Per chi fa storia, la stereotomia non costituisce un fenomeno da studiare solo nei meccanismi della rappresentazione, del funzionamento meccanico delle strutture o nei risvolti geometrici e tecnologici; per chi fa questo mestiere nel meridione d’Italia questa pratica individua una chiave per reinterpretare i molteplici nessi che legano nei secoli architettura e scienza e in definitiva costituisce uno strumento adatto a restituire con maggior nitidezza il ritratto complesso di una civiltà costruttiva.Chi si accinga a studiare l’architettura di età moderna nel meridione ha spesso l’impressione di trovarsi davanti a modalità di comportamento inerziali e a improvvisi sviluppi di seconda mano, ma non sempre si riesce a giungere alle solide ragioni che stanno dietro la mutazione o la persistenza delle forme. Le radici di molti giudizi sono note, coinvolgono argomenti più ampi di quelli trattati in queste pagine.In realtà negli ultimi tempi gli studi in questo campo si sono incrementati, il lavoro di analisi e di conoscenza ha fatto grandi passi in avanti, ma il prevalente interesse operativo (finalizzato cioè a studi sui materiali, sulla riappropriazione di tecniche costruttive, sul restauro) ha lasciato molti quesiti inevasi. Nel Sud ci sono molteplici prove di un’operatività che contempla anche la perizia nel taglio della pietra, ma le ragioni storiche di queste consuetudini sono quasi sempre affidate a determinismi generici (la sapienza artigianale) e all’unico fattore che dovrebbe sempre spiegare tutto: la tradizione. Proverò in queste pagine a offrire qualche ipotesi per superare la circolarità del discorso e uscire dal labirinto di vicoli ciechi prodotto dai cliché.
Nobile, R. (2013). Volte in pietra. Alcune riflessioni sulla stereotomia tra Italia Meridionale e Mediterraneo in età moderna. In R. Nobile (a cura di), LA STEREOTOMIA IN SICILIA E NEL MEDITERRANEO (pp. 7-56). Palermo : Edizioni Caracol.
Volte in pietra. Alcune riflessioni sulla stereotomia tra Italia Meridionale e Mediterraneo in età moderna
NOBILE, Rosario
2013-01-01
Abstract
Per chi fa storia, la stereotomia non costituisce un fenomeno da studiare solo nei meccanismi della rappresentazione, del funzionamento meccanico delle strutture o nei risvolti geometrici e tecnologici; per chi fa questo mestiere nel meridione d’Italia questa pratica individua una chiave per reinterpretare i molteplici nessi che legano nei secoli architettura e scienza e in definitiva costituisce uno strumento adatto a restituire con maggior nitidezza il ritratto complesso di una civiltà costruttiva.Chi si accinga a studiare l’architettura di età moderna nel meridione ha spesso l’impressione di trovarsi davanti a modalità di comportamento inerziali e a improvvisi sviluppi di seconda mano, ma non sempre si riesce a giungere alle solide ragioni che stanno dietro la mutazione o la persistenza delle forme. Le radici di molti giudizi sono note, coinvolgono argomenti più ampi di quelli trattati in queste pagine.In realtà negli ultimi tempi gli studi in questo campo si sono incrementati, il lavoro di analisi e di conoscenza ha fatto grandi passi in avanti, ma il prevalente interesse operativo (finalizzato cioè a studi sui materiali, sulla riappropriazione di tecniche costruttive, sul restauro) ha lasciato molti quesiti inevasi. Nel Sud ci sono molteplici prove di un’operatività che contempla anche la perizia nel taglio della pietra, ma le ragioni storiche di queste consuetudini sono quasi sempre affidate a determinismi generici (la sapienza artigianale) e all’unico fattore che dovrebbe sempre spiegare tutto: la tradizione. Proverò in queste pagine a offrire qualche ipotesi per superare la circolarità del discorso e uscire dal labirinto di vicoli ciechi prodotto dai cliché.File | Dimensione | Formato | |
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