Il potere delle narrazioni: la ragione umanitaria nelle rappresentazioni del Mediterraneo Nero

This article intends to deal with the dominant narratives that discipline, record and govern migrations in the Black Mediterranean through the colonial device of humanitarian reason. Postcolonial space and geopolitical laboratory in which contemporary capitalism, embodied in Fortress Europe, exercises its sovereignty, the Black Mediterranean is a space of power relations fundamental for the construction of the Western self and the European identity, consummated on the body of the other. At the same time, since subalternity and subjection indicate «the process of becoming subordinate to power as much as the process of becoming a subject» (Butler, 2013, p.8), this space of the sea is a space of production of counter- subjectivity, of counter-narratives, of counter-practices. In fact, as clarified by Michel Foucault, there are no power strategies without resistance: «like power, resistance is multiple and can be integrated in global strategies» (Foucault, 1980, p. 142). In this article, I intend to focus on reproduction of the trail in the space of the Black Mediterranean starting from the fixed representations of the dominant archive that de-subjectified the migratory experience through the instrument of the abstraction of numbers, repetition and fixed registration of the other in an image. This is a phenomenon that is reproduced through humanitarian reason and its power relations, also expressed through a specific visual production. Since images participate in the construction of geographical knowledge of the world (Rose, 2001), here we will see how the devices of coloniality, in its contemporary forms of reproduction, continue to be linked to the recording of images that make up the archive of contemporaneity.

Questo articolo intende trattare delle narrazioni dominanti che disciplinano, registrano e governano le migrazioni nel Mediterraneo Nero attraverso il dispositivo coloniale della ragione umanitaria. Spazio postcoloniale e laboratorio geopolitico nel quale il capitalismo contemporaneo, incarnato nella Fortezza Europa, esercita la sua sovranità, il Mediterraneo Nero è uno spazio di relazioni di potere fondamentale per la costruzione dell’Io occidentale e dell’identità europea, consumata sul corpo dell’altro/a. Al contempo, poiché la subalternità e l’assoggettamento indicano «il processo del divenire subordinati al potere tanto quanto il processo di divenire un soggetto» (Butler, 2013, p.8), questo spazio del mare è uno spazio di produzione di contro-soggettività, di contro-narrazioni, di contro-pratiche. Infatti, come chiarito da Michel Foucault, non vi sono strategie di potere senza resistenze: «like power, resistance is multiple and can be integrated in global strategies» (Foucault, 1980, p. 142).In questo articolo, intendo soffermarmi sulla riproduzione della scia nello spazio del Mediterraneo Nero a partire dalle rappresentazioni fisse dell’archivio dominante che de-soggettivano l’esperienza migratoria attraverso lo strumento dell’astrazione dei numeri, la ripetizione e la registrazione fissa dell’altro/a in un’immagine. Un fenomeno, questo, che viene riprodotto per mezzo della ragione umanitaria e delle sue relazioni di potere, espresse anche per mezzo di una determinata produzione visuale. Poiché le immagini partecipano alla costruzione della conoscenza geografica del mondo (Rose, 2001), qui vedremo come i dispositivi della colonialità, nelle sue forme di riproduzione contemporanee, continuano ad essere legati alla registrazione di immagini che compongono l’archivio della contemporaneità.