Lo spazio definito dalle nuove tecnologie digitali viene sempre più frequentemente descritto attorno ai concetti problematici di condivisione, cooperazione, moltiplicazione dei punti di enunciazione, facilitazione e accesso (più) democratico ai beni e ai servizi. Più realisticamente può essere raccontato come uno spazio fondato sulla chimera della neutralità e della calcolabilità dell'esistente. A partire dal tentativo continuo (e mai compiuto) di gestione delle pluri-potenzialità dello spazio-corpo attraverso la grammatizzazione algoritmica, ci interessa indagare la cartografia degli anfratti, delle zone di accumulo dell'ingestibile, coestensivi o conflittuali alla spazialità definita dal digitale. Fuggiamo tuttavia l'idea che le stesse spazialità definite dall'umano, dalla macchina, dal digitale, siano segmentate e definite autonomamente e senza ibridazioni. Partiamo piuttosto dal presupposto per il quale lo spazio-corpo è di per sé macchinico in quanto spazio dove è possibile esternalizzarele funzioni del capitale fisso (Marazzi, 2005); uno spazio che accoglie quelli che, nel linguaggio marxiano, si definiscono mezzi di produzione e che includono conoscenze acquisite, grammatiche produttive ed esperienze di lavoro passate. Questa porosità si traduce in uno spazio dove la macchina digitale e il vivente appaiono co-innervati in un intreccio macchinico vivo che coinvolge corpi, relazioni sociali, infrastrutture di comunicazione e network digitali. Se da una parte non è difficile immaginare la permeabilità di questo spazio macchinico vivente alla grammatizzazione inscritta nei codici algoritmici che stanno alla base delle nuove tecnologie digitali (Pasquinelli, 2014) dall’altra è necessario individuare quelle aree di impermeabilità, di frizione e di resistenza alla calcolabilità/automazione che mostrano come lo spazio-corpo possa riconfigurarsi in quanto terreno di lotta e di sperimentazione di pratiche liberanti e forme di autonomia o più drammaticamente di effetti drammatici indesiderati. E' il caso della necropolotica (Romagnoli 2012), quella particolare modalità di esercizio del biopotere che descrive il processo di avvelenamento del corpo che mangia i frutti e respira i fumi di un ciclo produttivo che ha ipotecato la stessa biosfera per l'accumulazione forsennata di profitto. Oppure è il caso della sessualità, che per quanto soggetta a sottilissime forme di biocontrollo ne eccede continuamente i perimetri per sondare spazialità sempre nuove ed irriducibili. O ancora, si pensi alle spazialità ibride che si producono attraverso le pratiche politiche collettive, spazialità per le quali l'ibridazione macchinica viene sottoposta simultaneamente a processi di cattura e di liberazione assolutamente non controllabili dalle grammatizzazioni algoritmiche.
Cinquemani L, De Majo E (2015). Grammatizzazioni dello spazio-corpo: tra algoritmizzazione ed eccedenze. In Spaction Fieldnotes. Antropologie degli Spazi in Azione 2. New Paradigms in Space-Action Multidisciplinary Research, (pp.157-171). Aracne.
Grammatizzazioni dello spazio-corpo: tra algoritmizzazione ed eccedenze
Cinquemani, Luca;
2015-01-01
Abstract
Lo spazio definito dalle nuove tecnologie digitali viene sempre più frequentemente descritto attorno ai concetti problematici di condivisione, cooperazione, moltiplicazione dei punti di enunciazione, facilitazione e accesso (più) democratico ai beni e ai servizi. Più realisticamente può essere raccontato come uno spazio fondato sulla chimera della neutralità e della calcolabilità dell'esistente. A partire dal tentativo continuo (e mai compiuto) di gestione delle pluri-potenzialità dello spazio-corpo attraverso la grammatizzazione algoritmica, ci interessa indagare la cartografia degli anfratti, delle zone di accumulo dell'ingestibile, coestensivi o conflittuali alla spazialità definita dal digitale. Fuggiamo tuttavia l'idea che le stesse spazialità definite dall'umano, dalla macchina, dal digitale, siano segmentate e definite autonomamente e senza ibridazioni. Partiamo piuttosto dal presupposto per il quale lo spazio-corpo è di per sé macchinico in quanto spazio dove è possibile esternalizzarele funzioni del capitale fisso (Marazzi, 2005); uno spazio che accoglie quelli che, nel linguaggio marxiano, si definiscono mezzi di produzione e che includono conoscenze acquisite, grammatiche produttive ed esperienze di lavoro passate. Questa porosità si traduce in uno spazio dove la macchina digitale e il vivente appaiono co-innervati in un intreccio macchinico vivo che coinvolge corpi, relazioni sociali, infrastrutture di comunicazione e network digitali. Se da una parte non è difficile immaginare la permeabilità di questo spazio macchinico vivente alla grammatizzazione inscritta nei codici algoritmici che stanno alla base delle nuove tecnologie digitali (Pasquinelli, 2014) dall’altra è necessario individuare quelle aree di impermeabilità, di frizione e di resistenza alla calcolabilità/automazione che mostrano come lo spazio-corpo possa riconfigurarsi in quanto terreno di lotta e di sperimentazione di pratiche liberanti e forme di autonomia o più drammaticamente di effetti drammatici indesiderati. E' il caso della necropolotica (Romagnoli 2012), quella particolare modalità di esercizio del biopotere che descrive il processo di avvelenamento del corpo che mangia i frutti e respira i fumi di un ciclo produttivo che ha ipotecato la stessa biosfera per l'accumulazione forsennata di profitto. Oppure è il caso della sessualità, che per quanto soggetta a sottilissime forme di biocontrollo ne eccede continuamente i perimetri per sondare spazialità sempre nuove ed irriducibili. O ancora, si pensi alle spazialità ibride che si producono attraverso le pratiche politiche collettive, spazialità per le quali l'ibridazione macchinica viene sottoposta simultaneamente a processi di cattura e di liberazione assolutamente non controllabili dalle grammatizzazioni algoritmiche.File | Dimensione | Formato | |
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