DUCROT, MOBILI E ARTI DECORATIVE Attiva fin dagli anni Settanta del XIX secolo fino al 1970, estendendosi gradualmente da Palermo alle maggiori città d’Italia e poi a diverse aree del Mediterraneo, la fabbrica assume la denominazione Ducrot, Mobili e Arti Decorative, Società Anonima per Azioni a partire dal 1907, quando viene registrata alla Borsa di Milano, con capitale sociale di L. 1.500.000 sede e officine a Palermo in via Paolo Gili, nella contrada dell’Olivuzza. Dal 1939, in seguito al rilevamento dell’impresa ad opera di un gruppo finanziario genovese, muta il nome in Società Anonima Ducrot. Mobili, Sede Genova – Officine Palermo, con uffici anche in piazza Piccapietra n. 83 a Genova. Fra il 1902 e il 1907, prima della trasformazione in società, l’impresa opera con la denominazione Ducrot, Successore di Carlo Golia & C. e di Solei Hebert & C., Palermo, essendone diventato proprietario unico Vittorio Ducrot, figliastro di Carlo Golia, fondatore della omonima ditta, originariamente di rappresentanza dei prodotti (stoffe per l’arredamento) della Solei Hebert & C. di Torino. Già negli anni Settanta del XIX secolo la ditta, con lussuoso negozio in corso Vittorio Emanuele a Palermo, integrava l’attività di emporio di stampo britannico per l’arredo alto borghese, con quella di atelier per tappezzerie e, poi, per la costruzione di mobili (inizialmente da giardino) e per la realizzazione di decorazioni di interni. È Vittorio Ducrot, prima come direttore poi come comproprietario (dal 1900 fino alla morte di Carlo Golia avvenuta nel 1901), a innescare l’accelerazione industriale grazie anche al reperimento di nuovi capitali di giovani benestanti palermitani, che sottraggono la ditta al fallimento (sfiorato nel 1895) e alla parziale dipendenza commerciale dalla Solei Hebert. Oltre a mettere a punto prototipi, poi derivati in serie economiche di alta qualità tecnico-formale, e a ideare arredi completi autonomamente, interpreti del principio della Gesamtkunstwerk, coordinando l’opera di scultori (Antonio Ugo, Gaetano Geraci), di pittori (Ettore de Maria Bergler, Giuseppe Di Giovanni, Michele Cortegiani, Rocco Lentini, Giuseppe Enea e Salvatore Gregorietti), di qualificate imprese artigiane o industriali nel campo delle arti applicate (la Ceramica Florio, il maestro ferraio Salvatore Martorella, la fabbrica di lampadari e apparecchi di illuminazione Carraffa, tutti di Palermo o straniere come la viennese fabbrica di tappeti Haas), Ernesto Basile, in accordo con Vittorio Ducrot, mette in atto uno dei rari esperimenti riusciti in ambito internazionale, di parziale “riorganizzazione del visibile” atto a connotare, propagandisticamente, in maniera unitaria l’immagine colta di una impresa produttiva. Di questa ricercata ufficialità modernista la manifestazione più eclatante, oltre alla progettazione delle carte intestate, dei locali di vendita dei marchi, delle nuove officine (progetto poi non realizzato), è costituita dalla partecipazione della ditta Ducrot, sempre in coppia con Ernesto Basile, ad alcune delle più importanti mostre ed esposizioni di arti decorative e industriali organizzate in Italia nel primo decennio di questo secolo. In alcuni consistenti settori, i più rappresentativi, la ditta consegue un’inappuntabile peculiarità figurale siciliana (tanto come espressioni di cultura “alta” quanto come rivalutazione e risemantizzazione di tradizioni tecnico-artistiche popolari) sostenuta dalla collaborazione di Ernesto Basile e della sua cerchia di artisti e da qualificati disegnatori di mobili (non di rado allievi di Basile) fra i quali primeggiano Michele Sberna e Ludovico Li Vigni. Conforme alla messa a punto di logiche serie di mobili aderenti ad una estetica della riproducibilità industriale, e tuttavia strutturati in insiemi dalle espressività (localizzate o complessiva) di matrice fisio-psicologica, il programma di riorganizzazione dell’impresa, attuato da Vittorio Ducrot, comprendeva anche la documentazione sistematica dell’attività produttiva, la rigida divisione del lavoro (anche all’interno delle due categorie creativa ed esecutiva), la realizzazione di nuovi e dettagliati cataloghi di vendita, l’espansione del mercato con moderni