Sono presi in esame i passi di Diodoro Siculo (V 6, 1 = FGrHist 556, F 45) e di Dionisio di Alicarnasso (Ant. Rom. I 22, 4 = FGrHist 556, F 46), che riportano le tesi di Filisto riguardanti rispettivamente le origini dei Sicani e quelle dei Siculi. Lo storico siracusano riprende la notizia, accolta già da Tucidide, secondo la quale i Sicani erano di stirpe iberica, mentre prospetta una nuova teoria per i Siculi, che a suo dire erano discendenti dei Liguri cacciati dalle zone settentrionali dell’Italia ad opera di Umbri e Pelasgi. Attraverso il confronto con le altre tradizioni letterarie pervenute sull’argomento, si può constatare che le rappresentazioni di Filisto sull’archaiologhia siciliana miravano a svalutare l’identità etnica delle popolazioni epicorie di Sicilie, proiettandone le origini su quello stesso sfondo dell’estremo Occidente barbarico da cui provenivano anche i Cartaginesi, irriducibili nemici, nella visione dello storico, della Grecità di Sicilia. Le tradizioni letterarie greche sugli Iberi e sui Liguri, infatti, ponevano l’accento sulla “refrattarietà” di queste popolazioni barbare all’azione di “civilizzazione” ellenica che era stata intrapresa già nel tempo del mito dagli eroi culturali greci, tra cui in primo luogo Eracle. Grazie a queste rappresentazioni etnografiche, Filisto poteva mettere in risalto i tratti culturali decisamente barbarici e bellicosi delle popolazioni epicorie di Sicilia, che in occasione degli scontri tra Siracusa e i Cartaginesi nello scorcio del V sec. a.C. si erano schierati dalla parte di questi ultimi, in reazione alla politica imperialista della potenza siracusana, uscita rafforzata dalla inaspettata vittoria contro Atene nel 413 a.C. Tutta la ricostruzione filistiana dell’archaiologhia siciliana, dunque, può essere letta nei termini di una revisione delle tradizioni storiografiche di V sec. a.C., tendente a giustificare la politica imperialista condotta da Dionisio I nei confronti dei Siculi e dei Sicani. Sebbene alcuni atti diplomatici del tiranno potessero sembrare sintomatici della volontà di aprire un dialogo con alcune comunità sicule dell’interno, in realtà il disegno complessivo della politica siciliana di Dionisio I andava in direzione di una totale sottomissione della realtà locale anellenica alla nuova dynasteia siracusana, che veniva a costituire il primo stato territoriale sovrapoleico e multietnico della storia greca. Con il trattato di pace stipulato da Dionisio con i Cartaginesi nel 391 a.C., infatti, i Siculi perdevano l’autonomia politica e venivano assorbiti definitivamente nell’archè dionisiana.
SAMMARTANO R (2008). Filisto e le origini delle popolazioni anelleniche di Sicilia. In P. Anello, J. Martinez Pinna (a cura di), Relaciones interculturales en el Mediterràneo antiguo: Sicilia e Iberia (pp. 115-146). MALAGA : CEDMA.
Filisto e le origini delle popolazioni anelleniche di Sicilia
SAMMARTANO, Roberto
2008-01-01
Abstract
Sono presi in esame i passi di Diodoro Siculo (V 6, 1 = FGrHist 556, F 45) e di Dionisio di Alicarnasso (Ant. Rom. I 22, 4 = FGrHist 556, F 46), che riportano le tesi di Filisto riguardanti rispettivamente le origini dei Sicani e quelle dei Siculi. Lo storico siracusano riprende la notizia, accolta già da Tucidide, secondo la quale i Sicani erano di stirpe iberica, mentre prospetta una nuova teoria per i Siculi, che a suo dire erano discendenti dei Liguri cacciati dalle zone settentrionali dell’Italia ad opera di Umbri e Pelasgi. Attraverso il confronto con le altre tradizioni letterarie pervenute sull’argomento, si può constatare che le rappresentazioni di Filisto sull’archaiologhia siciliana miravano a svalutare l’identità etnica delle popolazioni epicorie di Sicilie, proiettandone le origini su quello stesso sfondo dell’estremo Occidente barbarico da cui provenivano anche i Cartaginesi, irriducibili nemici, nella visione dello storico, della Grecità di Sicilia. Le tradizioni letterarie greche sugli Iberi e sui Liguri, infatti, ponevano l’accento sulla “refrattarietà” di queste popolazioni barbare all’azione di “civilizzazione” ellenica che era stata intrapresa già nel tempo del mito dagli eroi culturali greci, tra cui in primo luogo Eracle. Grazie a queste rappresentazioni etnografiche, Filisto poteva mettere in risalto i tratti culturali decisamente barbarici e bellicosi delle popolazioni epicorie di Sicilia, che in occasione degli scontri tra Siracusa e i Cartaginesi nello scorcio del V sec. a.C. si erano schierati dalla parte di questi ultimi, in reazione alla politica imperialista della potenza siracusana, uscita rafforzata dalla inaspettata vittoria contro Atene nel 413 a.C. Tutta la ricostruzione filistiana dell’archaiologhia siciliana, dunque, può essere letta nei termini di una revisione delle tradizioni storiografiche di V sec. a.C., tendente a giustificare la politica imperialista condotta da Dionisio I nei confronti dei Siculi e dei Sicani. Sebbene alcuni atti diplomatici del tiranno potessero sembrare sintomatici della volontà di aprire un dialogo con alcune comunità sicule dell’interno, in realtà il disegno complessivo della politica siciliana di Dionisio I andava in direzione di una totale sottomissione della realtà locale anellenica alla nuova dynasteia siracusana, che veniva a costituire il primo stato territoriale sovrapoleico e multietnico della storia greca. Con il trattato di pace stipulato da Dionisio con i Cartaginesi nel 391 a.C., infatti, i Siculi perdevano l’autonomia politica e venivano assorbiti definitivamente nell’archè dionisiana.File | Dimensione | Formato | |
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