Le politiche di sviluppo economico regionale nell’ambito europeo e dell’OCSE degli anni settanta furono indirizzate alla correzione delle disparità economiche (tassi di crescita del Pil e del reddito disequilibrati) tecniche, di redistribuzione delle opportunità tra regioni e di insufficiente dotazioni di risorse (umane, finanziarie, tecniche e infrastrutturali) ed impiantate sui massicce assistenze finanziarie (per infrastrutture e per sviluppare i servizi pubblici) alle regioni più povere, nelle quali creare ex‐nihilo dei tecnopoli ed artificialmente poli economici di sviluppo a livello regionale ed infine tentare di mantenere in vita settori industriali in declino per proteggere l’impiego locale. Dopo circa un ventennio di interventi i risultati raggiunti sono stati fallimentari e molti Paesi a livello dell’OCSE ed europeo si sono interrogati, sull’utilità di continuare ad adottarle e progressivamente c’è stato un orientamento verso un nuovo paradigma, anche alla luce del fenomeno della globalizzazione, che poggia su cinque pilastri. Politiche regionali indirizzate a tutte le regioni, dalle più povere alle più ricche. Azioni volte a mobilitare tutti mezzi per mettere in grado di massimizzare le opportunità di sviluppo endogeno di tutte le regioni, attraverso la formazione del capitale territoriale che permette di sviluppare un moltiplicatore dell’investimento. Azioni attive dello Stato centrale che deve vegliare al mantenimento della qualità delle infrastrutture, dei servizi pubblici e di un ambiente favorevole allo sviluppo delle aziende. Interventi sul livello delle infrastrutture di natura immateriale. Queste ultime attengono alla diffusione delle conoscenze (istruzione, formazione) delle tecnologie e dell’innovazione, alle misure che mirano allo sviluppo del capitale sociale; infine tutte le misure volte alla protezione dell’ambiente e di creare un quadro di qualità della vita. Una politica territoriale sviluppata a livello nazionale che deve essere compatibile con le politiche poste in essere nelle regioni e nelle città, con processi di decentralizzazione di responsabilità accompagnate da risorse fiscali che ne permettano la realizzazione. Questi pilastri fanno nascere nuovi concetti come il management territoriale e la competitività territoriale, che pongono l’accento sulla necessità per un territorio di sapere creare un insieme di risorse unico in cui riconoscersi e farsi riconoscere (creare delle Unique selling propositions). Si delineano misure di politica economica e regionale centrate sul comportamento strategico degli attori sulla costituzione di milieu innovateur di sviluppo che ha alla base la competitività territoriale che presuppone: le risorse del territorio; il coinvolgimento dei vari soggetti delle istituzioni; l’integrazione dei settori di attività in una ottica di innovazione; la cooperazione degli altri settori e l’articolazione con le politiche regionali, nazionali ed europee e il contesto globale; la competitività territoriale che si compone di quattro dimensioni (competitività sociale, ambientale, economica e di riposizionamento rispetto al contesto globale). L’obiettivo di questa ricerca riguarda, in prima istanza, l’analisi degli aspetti di questi nuovi pilastri (orientamenti) volti al superamento delle disparità territoriali (economiche, tecniche e infrastrutturali), e a garantire la sostenibilità dello sviluppo, promuovendo metodi e pratiche nuove nell’ambito di nuove tecniche strategiche, di nuove tematiche strategiche orientate alla coesione e alla competitività regionale, attraverso un processo di integrazione di attività economiche, sociali, culturali ed ambientali e in seconda istanza, di soffermarsi su una particolarità della nuova politica regionale dell’Unione Europea, rispetto alla nuova politica regionale dell’OCSE, essendo protesa verso un’economia regionale fondata sulla conoscenza, sull’innovazione tecnologica e sull’attività di R&S (Agenda di Lisbona 2000, Processo di Copenaghen e Trattato di Lisbona 2007), che necessita della creazione di un ambiente, di un quadro istituzionale che rafforzi il capitale umano, la formazione e l’apprendimento permanente, che promuova dei nessi tra le imprese e con le università, con i mercati finanziari e altri partner tecnologici.

ANSELMI, F.A. (2010). Una nuova politica di sviluppo regionale nell'Unione Europea e nell'OCSE agli inizi del Ventunesimo Secolo. In Identità, qualità e competitività territoriale: sviluppo economico e coesione nei territori alpini (pp. 1-20). Milano : AISRe.

