla letteratura femminista va ricercato nell’intento evocativo di scenari alternativi in grado di suggerire cambiamenti sostanziali ai sistemi di valori dominanti. L’impulso all’industrializzazione di Portorico, conseguenza della dominazione coloniale statunitense (1898), produce come effetto il soppiantamento dell’aristocrazia latifondista cañera da parte di una nuova borghesia emergente. Questo cambiamento sociale complica la questione identitaria dell’isola generando un senso di profonda dipendenza di Portorico dagli U.S.A. La transizione dell’umano al non umano, o, viceversa, la disumanizzazione dell’essere vivente è in Ferré metafora dell’effetto esercitato sulla popolazione, sulle donne in primis, dalla colonizzazione e dal cambiamento del sistema sociale e del sistema dei valori. In questo rinnovato quadro le donne sono marginalizzate, ridotte ad oggetti d’arredo, relegate all’interno del loro “focolare cubico” letteralmente esposte ai balconi come testimonianze viventi del loro status sociale. Nel racconto tanto gli elementi naturali, provenienti della fauna locale, quanto quelli artificiali, prodotti della techne della zia, sono trasfigurati in senso orrorifico allo scopo di assurgere al ruolo di espedienti narrativi funzionali alla destabilizzazione dell’ordine vigente. Così la chágara, un crostaceo innocuo che vive nei fiumi delle zone subtropicali, diviene un feroce parassita in grado di insinuarsi dentro “la carne tenera del polpaccio” annichilendo l’esistenza della sua ospite, le bambole sono in grado di sostituirsi, attraverso un processo di transfert, alle inermi protagoniste e di compiere quella catarsi necessaria alla loro vendetta. La presenza nel corpus del racconto di termini della tradizione taina, cultura precolombiana che presenta un impianto matriarcale, rivela l’intento di Ferré di riconnettersi ad un passato ideale, l’epoca precoloniale, allo scopo di riproporre una nuova cosmogonia matrilineare. Epicentro di questa cosmogonia sono le donne simbolicamente connesse alla forza generatrice degli elementi naturali. L’ambiente domestico dell’alta borghesia, abitato da figure inquiete e prigioniere, è il luogo dove si compie il miracolo creativo. Attraverso la realizzazione delle bambole, la zia può riappropriarsi della facoltà generativa che le consente di travalicare i confini di uno spazio asfissiante innescando una vera e propria rivoluzione femminista della società. L’estensione corporea incarnata dalla bambola permette all’intero gruppo di figure femminili di collocarsi al di fuori dello spazio domestico; l’utopia individuale della zia assurge ad una dimensione universale. La presenza di elementi di derivazione corporea (i denti da latte) e di oggetti dal valore sentimentale (gli orecchini di brillanti) anticipa la sostituzione del corpo della bambola a quello della nipote, ossia il processo di umanizzazione attraverso il quale è possibile per i personaggi femminili infrangere le barriere sociali ed evadere dallo spazio claustrofobico del focolare. La realizzazione di bambole antropomorfe permette inoltre alla zia di esplorare la dimensione della magia rituale che rimanda a pratiche voodoo dall’evidente carattere perturbante.
2022
Settore L-LIN/06 - Lingua E Letterature Ispano-Americane
Giacchino, G. (2022). Utopia femminista e postcoloniale ne La Muñeca menor di Rosario Ferré. In F. Sunseri, S. Garello, R.M. Ballaccomo, S. Gennaro, L. Conte, C.F. Martiriggiano, et al. (a cura di), Evoluzione e tecnica: una questione aperta (pp. 225-239). Palermo : Palermo University Press.
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Descrizione: Giacchino, G. Utopia femminista e postcoloniale ne La Muñeca menor di Rosario Ferré
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