Livia De Stefani nasce nel 1913 a Palermo, “figlia di baroni e di mistici” come, con ironia si definiva, riferendosi alla propria appartenenza all’aristocrazia fondiaria siciliana. Un ceto sociale la cui fisionomia, tra fascino antico e vetusta solennità, ricorre variamente ritratta, attraverso diverse angolature, nei numerosi racconti e romanzi di cui la produzione della scrittrice è densa.Quella stessa appartenenza isolana cui però Livia De Stefani, nel suo ferace e sperimentale percorso letterario, vorrà attingere come ad un crogiuolo fecondo di nuclei ideativi e scelte espressive, consapevolmente memori della più autorevole tradizione siciliana, ma sempre protesi verso la ricerca del nuovo, dell’inedito. Realista e al tempo stesso mitico è l’ordito narrativo della "Vigna di uve nere", romanzo consapevolmente intessuto sulla mescidazione di cronaca e leggenda. “Quello stato di cose è eterno, non storico e mutabile; è un destino che si mostra attraverso i suoi personaggi come predestinazione, la lotta è interna alle cose, fa parte di esse; e la rivolta è morale, sterile e eroica. Queste cose trasformano il romanzesco in epico” scrive Carlo Levi nell’introduzione all’edizione del 1974, cogliendo nel movimento metamorfico del romanzo in epos il cuore ‘impuro’ della Vigna. Un’ “impurità prestabilita”, si potrebbe dire, parafrasando Roscioni, specialmente se si pensa a Peter Brooks che, nella sua ricognizione sui sensi e le forme delle Trame romanzesche, muove dalla istanza fondante di ogni vocazione letteraria: “riformulare il mondo attraverso l’uso di segni e costruzioni fantastiche”. In tal senso, il plot, la trama diviene nelle parole di Brooks, “il momento essenziale nella logica del discorso narrativo”, “l’elemento strutturale e dinamico di una forma specifica del pensiero umano” . L’intera trama della Vigna, con i suoi eventi, le sue leggi ataviche, le consuetudini, le obbedienze mute ai rituali di leggi non scritte, di cui i personaggi incarnano l’agire, si configura come la sintassi esplicativa di una visione del mondo che non può non esitare nella catastrofè.

La Monaca Donatella (2010). L’impurità narrativa’ di Livia De Stefani,. In S. Costa, M. Venturini (a cura di), Le forme del romanzo italiano e le letterature occidentali dal Sette al Novecento (pp. 787-796). Pisa : ETS.

L’impurità narrativa’ di Livia De Stefani,

La Monaca Donatella
2010-01-01

Abstract

Livia De Stefani nasce nel 1913 a Palermo, “figlia di baroni e di mistici” come, con ironia si definiva, riferendosi alla propria appartenenza all’aristocrazia fondiaria siciliana. Un ceto sociale la cui fisionomia, tra fascino antico e vetusta solennità, ricorre variamente ritratta, attraverso diverse angolature, nei numerosi racconti e romanzi di cui la produzione della scrittrice è densa.Quella stessa appartenenza isolana cui però Livia De Stefani, nel suo ferace e sperimentale percorso letterario, vorrà attingere come ad un crogiuolo fecondo di nuclei ideativi e scelte espressive, consapevolmente memori della più autorevole tradizione siciliana, ma sempre protesi verso la ricerca del nuovo, dell’inedito. Realista e al tempo stesso mitico è l’ordito narrativo della "Vigna di uve nere", romanzo consapevolmente intessuto sulla mescidazione di cronaca e leggenda. “Quello stato di cose è eterno, non storico e mutabile; è un destino che si mostra attraverso i suoi personaggi come predestinazione, la lotta è interna alle cose, fa parte di esse; e la rivolta è morale, sterile e eroica. Queste cose trasformano il romanzesco in epico” scrive Carlo Levi nell’introduzione all’edizione del 1974, cogliendo nel movimento metamorfico del romanzo in epos il cuore ‘impuro’ della Vigna. Un’ “impurità prestabilita”, si potrebbe dire, parafrasando Roscioni, specialmente se si pensa a Peter Brooks che, nella sua ricognizione sui sensi e le forme delle Trame romanzesche, muove dalla istanza fondante di ogni vocazione letteraria: “riformulare il mondo attraverso l’uso di segni e costruzioni fantastiche”. In tal senso, il plot, la trama diviene nelle parole di Brooks, “il momento essenziale nella logica del discorso narrativo”, “l’elemento strutturale e dinamico di una forma specifica del pensiero umano” . L’intera trama della Vigna, con i suoi eventi, le sue leggi ataviche, le consuetudini, le obbedienze mute ai rituali di leggi non scritte, di cui i personaggi incarnano l’agire, si configura come la sintassi esplicativa di una visione del mondo che non può non esitare nella catastrofè.
2010
Settore L-FIL-LET/11 - Letteratura Italiana Contemporanea
978-88-467-2684-1
La Monaca Donatella (2010). L’impurità narrativa’ di Livia De Stefani,. In S. Costa, M. Venturini (a cura di), Le forme del romanzo italiano e le letterature occidentali dal Sette al Novecento (pp. 787-796). Pisa : ETS.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Le forme del romanzo .pdf

Solo gestori archvio

Descrizione: Frontespizio e indice del volume
Tipologia: Versione Editoriale
Dimensione 140.68 kB
Formato Adobe PDF
140.68 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia
L'impurità narrativa.pdf

Solo gestori archvio

Descrizione: Articolo principale
Tipologia: Pre-print
Dimensione 113.3 kB
Formato Adobe PDF
113.3 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10447/401295
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact