PREMESSA. Non crediamo sia necessario soffermarsi sul fondamentale ruolo della manualistica come base conoscitiva e tecnica nel progetto di recupero. Ma chi analizza l’architettura storica di aree ristrette, connotate il più delle volte da specificità e tipicità, sa bene che la “regola dell’arte universale” è una contraddizione in termini, e che nell’architettura dei nostri centri urbani pluristratificati necessitano la valorizzazione e la tutela della varietà e della differenza, della dimensione locale come alternativa ad una condizione periferica. Ciò comporta la necessità di acquisire, attraverso l’approfondimento delle tipologie di base e delle caratteristiche dei materiali, sia morfologiche che tecnologiche, un quadro conoscitivo e di riferimento finalizzato a guidare gli interventi di recupero e di riqualificazione del tessuto edilizio nel rispetto delle conoscenze tecniche e del codice di pratica derivanti da una antica tradizione. L’obiettivo è la qualità dell’intervento, intesa come rispetto di quella cultura del costruire che ha prodotto il manufatto, i suoi rapporti con l’ambiente ed in definitiva contribuisce all’identità della città. La storia recente ci insegna come il fatto stesso di riconoscere i valori del costruito storico sia una precondizione per trasmetterli senza comprometterli; solo in questi casi sono utili gli studi e le analisi sulle architetture della tradizione locale che, al contrario, diventano inutili orpelli quando si lasciano prevalere l’indifferenza o l’invenzione creativa, con un’irrimediabile compromissione dell’ambiente in cui l’intervento si colloca. Lo studio è indirizzato alla conoscenza dei caratteri della costruzione storica nella città di Modica, dai materiali alle tecniche costruttive di maggiore rilevanza, con particolare attenzione alle caratteristiche dei singoli elementi tecnici, alla loro funzione all’interno della fabbrica e all’originalità delle soluzioni più comunemente adottate. L’analisi è funzionale ad una maggiore comprensione del costruito, anche in relazione alla proposizione di metodologie per il consolidamento, la salvaguardia, il restauro e la conservazione del patrimonio edilizio. Come avviene in altri ambiti, la limitata conoscenza e la scarsa attenzione alla logica costruttivo-strutturale, che caratterizza il costruito storico di ogni città, conducono a soluzioni standardizzate che rischiano di risultare incongrue rispetto al dato concreto, se non addirittura dannose. Il centro storico di Modica è il risultato di una serie di processi di ricostruzione, modifiche e riassetti successivi al sisma distruttivo del 1693, intervenuti su un tessuto medievale con una sua chiara identità. Se a seguito della calamità alcuni centri della Sicilia sud-orientale (pochi in realtà) vennero trasferiti in altri siti ed altri si riassestarono su aree pianeggianti appena più a valle o sugli altopiani prossimi ai nuclei urbani distrutti, a Modica, così come a Siracusa ed Augusta, si ricostruì nello stesso sito, rammendando e ricomponendo dove possibile e ricostruendo ex novo dove ciò non era fattibile. La testimonianza di tutto ciò può essere individuata, dall’osservatore più attento, nelle discontinuità delle trame murarie, nelle anomalie delle geometrie e dei volumi degli edifici ed in alcune complesse fronti-palinsesto nelle quali si è giustapposta una nuova architettura. In altri casi queste sono riprogettate collocando nuove parti ed elementi di recupero. I maggiori elementi di novità furono limitati ad ampi tagli e aperture nel tessuto urbano e nella realizzazione di vistose scalinate che inquadravano scenograficamente le nuove chiese monumentali, come S. Giorgio e S. Pietro a Modica. Modica mantiene quindi in massima parte un impianto medievale imposto dalle preesistenze sopravvissute al sisma ed un linguaggio architettonico, in particolare negli edifici di minore rilevanza, che è proprio delle costruzioni tardo seicentesche. In queste l’influenza spagnola nell’opera di ricostruzione, diretta da Giuseppe Lanza duca di Camastra, Vicario generale per il Val di Noto, e successivamente dall’ingegnere militare del Re di Spagna Carlos Grunemberg, contribuirà al rinnovamento urbano della Sicilia e l’influenzerà l’opera delle maestranze e degli architetti siciliani di provenienza soprattutto ecclesiastica, vicini sia al Barocco romano che alla consolidata tradizione costruttiva siciliana. La ricostruzione, che contribuì pertanto al rinnovamento, se non nell’impianto urbano, alla veste degli edifici più importanti, interessò in maniera meno rilevante l’edilizia di base che continuò ad essere informata a modi e tecniche della tradizione consolidata.

FATTA, G., CAMPISI, T., VINCI, C., SAELI, M. (2016). Modica: la fabbrica della città. In G. Trombino (a cura di), Modica: contributi per il recupero e la riqualificazione del centro storico (pp. 140-199). Palermo : 40due Edizioni.

