PRESENTAZIONE Giovanni Fatta Mi sono più volte domandato perché il nome delle acque sia spesso dedicato ai santi, sia di quelle che vanno sulla nostra tavola, che delle acque che la natura in varia forma ci offre. Stimolato da alcuni passi del libro di Tiziana Campisi ho approfondito il tema e mi sono reso conto del ruolo, che non esito a definire “mitologico”, che ha avuto l’acqua da tempo immemorabile in Sicilia ed in ogni altra parte. L’acqua sorgiva era reputata di per sé un misterioso prodigio, ancora più se naturalmente calda e quando le venivano riconosciute proprietà terapeutiche. L’acqua di fonte era comunque legata ad una divinità che la concedeva ed a cui si dedicava il sito, sia extraurbano in luoghi agresti, rigogliosi ed appartati dove è più facile immaginare o vagheggiare l’intervento soprannaturale, sia all’interno dei tessuti cittadini, in accordo con Plinio, secondo il quale in nulla enim parte naturae maiora sunt miracula quam in thermis. I poemi omerici citano le virtù dei bagni caldi, ai quali fece ricorso Circe per la circuizione di Ulisse e togliere dalle membra l’angosciosa fatica, dedicati ad Eracle per la forza che si otteneva al termine delle abluzioni. Nell’antica Grecia le acque sacre dei santuari erano gestite da divinità e da ninfe, i cui nomi rappresentavano il percorso ideale da seguire per la guarigione dalle malattie attraverso il bagno. Non fu immune da questo credo la Sicilia greca, affascinata dall’idea che l’intitolazione di una fonte ad un genio tutelare attribuisse a questa poteri miracolosi: così ebbero gloria Diana, le ninfe Ciane ed Aretusa e, sul versante punico dell’isola, le ninfe Oreadi del fiume Oreto e la Sibilla presso Marsala. Statuette sacre ed altri reperti di età etrusca confermano i culti antichi legati alle acque di Chianciano, così come simile origine rivelano i toponimi Aquasacra ed Acquasanta presenti in gran numero nel territorio italiano, da Genova a Roma, da Ascoli a Palermo. Se la presunta origine delle più importanti terme siciliane era opera di soggetti illuminati dalla santità, come Calogero a Sciacca, Termini e Lipari, Euplio a Catania, Filippo e Giacomo a Marsala, Venera ad Acireale, Angelo a Cefalà Diana, miracolosamente terapeutiche venivano ritenute le acque sorgive che scaturivano al di sotto delle chiese palermitane di S. Giuseppe dei Teatini, S. Francesco di Paola, S. Mercurio, il Carmine Maggiore. D’altronde i luoghi mariani oggetto di culto e pellegrinaggio sono anch’essi legati all’utilizzo dell’acqua: così è per le fonti di Lourdes, Montichiari e Medjugorje, per i ruscelli milanesi di Santa Maria alla Fontana, per i pozzi di S. Damiano e Fatima, santuari in cui l’acqua nelle diverse forme diviene il principale tramite fisico per l’accesso alla “grazia” o al sospirato miracolo. Oltre alle vasche per cerimonie battesimali, i luoghi conventuali come l’abbazia di Cluny o il monastero di S. Gallo gestivano veri e propri impianti termali, accoglienti e molto ricercati anche dalla società di maggiore livello. Appare dappertutto un grande richiamo per i siti ricchi di acque calde, ed a questo proposito si racconta che Carlo Magno preferisse utilizzare come sede principale Aix-la-Chapelle per le sue 4 fonti termali, rispetto alle splendide residenze reali di Magonza e Colonia; la fondazione della città di Bath sembra abbia avuto origine dalla presenza nel sito della maggiore sorgente calda della intera Gran Bretagna. Le suggestioni su piani onirici e di pura immaginazione, che il tema potrebbe suggerire e forse privilegiare, nel libro si condensano nell’analisi dell’azione umana e nei rapporti con la fisicità di manufatti, ambienti, oggetti, destinazioni d’uso e gestione. Attraverso un ordine temporale non rigido, l’autrice ritrova i luoghi ed i diversi caratteri della termalità siciliana, in riferimento con gli aspetti storici, sociali, sanitari, di svago, economici, … Più che una rapida cavalcata attraverso le vestigia e le terme ancora presenti sul territorio dell’isola, il libro è una vivace passeggiata, attenta agli edifici, ai caratteri di questi, ma anche all’anima che li ha prodotti, sostenuti, utilizzati e infine spesso lasciati andare, agli usi diversi in rapporto ad epoche, strati sociali prevalenti, mode, culture, ambizioni, innovazioni, relazioni con ambiti dissimili e lontani; comunità tra loro così diverse che hanno come lato comune l’idea dell’acqua come fonte di vita, di benessere e di socializzazione. Il tema si presta ad intrecci tra competenze diverse, dall’archeologo allo storico, dall’architetto progettista all’ingegnere esperto di questioni idrauliche; dal medico igienista al chimico o biologo analista, dall’economista all’operatore turistico. Sostenuta da una ricca documentazione, spesso poco nota o del tutto inedita, l’autrice annoda i fili tra i diversi ambiti disciplinari, nell’intento di fornire un quadro che consenta di interpretare la complessità del portato della storia, dello stato attuale e delle potenzialità prevedibili. La stratificazione plurimillenaria del territorio siciliano, insieme a dense tracce del passaggio o delle lunghe permanenze di civiltà diverse, consente al ricercatore attento di conoscere, ritrovare, analizzare, confrontare e riferire diffusamente nel libro riguardo agli aspetti legati agli usi dell’acqua: dalle fabbriche specificamente dedicate, alle pratiche legate a costumi, regole, obiettivi ben individuabili e consueti in altri ambiti geografici. I resti di strutture di epoca classica in varie parti dell’isola danno agio all’autrice di portare alla nostra attenzione gli spettacolari complessi termali che, nel mondo romano di Augusto, si estesero a servizio di una buona parte della popolazione delle città, donne comprese, non soltanto all’interno di palazzi e ville. Il rapporto speciale con l’acqua dei popoli arabi, oltre a formare fontane, laghetti ed altri luoghi urbani di delizie, era vincolato dalle leggi coraniche che sembra obbligassero ogni musulmano a 5 bagni nell'arco di una giornata: i resti arabi di grande importanza ne documentano appunto la costante presenza e l’uso pubblico, anche per fini di incontro e socializzazione. La vitalità della tipologia permane ed è ben documentata fino all’esplosione dell’industria termale tra Ottocento e Novecento nel mondo occidentale, Sicilia compresa, con l’apertura ad un turismo di svago e terapeutico ed a funzioni nuove aggregate, come Grand Hotel, Casino, Kursaal. Il libro documenta l’impegno progettuale dei migliori architetti come Nicolò Puglia, Alessandro Emanuele Marvuglia, Giuseppe Damiani, Mariano Falcini, poi di Antonio Lo Bianco e Salvatore Caronia, in opere di ristrutturazione, ampliamento e decorazione dei complessi termali storici, per adattarli alle nuove esigenze di comfort e lusso e renderli competitivi con la temibile concorrenza. Sappiamo che il barone Pennisi di Floristella fece istituire una speciale linea di treni tra Catania ed Acireale per agevolare l’accesso dei fruitori alle terme di S. Venera. Il tema del bagno termale come elemento necessario per la salute umana è fittamente intrecciato con gli aspetti terapeutici e quelli tipicamente igienici; questi ultimi acquistarono ulteriormente importanza in rapporto alle frequenti epidemie che funestavano l’intera Europa, con annessione di lavatoi, accorgimenti e norme per limitare i rischi di contagio. L’autrice si addentra nell’analisi del rapido progresso delle scienze specifiche (igieniche, chimiche, mediche, costruttive, …) e dell’applicazione all’architettura termale siciliana di ricerche e brevetti innovativi nei materiali, nelle tecniche e nei nuovi sistemi impiantistici. L’innovazione entra profondamente anche nell’organizzazione distributiva, ad esempio con l’aggiunta di sezioni idroterapiche, che fino allora erano state istituite soltanto all’interno di strutture ospedaliere, senza rinunziare a nulla quanto a “signorilità e decoro”. Il lavoro è ponderoso non soltanto nella dimensione, quanto nell'obiettivo ambizioso di inquadrare i circa 50 siti riscontrati in area siciliana in una vicenda multiforme, ma al tempo stesso unitaria. Insieme ai caratteri fisici l’autrice ritrova quegli elementi immateriali ed emozionali che da sempre hanno reso le acque termali, più che gli edifici che le gestiscono, un dono che la natura ci ha fatto e che una comunità consapevole, intelligente e colta utilizza, rispetta ed onora, quando è in grado di riconnetterle all’Umanità nelle sue infinite facce: dalla spiritualità alla concretezza, dalle esigenze di base alle ambizioni, dal vigore fisico alla salute mentale, dallo svago all’impresa economica.

Fatta, G. (2015). prefazione. In TERME E BAGNI DI SICILIA. CARATTERI DI UN’ARCHITETTURA SPECIALISTICA (pp. 13-16). Palermo : 40DUE EDIZIONI.