criteri persuasivi (fondati sul concetto di irrinunciabilità inoculato nei potenziali acquirenti dalle stesse comunicative e riconoscibili qualità tecnico-formali dei prodotti e da un’abile azione propagandistica). In quest’ottica rientra, oltre all’impegnativa partecipazione alle manifestazioni espositive, la proliferazione sul territorio nazionale di eleganti succursali di vendita, in gran parte arredate da Basile: a Catania, in via Stesicoro, nel 1904; a Milano, in via T. Grassi, nel 1907; a Roma, in via del Tritone, nel 1910 (poi trasferita in via Condotti); a Napoli, in via G. Filangeri, nel 1917. Fra gli arredi particolari realizzati prima della guerra del 1915-1918 ricordiamo, inoltre, quelli del 1906 per il Palazzo d’Estate dell’Ambasciata Italiana a Therapia (Istanbul) nell’Impero Ottomano e quelli per gli uffici della FIAT a Milano del 1911. Dal 1912 al 1930 Giuseppe Capitò, sia pure in maniera discontinua, collabora con la Società come Direttore Artistico. Durante il Primo Conflitto Mondiale gli impianti vengono adattati alla costruzione di biplani idrovolanti caccia-bombardieri per i governi italiano, francese e inglese; viene realizzato, pertanto, un distaccamento delle officine sull’arenile della città balneare di Mondello. Dal 1919 inizia la produzione di arredi navali; dopo la realizzazione dei mobili e delle decorazioni per il Regio Yacht Savoia i principali committenti saranno la Navigazione Generale Italiana e la Società Italiana di Servizi Marittimi. Per queste società di navigazione (soprattutto per la prima creata dai Florio), dal 1919 al 1932 gli stabilimenti di via P. Gili (poi coadiuvati nelle sole fasi di montaggio, nei Cantieri di Genova, da una ditta subalterna dell’ingegnere Tiziano De Bonis) arredano la turbonave Esperia (1919-20), i transatlantici Giulio Cesare (1920-21), Duilio (1922-23), Roma (1925-26) e Augustus (1926), la turbonave Ausonia (1926-28), i transatlantici Città di Napoli (1927-28) e Rex (1930-32). Dal 1923 al 1930 nella Sezione Navale dell’Ufficio Tecnico operano Giuseppe Spatrisano e altri giovani architetti e artisti palermitani, fra cui Vittorio Corona. Fra le tante collaborazioni per gli arredi navali figura quella di Galileo Chini. A cavallo fra gli anni Venti e gli anni Trenta la Ducrot realizza innumerevoli arredi, spesso déco, per navi di privati (del 1931 è l’incarico per la nave dello Scià di Persia), per panfili, per sontuose residenze patrizie. Nel 1930 Carlo Ducrot, figlio di Vittorio, assume la carica di Direttore Tecnico e imprime la definitiva svolta “moderna” all’impresa paterna. Nel 1932 entrano in produzione i mobili in tubolare metallico, ma appena due anni dopo la Società accusa forti difficoltà economiche causate anche dalla caduta delle grandi commesse navali (fra questi ricordiamo gli arredi per le cabine e gli ambienti comuni degli ufficiali nelle unità della Regia Marina Militare). Nel 1936 l’estensione degli stabilimenti si riduce a soli 8.500 mq.; i rimanenti due terzi del complesso vengono riformati per l’istallazione della Società Anonima Aeronautica Sicula creata in seguito alla fusione con la fabbrica Caproni: Vittorio Ducrot ne è Vice Presidente. La fabbrica di mobili nel 1939 cade nelle mani del gruppo finanziario capeggiato da Tiziano De Bonis; Vittorio Ducrot conserva la carica di Presidente della nuova Società (sarebbe morto tre anni dopo). Dopo le forniture per il Consolato Alleato (1943-45), l’attività del mobilificio ritorna al mercato libero e alle grandi commesse, perpetuando, nei venticinque anni di attività del secondo dopoguerra, la proverbiale fama di imperabilità tecnica e onestà costruttiva dei suoi prodotti, ma perdendo inesorabilmente il ruolo di propositrice di forme nuove e originali. La Società continua ad avvalersi di qualificati progettisti palermitani e non (fra questi ricordiamo V. Monaco, A. Luccichenti, M. Marchi, M. Collura, M. De Simone) e della collaborazione di artisti di primo piano (fra cui Giuseppe Capogrossi e Edgardo Mannucci), ma non persegue una originale politica culturale, limitandosi a registrare, con garbato gusto reinterpretativo, gli esiti dei nuovi orientamenti della cultura della progettazione industriale.