Una nuova politica di sviluppo regionale nell'Unione Europea e nell'OCSE agli inizi del Ventunesimo Secolo

ANSELMI, Francesco Antonio
2010-01-01

Abstract

Le politiche di sviluppo economico regionale nell’ambito europeo e dell’OCSE degli anni settanta furono indirizzate alla correzione delle disparità economiche (tassi di crescita del Pil e del reddito disequilibrati) tecniche, di redistribuzione delle opportunità tra regioni e di insufficiente dotazioni di risorse (umane, finanziarie, tecniche e infrastrutturali) ed impiantate sui massicce assistenze finanziarie (per infrastrutture e per sviluppare i servizi pubblici) alle regioni più povere, nelle quali creare ex‐nihilo dei tecnopoli ed artificialmente poli economici di sviluppo a livello regionale ed infine tentare di mantenere in vita settori industriali in declino per proteggere l’impiego locale. Dopo circa un ventennio di interventi i risultati raggiunti sono stati fallimentari e molti Paesi a livello dell’OCSE ed europeo si sono interrogati, sull’utilità di continuare ad adottarle e progressivamente c’è stato un orientamento verso un nuovo paradigma, anche alla luce del fenomeno della globalizzazione, che poggia su cinque pilastri. Politiche regionali indirizzate a tutte le regioni, dalle più povere alle più ricche. Azioni volte a mobilitare tutti mezzi per mettere in grado di massimizzare le opportunità di sviluppo endogeno di tutte le regioni, attraverso la formazione del capitale territoriale che permette di sviluppare un moltiplicatore dell’investimento. Azioni attive dello Stato centrale che deve vegliare al mantenimento della qualità delle infrastrutture, dei servizi pubblici e di un ambiente favorevole allo sviluppo delle aziende. Interventi sul livello delle infrastrutture di natura immateriale. Queste ultime attengono alla diffusione delle conoscenze (istruzione, formazione) delle tecnologie e dell’innovazione, alle misure che mirano allo sviluppo del capitale sociale; infine tutte le misure volte alla protezione dell’ambiente e di creare un quadro di qualità della vita. Una politica territoriale sviluppata a livello nazionale che deve essere compatibile con le politiche poste in essere nelle regioni e nelle città, con processi di decentralizzazione di responsabilità accompagnate da risorse fiscali che ne permettano la realizzazione. Questi pilastri fanno nascere nuovi concetti come il management territoriale e la competitività territoriale, che pongono l’accento sulla necessità per un territorio di sapere creare un insieme di risorse unico in cui riconoscersi e farsi riconoscere (creare delle Unique selling propositions). Si delineano misure di politica economica e regionale centrate sul comportamento strategico degli attori sulla costituzione di milieu innovateur di sviluppo che ha alla base la competitività territoriale che presuppone: le risorse del territorio; il coinvolgimento dei vari soggetti delle istituzioni; l’integrazione dei settori di attività in una ottica di innovazione; la cooperazione degli altri settori e l’articolazione con le politiche regionali, nazionali ed europee e il contesto globale; la competitività territoriale che si compone di quattro dimensioni (competitività sociale, ambientale, economica e di riposizionamento rispetto al contesto globale). L’obiettivo di questa ricerca riguarda, in prima istanza, l’analisi degli aspetti di questi nuovi pilastri (orientamenti) volti al superamento delle disparità territoriali (economiche, tecniche e infrastrutturali), e a garantire la sostenibilità dello sviluppo, promuovendo metodi e pratiche nuove nell’ambito di nuove tecniche strategiche, di nuove tematiche strategiche orientate alla coesione e alla competitività regionale, attraverso un processo di integrazione di attività economiche, sociali, culturali ed ambientali e in seconda istanza, di soffermarsi su una particolarità della nuova politica regionale dell’Unione Europea, rispetto alla nuova politica regionale dell’OCSE, essendo protesa verso un’economia regionale fondata sulla conoscenza, sull’innovazione tecnologica e sull’attività di R&S (Agenda di Lisbona 2000, Processo di Copenaghen e Trattato di Lisbona 2007), che necessita della creazione di un ambiente, di un quadro istituzionale che rafforzi il capitale umano, la formazione e l’apprendimento permanente, che promuova dei nessi tra le imprese e con le università, con i mercati finanziari e altri partner tecnologici.
2010
Settore SECS-P/06 - Economia Applicata
ANSELMI, F.A. (2010). Una nuova politica di sviluppo regionale nell'Unione Europea e nell'OCSE agli inizi del Ventunesimo Secolo. In Identità, qualità e competitività territoriale: sviluppo economico e coesione nei territori alpini (pp. 1-20). Milano : AISRe.
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