prefazione

FATTA, Giovanni
2015-01-01

Abstract

PRESENTAZIONE Giovanni Fatta Mi sono più volte domandato perché il nome delle acque sia spesso dedicato ai santi, sia di quelle che vanno sulla nostra tavola, che delle acque che la natura in varia forma ci offre. Stimolato da alcuni passi del libro di Tiziana Campisi ho approfondito il tema e mi sono reso conto del ruolo, che non esito a definire “mitologico”, che ha avuto l’acqua da tempo immemorabile in Sicilia ed in ogni altra parte. L’acqua sorgiva era reputata di per sé un misterioso prodigio, ancora più se naturalmente calda e quando le venivano riconosciute proprietà terapeutiche. L’acqua di fonte era comunque legata ad una divinità che la concedeva ed a cui si dedicava il sito, sia extraurbano in luoghi agresti, rigogliosi ed appartati dove è più facile immaginare o vagheggiare l’intervento soprannaturale, sia all’interno dei tessuti cittadini, in accordo con Plinio, secondo il quale in nulla enim parte naturae maiora sunt miracula quam in thermis. I poemi omerici citano le virtù dei bagni caldi, ai quali fece ricorso Circe per la circuizione di Ulisse e togliere dalle membra l’angosciosa fatica, dedicati ad Eracle per la forza che si otteneva al termine delle abluzioni. Nell’antica Grecia le acque sacre dei santuari erano gestite da divinità e da ninfe, i cui nomi rappresentavano il percorso ideale da seguire per la guarigione dalle malattie attraverso il bagno. Non fu immune da questo credo la Sicilia greca, affascinata dall’idea che l’intitolazione di una fonte ad un genio tutelare attribuisse a questa poteri miracolosi: così ebbero gloria Diana, le ninfe Ciane ed Aretusa e, sul versante punico dell’isola, le ninfe Oreadi del fiume Oreto e la Sibilla presso Marsala. Statuette sacre ed altri reperti di età etrusca confermano i culti antichi legati alle acque di Chianciano, così come simile origine rivelano i toponimi Aquasacra ed Acquasanta presenti in gran numero nel territorio italiano, da Genova a Roma, da Ascoli a Palermo. Se la presunta origine delle più importanti terme siciliane era opera di soggetti illuminati dalla santità, come Calogero a Sciacca, Termini e Lipari, Euplio a Catania, Filippo e Giacomo a Marsala, Venera ad Acireale, Angelo a Cefalà Diana, miracolosamente terapeutiche venivano ritenute le acque sorgive che scaturivano al di sotto delle chiese palermitane di S. Giuseppe dei Teatini, S. Francesco di Paola, S. Mercurio, il Carmine Maggiore. D’altronde i luoghi mariani oggetto di culto e pellegrinaggio sono anch’essi legati all’utilizzo dell’acqua: così è per le fonti di Lourdes, Montichiari e Medjugorje, per i ruscelli milanesi di Santa Maria alla Fontana, per i pozzi di S. Damiano e Fatima, santuari in cui l’acqua nelle diverse forme diviene il principale tramite fisico per l’accesso alla “grazia” o al sospirato miracolo. Oltre alle vasche per cerimonie battesimali, i luoghi conventuali come l’abbazia di Cluny o il monastero di S. Gallo gestivano veri e propri impianti termali, accoglienti e molto ricercati anche dalla società di maggiore livello. Appare dappertutto un grande richiamo per i siti ricchi di acque calde, ed a questo proposito si racconta che Carlo Magno preferisse utilizzare come sede principale Aix-la-Chapelle per le sue 4 fonti termali, rispetto alle splendide residenze reali di Magonza e Colonia; la fondazione della città di Bath sembra abbia avuto origine dalla presenza nel sito della maggiore sorgente calda della intera Gran Bretagna. Le suggestioni su piani onirici e di pura immaginazione, che il tema potrebbe suggerire e forse privilegiare, nel libro si condensano nell’analisi dell’azione umana e nei rapporti con la fisicità di manufatti, ambienti, oggetti, destinazioni d’uso e gestione. Attraverso un ordine temporale non rigido, l’autrice ritrova i luoghi ed i diversi caratteri della termalità siciliana, in riferimento con gli aspetti storici, sociali, sanitari, di svago, economici, … Più che una rapida cavalcata attraverso le vestigia e le terme ancora presenti sul territorio dell’isola, il libro è una vivace passeggiata, attenta agli edifici, ai caratteri di questi, ma anche all’anima che li ha prodotti, sostenuti, utilizzati e infine spesso lasciati andare, agli usi diversi in rapporto ad epoche, strati sociali prevalenti, mode, culture, ambizioni, innovazioni, relazioni con ambiti dissimili e lontani; comunità tra loro così diverse che hanno come lato comune l’idea