L'articolo riconsidera alcune ipotesi di A. Di Vita, grande conoscitore degli emporia di Tripolitania, a cominciare dalla proposta di collocazione del porto ellenistico cittadino ad Ovest dell'attuale città romana, nella rada di Marsa Sabratha. Con il supporto delle fonti letterarie si propone anche una possibile derivazione etimologica del nome greco della città da un fitonimo. Il nome rifletterebbe una delle attività commerciali dell'emporio, l'esportazione di una pianta dalle varie virtù. Il tema si connette con la questione della consistenza delle strutture portuali della città, sia in età ellenistica che in età romana. Tenendo presente le evidenze della vicina Leptis, si affronta il tema dei porti tenendo conto tanto delle prescrizioni dei teorici come Vitruvio, quanto di alcuni studi moderni sul comportamento dei frangiflutti e si cerca di verificare se le caratteristiche del litorale sabrathense si prestino alla creazione di un vero e proprio porto. Si propone un'interpretazione differente di quelle che sono state considerate le evidenze materiali dell'esistenza di un molo e, in definitiva, si propone una differente collocazione del porto, che trova anche una maggiore connessione con la rete viaria cittadina. Le fonti letterarie e archeologiche sui commerci trans-sahariani di Sabratha vengono prese in considerazione per cercare di valutare il volume dei traffici e, di conseguenza, il tipo di infrastrutture portuali necessarie per le merci “in uscita”, notando anche come la monumentalizzazione e la “marmorizzazione” degli edifici pubblici cittadini abbia comportato anche un notevole movimento di marmi “in entrata”, il cui trasporto dalle onerarie non poteva di certo avvenire ricorrendo alle piccole caudicariae. Un secondo stesso riguarda l'impianto urbanistico della città e le sue trasformazioni. A partire dall'ipotesi di Di Vita circa un adeguamento della pianta urbana di Sabratha allo schema delle grandi metropoli ellenistiche, in primis Alessandria, si esamina anche l'ipotesi di una sostanziale continuità nell'ubicazione dell'agorà ellenistica e della piazza romana, evidenziandone i limiti e proponendo un'ipotesi alternativa, alla luce delle recenti ricerche sulla città preromana. Di riflesso, le ipotesi sul nucleo della città inducono a riflettere anche sulle direttrici e sulle logiche dell'espansione urbana di età medio imperiale, anche tenendo conto delle recentissime ipotesi sulla cronologia degli edifici di spettacolo che occupano il versante est della città e le sue immediate adiacenze.

AIOSA S (2014). Leggendo La Sabratha di Antonino Di Vita: riflessioni e proposte sul porto e la città. MARE INTERNUM, 5(5), 11-30.

Leggendo La Sabratha di Antonino Di Vita: riflessioni e proposte sul porto e la città

AIOSA, Sergio
2014-01-01

Abstract

L'articolo riconsidera alcune ipotesi di A. Di Vita, grande conoscitore degli emporia di Tripolitania, a cominciare dalla proposta di collocazione del porto ellenistico cittadino ad Ovest dell'attuale città romana, nella rada di Marsa Sabratha. Con il supporto delle fonti letterarie si propone anche una possibile derivazione etimologica del nome greco della città da un fitonimo. Il nome rifletterebbe una delle attività commerciali dell'emporio, l'esportazione di una pianta dalle varie virtù. Il tema si connette con la questione della consistenza delle strutture portuali della città, sia in età ellenistica che in età romana. Tenendo presente le evidenze della vicina Leptis, si affronta il tema dei porti tenendo conto tanto delle prescrizioni dei teorici come Vitruvio, quanto di alcuni studi moderni sul comportamento dei frangiflutti e si cerca di verificare se le caratteristiche del litorale sabrathense si prestino alla creazione di un vero e proprio porto. Si propone un'interpretazione differente di quelle che sono state considerate le evidenze materiali dell'esistenza di un molo e, in definitiva, si propone una differente collocazione del porto, che trova anche una maggiore connessione con la rete viaria cittadina. Le fonti letterarie e archeologiche sui commerci trans-sahariani di Sabratha vengono prese in considerazione per cercare di valutare il volume dei traffici e, di conseguenza, il tipo di infrastrutture portuali necessarie per le merci “in uscita”, notando anche come la monumentalizzazione e la “marmorizzazione” degli edifici pubblici cittadini abbia comportato anche un notevole movimento di marmi “in entrata”, il cui trasporto dalle onerarie non poteva di certo avvenire ricorrendo alle piccole caudicariae. Un secondo stesso riguarda l'impianto urbanistico della città e le sue trasformazioni. A partire dall'ipotesi di Di Vita circa un adeguamento della pianta urbana di Sabratha allo schema delle grandi metropoli ellenistiche, in primis Alessandria, si esamina anche l'ipotesi di una sostanziale continuità nell'ubicazione dell'agorà ellenistica e della piazza romana, evidenziandone i limiti e proponendo un'ipotesi alternativa, alla luce delle recenti ricerche sulla città preromana. Di riflesso, le ipotesi sul nucleo della città inducono a riflettere anche sulle direttrici e sulle logiche dell'espansione urbana di età medio imperiale, anche tenendo conto delle recentissime ipotesi sulla cronologia degli edifici di spettacolo che occupano il versante est della città e le sue immediate adiacenze.
2014
AIOSA S (2014). Leggendo La Sabratha di Antonino Di Vita: riflessioni e proposte sul porto e la città. MARE INTERNUM, 5(5), 11-30.
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