Il movimento converte lo spazio in narrazione, scrive Giuliana Bruno nel suo Atlante (Bruno 2006). Viceversa, come si inventa lo spazio narrativo di corpi continuamente controllati, bloccati e anestetizzati nel loro movimento? O il movimento è altro e dovremmo cominciare a distinguerlo dalla mobilità (Cresswell 2006)? Prima scena. È il 2 settembre 2015. Ho un biglietto in mano per un treno fantasma. Un cordone di agenti della polizia circonda la maestosa stazione Keleti di Budapest e, amareggiata, penso che sarà impossibile entrare per chiunque. Tanto meno prendere il mio treno per Vienna. Ricordate il 2 settembre 2015? Le televisioni d’Europa gracchiavano all’unisono: una grande sollevazione da parte di coloro che vengono chiamati “migranti” o, se più fortunati, “rifugiati” perché i flussi dall’Ungheria verso l’Austria e la Germania erano stati interrotti. Intere famiglie siriane, afgane, pakistane avevano investito centinaia di euro per comprare i biglietti di quel treno della speranza, Budapest-Vienna, che alla fine ho dovuto prendere da sola. Per il mio passaporto. Ecco la mobilità, ecco l’immobilità: faccia a faccia. Seconda scena. Nella video installazione di Zanny Begg e Oliver Ressler, intitolata “The right of Passage” (2013), gli artisti propongono interviste con rifugiati e migranti, nonché intellettuali alla Toni Negri, Sandro Mezzadra e Arielle Azoulay. Il flusso del filmato è scandito da alcune parole-chiave: polis, città, cosmopolitismo, mondo in movimento. Alcune figure animate si muovono intanto tra le pagine dei passaporti mostrate dagli interlocutori e negano, attraverso i loro movimenti e le loro fughe nei buchi immaginari creati nelle pagine, la realtà e la validità dell’ordine espresso da quei documenti. C’est le mouvement. Questo intervento vuole porsi come un micro-diario: annotazioni distratte, piccoli abbagli teorici e contrappunti visuali di quella convulsa giornata in cui la barbara certezza che il movimento è un privilegio, non un diritto, o meglio che movimento e mobilità non possono più coincidere, si è depositata, come un residuo, sulla pelle di quei corpi interrotti e ancor più vigliaccamente sulla mia.

Lo Presti, L. (2015). Movimenti che disturbano lo spazio della narrazione. Micro-diario di un viaggio (im)possibile. ROOTS§ROUTES, 5(20), 00-00.

Movimenti che disturbano lo spazio della narrazione. Micro-diario di un viaggio (im)possibile

Lo Presti, Laura
2015-01-01

Abstract

Il movimento converte lo spazio in narrazione, scrive Giuliana Bruno nel suo Atlante (Bruno 2006). Viceversa, come si inventa lo spazio narrativo di corpi continuamente controllati, bloccati e anestetizzati nel loro movimento? O il movimento è altro e dovremmo cominciare a distinguerlo dalla mobilità (Cresswell 2006)? Prima scena. È il 2 settembre 2015. Ho un biglietto in mano per un treno fantasma. Un cordone di agenti della polizia circonda la maestosa stazione Keleti di Budapest e, amareggiata, penso che sarà impossibile entrare per chiunque. Tanto meno prendere il mio treno per Vienna. Ricordate il 2 settembre 2015? Le televisioni d’Europa gracchiavano all’unisono: una grande sollevazione da parte di coloro che vengono chiamati “migranti” o, se più fortunati, “rifugiati” perché i flussi dall’Ungheria verso l’Austria e la Germania erano stati interrotti. Intere famiglie siriane, afgane, pakistane avevano investito centinaia di euro per comprare i biglietti di quel treno della speranza, Budapest-Vienna, che alla fine ho dovuto prendere da sola. Per il mio passaporto. Ecco la mobilità, ecco l’immobilità: faccia a faccia. Seconda scena. Nella video installazione di Zanny Begg e Oliver Ressler, intitolata “The right of Passage” (2013), gli artisti propongono interviste con rifugiati e migranti, nonché intellettuali alla Toni Negri, Sandro Mezzadra e Arielle Azoulay. Il flusso del filmato è scandito da alcune parole-chiave: polis, città, cosmopolitismo, mondo in movimento. Alcune figure animate si muovono intanto tra le pagine dei passaporti mostrate dagli interlocutori e negano, attraverso i loro movimenti e le loro fughe nei buchi immaginari creati nelle pagine, la realtà e la validità dell’ordine espresso da quei documenti. C’est le mouvement. Questo intervento vuole porsi come un micro-diario: annotazioni distratte, piccoli abbagli teorici e contrappunti visuali di quella convulsa giornata in cui la barbara certezza che il movimento è un privilegio, non un diritto, o meglio che movimento e mobilità non possono più coincidere, si è depositata, come un residuo, sulla pelle di quei corpi interrotti e ancor più vigliaccamente sulla mia.
2015
Settore M-GGR/01 - Geografia
Lo Presti, L. (2015). Movimenti che disturbano lo spazio della narrazione. Micro-diario di un viaggio (im)possibile. ROOTS§ROUTES, 5(20), 00-00.
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