Sull’agire collettivo. Riflessioni sull’esperienza della città di Palermo tra innovazione ed esclusione

Le pratiche di rigenerazione urbana che nel corso degli ultimi vent’anni hanno interessato molte città del Sud Italia risultano spesso l’esito di un lento, ma talvolta profondo, processo di rinnovamento della governance urbana, avendo contribuito a cambiare in alcuni casi in maniera significativa le relazioni di potere e i ruoli tra soggetto pubblico e attori economici e sociali. In un clima di sostanziale crisi ed indebolimento dell’azione pubblica, tuttavia le pratiche di innovazione sociale che hanno di fatto governato tali processi si configurano come una moltitudine di eterogenee micro-azioni indirizzate al soddisfacimento di bisogni materiali ed immateriali cui né il soggetto pubblico, né il libero mercato sono stati in grado di rispondere. Una moltitudine di forme sociali emergenti che ha contribuito al ridisegno delle politiche pubbliche, in molti casi riscritte in assenza di una qualificata regia pubblica. La diffusione e il radicamento di tali pratiche non sempre hanno contribuito a costruire una reale coscienza collettiva, indipendentemente dagli esiti del loro agire e/o dalla potenza della loro azione trasformativa. In relazione al suddetto quadro di riferimento, le esperienze maturate a Palermo negli ultimi vent’anni si offrono come significativo caso di studio per chiarire alcune delle principali contraddizioni che ruotano attorno al ruolo che le pratiche di innovazione sociale svolgono all’interno delle politiche urbane. Il contributo intende proporre una riflessione critica sulla reale natura collettiva di tali pratiche che possono talvolta accrescere la capacità selettiva del processo, piuttosto che perseguire obiettivi di interesse comune.