Questo intervento analizza la transitorietà come concetto pregnante nella geografia di genere attraverso l’interpretazione di due video. Nel primo, la transitorietà è legata sia alla velocità del movimento del corpo nello spazio, sia al ritmo. Per Lefebvre, i ritmi sono costituiti dalla relazione fra luoghi, corpi in movimento e tempo. Il corpo e lo spazio hanno un loro ritmo, e quando nell’interazione reciproca questi due ritmi si incontrano, entrano “in armonia (euritmia) o in contrasto (aritmia) tra loro” (Lefebvre 1991). Lo stato di aritmia dipende dalle rappresentazioni associate al movimento: la dimensione politica del corpo e le gerarchie della classe, del genere, della razza. L’aritmia è un indicatore qualitativo dell’esperienza urbana dei soggetti e può essere uno strumento di interpretazione delle situazioni di disagio che producono forme di esclusione di genere. Questo concetto è alla base del film parodico di ricerca partecipata “La ragazza che abita in bicicletta”, che racconta il mancato diritto alla lentezza delle donne nello spazio urbano. Il film esprime la necessità di considerare anche la lentezza, oltre che la classe, un privilegio di genere. Nel secondo, la transitorietà è analizzata attraverso la riflessione dei femminismi sulla relazione tra corpi e territori. Nello specifico, la necessità di costruire convivenze tentacolari su un pianeta infetto contro ogni opposizione binaria attraversa l’ultimo testo di Donna Haraway (2016). Indicando il capitalismo estrattivo come responsabile della devastazione del pianeta, Haraway riflette sulla possibilità della convivenza tra le rovine attraverso la costruzione di parentele, umane e non-umane, per un superamento del futurismo riproduttivo. Una riflessione che sembra attraversare l’opera dell’artista Wangechi Mutu The end of eating everything, espressione dell’afrofuturismo futurista. Il corpo mutante e la sua relazione con lo spazio, protagonista del video, offrono molteplici possibilità di lettura non soltanto sulla relazione tra donne, corpi e territori, ma anche sui molteplici livelli di oppressione delle transitorietà su cui agisce il capitalismo estrattivo. Queste due letture della transitorietà fanno emergere forme di oppressione spaziale legate alle variazioni della velocità, del ritmo, delle rovine, così come la riflessione dei femminismi sulla costruzione di spazi e tempi alternativi possibili.
Gabriella Palermo, Alice Salimbeni (2023). Donne, corpi e territori: riflessioni sulla transitorietà. In T. Rossetto, G. Peterle, C. Gallanti (a cura di), Idee, testi, rappresentazioni. Pensare, raccontare, immaginare il movimento (pp. 275-279). Padova : Cleup.
Donne, corpi e territori: riflessioni sulla transitorietà
Gabriella Palermo
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2023-05-01
Abstract
Questo intervento analizza la transitorietà come concetto pregnante nella geografia di genere attraverso l’interpretazione di due video. Nel primo, la transitorietà è legata sia alla velocità del movimento del corpo nello spazio, sia al ritmo. Per Lefebvre, i ritmi sono costituiti dalla relazione fra luoghi, corpi in movimento e tempo. Il corpo e lo spazio hanno un loro ritmo, e quando nell’interazione reciproca questi due ritmi si incontrano, entrano “in armonia (euritmia) o in contrasto (aritmia) tra loro” (Lefebvre 1991). Lo stato di aritmia dipende dalle rappresentazioni associate al movimento: la dimensione politica del corpo e le gerarchie della classe, del genere, della razza. L’aritmia è un indicatore qualitativo dell’esperienza urbana dei soggetti e può essere uno strumento di interpretazione delle situazioni di disagio che producono forme di esclusione di genere. Questo concetto è alla base del film parodico di ricerca partecipata “La ragazza che abita in bicicletta”, che racconta il mancato diritto alla lentezza delle donne nello spazio urbano. Il film esprime la necessità di considerare anche la lentezza, oltre che la classe, un privilegio di genere. Nel secondo, la transitorietà è analizzata attraverso la riflessione dei femminismi sulla relazione tra corpi e territori. Nello specifico, la necessità di costruire convivenze tentacolari su un pianeta infetto contro ogni opposizione binaria attraversa l’ultimo testo di Donna Haraway (2016). Indicando il capitalismo estrattivo come responsabile della devastazione del pianeta, Haraway riflette sulla possibilità della convivenza tra le rovine attraverso la costruzione di parentele, umane e non-umane, per un superamento del futurismo riproduttivo. Una riflessione che sembra attraversare l’opera dell’artista Wangechi Mutu The end of eating everything, espressione dell’afrofuturismo futurista. Il corpo mutante e la sua relazione con lo spazio, protagonista del video, offrono molteplici possibilità di lettura non soltanto sulla relazione tra donne, corpi e territori, ma anche sui molteplici livelli di oppressione delle transitorietà su cui agisce il capitalismo estrattivo. Queste due letture della transitorietà fanno emergere forme di oppressione spaziale legate alle variazioni della velocità, del ritmo, delle rovine, così come la riflessione dei femminismi sulla costruzione di spazi e tempi alternativi possibili.File | Dimensione | Formato | |
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