dell’acqua come fonte di vita, di benessere e di socializzazione. Il tema si presta ad intrecci tra competenze diverse, dall’archeologo allo storico, dall’architetto progettista all’ingegnere esperto di questioni idrauliche; dal medico igienista al chimico o biologo analista, dall’economista all’operatore turistico. Sostenuta da una ricca documentazione, spesso poco nota o del tutto inedita, l’autrice annoda i fili tra i diversi ambiti disciplinari, nell’intento di fornire un quadro che consenta di interpretare la complessità del portato della storia, dello stato attuale e delle potenzialità prevedibili. La stratificazione plurimillenaria del territorio siciliano, insieme a dense tracce del passaggio o delle lunghe permanenze di civiltà diverse, consente al ricercatore attento di conoscere, ritrovare, analizzare, confrontare e riferire diffusamente nel libro riguardo agli aspetti legati agli usi dell’acqua: dalle fabbriche specificamente dedicate, alle pratiche legate a costumi, regole, obiettivi ben individuabili e consueti in altri ambiti geografici. I resti di strutture di epoca classica in varie parti dell’isola danno agio all’autrice di portare alla nostra attenzione gli spettacolari complessi termali che, nel mondo romano di Augusto, si estesero a servizio di una buona parte della popolazione delle città, donne comprese, non soltanto all’interno di palazzi e ville. Il rapporto speciale con l’acqua dei popoli arabi, oltre a formare fontane, laghetti ed altri luoghi urbani di delizie, era vincolato dalle leggi coraniche che sembra obbligassero ogni musulmano a 5 bagni nell'arco di una giornata: i resti arabi di grande importanza ne documentano appunto la costante presenza e l’uso pubblico, anche per fini di incontro e socializzazione. La vitalità della tipologia permane ed è ben documentata fino all’esplosione dell’industria termale tra Ottocento e Novecento nel mondo occidentale, Sicilia compresa, con l’apertura ad un turismo di svago e terapeutico ed a funzioni nuove aggregate, come Grand Hotel, Casino, Kursaal. Il libro documenta l’impegno progettuale dei migliori architetti come Nicolò Puglia, Alessandro Emanuele Marvuglia, Giuseppe Damiani, Mariano Falcini, poi di Antonio Lo Bianco e Salvatore Caronia, in opere di ristrutturazione, ampliamento e decorazione dei complessi termali storici, per adattarli alle nuove esigenze di comfort e lusso e renderli competitivi con la temibile concorrenza. Sappiamo che il barone Pennisi di Floristella fece istituire una speciale linea di treni tra Catania ed Acireale per agevolare l’accesso dei fruitori alle terme di S. Venera. Il tema del bagno termale come elemento necessario per la salute umana è fittamente intrecciato con gli aspetti terapeutici e quelli tipicamente igienici; questi ultimi acquistarono ulteriormente importanza in rapporto alle frequenti epidemie che funestavano l’intera Europa, con annessione di lavatoi, accorgimenti e norme per limitare i rischi di contagio. L’autrice si addentra nell’analisi del rapido progresso delle scienze specifiche (igieniche, chimiche, mediche, costruttive, …) e dell’applicazione all’architettura termale siciliana di ricerche e brevetti innovativi nei materiali, nelle tecniche e nei nuovi sistemi impiantistici. L’innovazione entra profondamente anche nell’organizzazione distributiva, ad esempio con l’aggiunta di sezioni idroterapiche, che fino allora erano state istituite soltanto all’interno di strutture ospedaliere, senza rinunziare a nulla quanto a “signorilità e decoro”. Il lavoro è ponderoso non soltanto nella dimensione, quanto nell'obiettivo ambizioso di inquadrare i circa 50 siti riscontrati in area siciliana in una vicenda multiforme, ma al tempo stesso unitaria. Insieme ai caratteri fisici l’autrice ritrova quegli elementi immateriali ed emozionali che da sempre hanno reso le acque termali, più che gli edifici che le gestiscono, un dono che la natura ci ha fatto e che una comunità consapevole, intelligente e colta utilizza, rispetta ed onora, quando è in grado di riconnetterle all’Umanità nelle sue infinite facce: dalla spiritualità alla concretezza, dalle esigenze di base alle ambizioni, dal vigore fisico alla salute mentale, dallo svago all’impresa economica.
2015
978-88-98115-12-9
Fatta, G. (2015). prefazione. In TERME E BAGNI DI SICILIA. CARATTERI DI UN’ARCHITETTURA SPECIALISTICA (pp. 13-16). Palermo : 40DUE EDIZIONI.
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