SALAPARUTA (Menzil Salah, Casale della Signora – Paruta) Comune agricolo della provincia di Trapani (a 66 km dal capoluogo sulla strada provinciale Gibellina – Santa Margherita Belice) Salaparuta, attualmente con 1.781 abitanti, è una delle città rifondate in sito diverso dall’originario in seguito al terremoto del 1968 che la distrusse completamente (causando 28 morti, 66 feriti gravi e la devastazione di poco più di un migliaio di abitazioni e di tutto il patrimonio storico-architettonico). Nella notte fra il 14 e il 15 gennaio del 1968 il vecchio centro di Salaparuta, che allora contava poco più di tremila residenti (dai 2.943 censiti nel 1961 contro i 3.199 del 1951, poi scesi a 2.093 nel 1971) veniva devastato dal sisma passato alla storia come “Terremoto del Belice”. Ne fu interessata una gran parte della Valle del Belice (dall’omonimo fiume) per una estensione di poco meno di 100.000 ettari circostanti l’epicentro, non lontano dalla vecchia Gibellina, in una vasta area collinare estesa fra le province di Agrigento, di Palermo e di Trapani (per un totale di circa 280.000 ettari). Il sisma, le cui conseguenze riguardarono buona parte della Sicilia occidentale (coinvolgendo in diversa misura ben 52 comuni), ebbe effetti particolarmente catastrofici su quattordici comuni: Calatafimi, Camporeale, Contessa Entellina, Gibellina, Menfi, Montevago, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, Sambuca, Santa Margherita, Santa Ninfa e Vita. Nell’intera area si contarono 351 morti, 582 feriti gravi, e quasi 70.000 senza tetto. Di questi quattordici comuni riconosciuti come direttamente interessati dai più impegnativi provvedimenti di ricostruzione (e quindi destinatari dell’85% dei fondi stanziati per la ricostruzione nelle tre province) furono solamente Gibellina, Montevago, Poggioreale e Salaparuta ad essere classificati come soggetti a Trasferimento Totale, presentando una percentuale di danneggiamento, fra distruzioni e guasti onerosi, del patrimonio edilizio quasi totale. Diversamente Calatafimi, Camporeale, Contessa Entellina, Menfi, Partanna, Salemi, Sambuca, Santa Margherita, Santa Ninfa e Vita furono interessati da programmi di Trasferimento Parziale, anche se in realtà alcuni comuni di questa seconda fascia di classificazione presentarono alte percentuali di distruzioni e danneggiamenti (gravi come nel caso di Contessa Entellina con il 41%, di Partanna con il 60%, di Salemi con il 48%, di Santa Ninfa con l’87% e di Santa Margherita Belice con il 94%). Estensore del Piano Territoriale di Coordinamento n. 8 della Sicilia Occidentale (con previsione di attuazione nell’arco di un ventennio, dal 1971 al 1991) fu l’I.S.E.S., cui solo più tardi si sovrapporrà l’attività di un ufficio speciale locale dei LL.PP. (l’Ispettorato Generale per le Zone Terremotate con sede a Palermo). Il nuovo insediamento di Salaparuta, ricostruito a metri 385 s.l.m. in località Stazione Cusimano, secondo il piano progettato da Marcello Fabbri doveva essere dotato di 142 alloggi a totale carico dello stato e di 988 a contributo parziale, oltre ad un cospicuo ventaglio di attrezzature pubbliche d una certa rilevanza (fra cui la chiesa e il complesso parrocchiale centrale, progettato da G. Averna ma realizzato con sensibili varianti, e il complesso, non realizzato, del Centro Sociale e Culturale progettato da P. Caputi e A. Oliva). Consegnato il 6 marzo 1970 e adottato al posto di quello già prodotto dall’ISES il 6 agosto del 1969 (respinto dal Consiglio Comunale e dalla cittadinanza il 23 agosto dello stesso anno), il piano consiste in un impianto compatto risultante dall’incastro di quattro comparti di varie forme geometriche dalle perimetrazioni regolari mistilinee. Tali comparti contengono settori urbani ad isolati ortogonali alle arterie della rete stradale secondaria che consiste in un sistema di percorsi misti ruotati rispetto al nucleo viario primario. Quest’ultimo, con il suo assetto regolare a forcella, fa da raccordo delle strade extraurbane di comunicazione con i vicini centri abitati e con i ruderi dei vecchi insediamenti terremotati. Allo stesso tempo questo nucleo viario principale assolve al compito di fulcro (decentrato) compositivo e di smistamento dell’intero impianto urbano; ad esso, infatti, e alle sue diramazioni principali si attestano aree di forme geometriche (triangolari e trapezoidali) con alcune delle più importanti attrezzature pubbliche della città.

Sessa, E. (2013). Salaparuta. In A. Casamento (a cura di), Atlante delle città fondate in Italia dal Tardomedioevo al Novecento. Italia centro-meridionale e insulare. Roma : Edizioni Kappa.

Salaparuta

SESSA, Ettore
2013-01-01

Abstract

SALAPARUTA (Menzil Salah, Casale della Signora – Paruta) Comune agricolo della provincia di Trapani (a 66 km dal capoluogo sulla strada provinciale Gibellina – Santa Margherita Belice) Salaparuta, attualmente con 1.781 abitanti, è una delle città rifondate in sito diverso dall’originario in seguito al terremoto del 1968 che la distrusse completamente (causando 28 morti, 66 feriti gravi e la devastazione di poco più di un migliaio di abitazioni e di tutto il patrimonio storico-architettonico). Nella notte fra il 14 e il 15 gennaio del 1968 il vecchio centro di Salaparuta, che allora contava poco più di tremila residenti (dai 2.943 censiti nel 1961 contro i 3.199 del 1951, poi scesi a 2.093 nel 1971) veniva devastato dal sisma passato alla storia come “Terremoto del Belice”. Ne fu interessata una gran parte della Valle del Belice (dall’omonimo fiume) per una estensione di poco meno di 100.000 ettari circostanti l’epicentro, non lontano dalla vecchia Gibellina, in una vasta area collinare estesa fra le province di Agrigento, di Palermo e di Trapani (per un totale di circa 280.000 ettari). Il sisma, le cui conseguenze riguardarono buona parte della Sicilia occidentale (coinvolgendo in diversa misura ben 52 comuni), ebbe effetti particolarmente catastrofici su quattordici comuni: Calatafimi, Camporeale, Contessa Entellina, Gibellina, Menfi, Montevago, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, Sambuca, Santa Margherita, Santa Ninfa e Vita. Nell’intera area si contarono 351 morti, 582 feriti gravi, e quasi 70.000 senza tetto. Di questi quattordici comuni riconosciuti come direttamente interessati dai più impegnativi provvedimenti di ricostruzione (e quindi destinatari dell’85% dei fondi stanziati per la ricostruzione nelle tre province) furono solamente Gibellina, Montevago, Poggioreale e Salaparuta ad essere classificati come soggetti a Trasferimento Totale, presentando una percentuale di danneggiamento, fra distruzioni e guasti onerosi, del patrimonio edilizio quasi totale. Diversamente Calatafimi, Camporeale, Contessa Entellina, Menfi, Partanna, Salemi, Sambuca, Santa Margherita, Santa Ninfa e Vita furono interessati da programmi di Trasferimento Parziale, anche se in realtà alcuni comuni di questa seconda fascia di classificazione presentarono alte percentuali di distruzioni e danneggiamenti (gravi come nel caso di Contessa Entellina con il 41%, di Partanna con il 60%, di Salemi con il 48%, di Santa Ninfa con l’87% e di Santa Margherita Belice con il 94%). Estensore del Piano Territoriale di Coordinamento n. 8 della Sicilia Occidentale (con previsione di attuazione nell’arco di un ventennio, dal 1971 al 1991) fu l’I.S.E.S., cui solo più tardi si sovrapporrà l’attività di un ufficio speciale locale dei LL.PP. (l’Ispettorato Generale per le Zone Terremotate con sede a Palermo). Il nuovo insediamento di Salaparuta, ricostruito a metri 385 s.l.m. in località Stazione Cusimano, secondo il piano progettato da Marcello Fabbri doveva essere dotato di 142 alloggi a totale carico dello stato e di 988 a contributo parziale, oltre ad un cospicuo ventaglio di attrezzature pubbliche d una certa rilevanza (fra cui la chiesa e il complesso parrocchiale centrale, progettato da G. Averna ma realizzato con sensibili varianti, e il complesso, non realizzato, del Centro Sociale e Culturale progettato da P. Caputi e A. Oliva). Consegnato il 6 marzo 1970 e adottato al posto di quello già prodotto dall’ISES il 6 agosto del 1969 (respinto dal Consiglio Comunale e dalla cittadinanza il 23 agosto dello stesso anno), il piano consiste in un impianto compatto risultante dall’incastro di quattro comparti di varie forme geometriche dalle perimetrazioni regolari mistilinee. Tali comparti contengono settori urbani ad isolati ortogonali alle arterie della rete stradale secondaria che consiste in un sistema di percorsi misti ruotati rispetto al nucleo viario primario. Quest’ultimo, con il suo assetto regolare a forcella, fa da raccordo delle strade extraurbane di comunicazione con i vicini centri abitati e con i ruderi dei vecchi insediamenti terremotati. Allo stesso tempo questo nucleo viario principale assolve al compito di fulcro (decentrato) compositivo e di smistamento dell’intero impianto urbano; ad esso, infatti, e alle sue diramazioni principali si attestano aree di forme geometriche (triangolari e trapezoidali) con alcune delle più importanti attrezzature pubbliche della città.
2013
Salaparuta; Atlante; Fondazioni urbane
978-88-6514-189-2
Sessa, E. (2013). Salaparuta. In A. Casamento (a cura di), Atlante delle città fondate in Italia dal Tardomedioevo al Novecento. Italia centro-meridionale e insulare. Roma : Edizioni Kappa.
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