Modica: la fabbrica della città

FATTA, Giovanni;CAMPISI, Tiziana;VINCI, Calogero;SAELI, Manfredi
2016-01-01

Abstract

PREMESSA. Non crediamo sia necessario soffermarsi sul fondamentale ruolo della manualistica come base conoscitiva e tecnica nel progetto di recupero. Ma chi analizza l’architettura storica di aree ristrette, connotate il più delle volte da specificità e tipicità, sa bene che la “regola dell’arte universale” è una contraddizione in termini, e che nell’architettura dei nostri centri urbani pluristratificati necessitano la valorizzazione e la tutela della varietà e della differenza, della dimensione locale come alternativa ad una condizione periferica. Ciò comporta la necessità di acquisire, attraverso l’approfondimento delle tipologie di base e delle caratteristiche dei materiali, sia morfologiche che tecnologiche, un quadro conoscitivo e di riferimento finalizzato a guidare gli interventi di recupero e di riqualificazione del tessuto edilizio nel rispetto delle conoscenze tecniche e del codice di pratica derivanti da una antica tradizione. L’obiettivo è la qualità dell’intervento, intesa come rispetto di quella cultura del costruire che ha prodotto il manufatto, i suoi rapporti con l’ambiente ed in definitiva contribuisce all’identità della città. La storia recente ci insegna come il fatto stesso di riconoscere i valori del costruito storico sia una precondizione per trasmetterli senza comprometterli; solo in questi casi sono utili gli studi e le analisi sulle architetture della tradizione locale che, al contrario, diventano inutili orpelli quando si lasciano prevalere l’indifferenza o l’invenzione creativa, con un’irrimediabile compromissione dell’ambiente in cui l’intervento si colloca. Lo studio è indirizzato alla conoscenza dei caratteri della costruzione storica nella città di Modica, dai materiali alle tecniche costruttive di maggiore rilevanza, con particolare attenzione alle caratteristiche dei singoli elementi tecnici, alla loro funzione all’interno della fabbrica e all’originalità delle soluzioni più comunemente adottate. L’analisi è funzionale ad una maggiore comprensione del costruito, anche in relazione alla proposizione di metodologie per il consolidamento, la salvaguardia, il restauro e la conservazione del patrimonio edilizio. Come avviene in altri ambiti, la limitata conoscenza e la scarsa attenzione alla logica costruttivo-strutturale, che caratterizza il costruito storico di ogni città, conducono a soluzioni standardizzate che rischiano di risultare incongrue rispetto al dato concreto, se non addirittura dannose. Il centro storico di Modica è il risultato di una serie di processi di ricostruzione, modifiche e riassetti successivi al sisma distruttivo del 1693, intervenuti su un tessuto medievale con una sua chiara identità. Se a seguito della calamità alcuni centri della Sicilia sud-orientale (pochi in realtà) vennero trasferiti in altri siti ed altri si riassestarono su aree pianeggianti appena più a valle o sugli altopiani prossimi ai nuclei urbani distrutti, a Modica, così come a Siracusa ed Augusta, si ricostruì nello stesso sito, rammendando e ricomponendo dove possibile e ricostruendo ex novo dove ciò non era fattibile. La testimonianza di tutto ciò può essere individuata, dall’osservatore più attento, nelle discontinuità delle trame murarie, nelle anomalie delle geometrie e dei volumi degli edifici ed in alcune complesse fronti-palinsesto nelle quali si è giustapposta una nuova architettura. In altri casi queste sono riprogettate collocando nuove parti ed elementi di recupero. I maggiori elementi di novità furono limitati ad ampi tagli e aperture nel tessuto urbano e nella realizzazione di vistose scalinate che inquadravano scenograficamente le nuove chiese monumentali, come S. Giorgio e S. Pietro a Modica. Modica mantiene quindi in massima parte un impianto medievale imposto dalle preesistenze sopravvissute al sisma ed un linguaggio architettonico, in particolare negli edifici di minore rilevanza, che è proprio delle costruzioni tardo seicentesche. In queste l’influenza spagnola nell’opera di ricostruzione, diretta da Giuseppe Lanza duca di Camastra, Vicario generale per il Val di Noto, e successivamente dall’ingegnere militare del Re di Spagna Carlos Grunemberg, contribuirà al rinnovamento urbano della Sicilia e l’influenzerà l’opera delle maestranze e degli architetti siciliani di provenienza soprattutto ecclesiastica, vicini sia al Barocco romano che alla consolidata tradizione costruttiva siciliana. La ricostruzione, che contribuì pertanto al rinnovamento, se non nell’impianto urbano, alla veste degli edifici più importanti, interessò in maniera meno rilevante l’edilizia di base che continuò ad essere informata a modi e tecniche della tradizione consolidata.
2016
FATTA, G., CAMPISI, T., VINCI, C., SAELI, M. (2016). Modica: la fabbrica della città. In G. Trombino (a cura di), Modica: contributi per il recupero e la riqualificazione del centro storico (pp. 140-199). Palermo : 40due Edizioni.
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