Sessa, E. (2014). Ducrot, mobili e arti decorative. In E. Mauro, E. Sessa (a cura di), Collezioni Basile e Ducrot. Mostra docummentaria degli archivi (pp. 75-97). Palermo : Edizioni Plumelia.

Ducrot, mobili e arti decorative

SESSA, Ettore
2014-01-01

Abstract

DUCROT, MOBILI E ARTI DECORATIVE Attiva fin dagli anni Settanta del XIX secolo fino al 1970, estendendosi gradualmente da Palermo alle maggiori città d’Italia e poi a diverse aree del Mediterraneo, la fabbrica assume la denominazione Ducrot, Mobili e Arti Decorative, Società Anonima per Azioni a partire dal 1907, quando viene registrata alla Borsa di Milano, con capitale sociale di L. 1.500.000 sede e officine a Palermo in via Paolo Gili, nella contrada dell’Olivuzza. Dal 1939, in seguito al rilevamento dell’impresa ad opera di un gruppo finanziario genovese, muta il nome in Società Anonima Ducrot. Mobili, Sede Genova – Officine Palermo, con uffici anche in piazza Piccapietra n. 83 a Genova. Fra il 1902 e il 1907, prima della trasformazione in società, l’impresa opera con la denominazione Ducrot, Successore di Carlo Golia & C. e di Solei Hebert & C., Palermo, essendone diventato proprietario unico Vittorio Ducrot, figliastro di Carlo Golia, fondatore della omonima ditta, originariamente di rappresentanza dei prodotti (stoffe per l’arredamento) della Solei Hebert & C. di Torino. Già negli anni Settanta del XIX secolo la ditta, con lussuoso negozio in corso Vittorio Emanuele a Palermo, integrava l’attività di emporio di stampo britannico per l’arredo alto borghese, con quella di atelier per tappezzerie e, poi, per la costruzione di mobili (inizialmente da giardino) e per la realizzazione di decorazioni di interni. È Vittorio Ducrot, prima come direttore poi come comproprietario (dal 1900 fino alla morte di Carlo Golia avvenuta nel 1901), a innescare l’accelerazione industriale grazie anche al reperimento di nuovi capitali di giovani benestanti palermitani, che sottraggono la ditta al fallimento (sfiorato nel 1895) e alla parziale dipendenza commerciale dalla Solei Hebert. Oltre a mettere a punto prototipi, poi derivati in serie economiche di alta qualità tecnico-formale, e a ideare arredi completi autonomamente, interpreti del principio della Gesamtkunstwerk, coordinando l’opera di scultori (Antonio Ugo, Gaetano Geraci), di pittori (Ettore de Maria Bergler, Giuseppe Di Giovanni, Michele Cortegiani, Rocco Lentini, Giuseppe Enea e Salvatore Gregorietti), di qualificate imprese artigiane o industriali nel campo delle arti applicate (la Ceramica Florio, il maestro ferraio Salvatore Martorella, la fabbrica di lampadari e apparecchi di illuminazione Carraffa, tutti di Palermo o straniere come la viennese fabbrica di tappeti Haas), Ernesto Basile, in accordo con Vittorio Ducrot, mette in atto uno dei rari esperimenti riusciti in ambito internazionale, di parziale “riorganizzazione del visibile” atto a connotare, propagandisticamente, in maniera unitaria l’immagine colta di una impresa produttiva. Di questa ricercata ufficialità modernista la manifestazione più eclatante, oltre alla progettazione delle carte intestate, dei locali di vendita dei marchi, delle nuove officine (progetto poi non realizzato), è costituita dalla partecipazione della ditta Ducrot, sempre in coppia con Ernesto Basile, ad alcune delle più importanti mostre ed esposizioni di arti decorative e industriali organizzate in Italia nel primo decennio di questo secolo. In alcuni consistenti settori, i più rappresentativi, la ditta consegue un’inappuntabile peculiarità figurale siciliana (tanto come espressioni di cultura “alta” quanto come rivalutazione e risemantizzazione di tradizioni tecnico-artistiche popolari) sostenuta dalla collaborazione di Ernesto Basile e della sua cerchia di artisti e da qualificati disegnatori di mobili (non di rado allievi di Basile) fra i quali primeggiano Michele Sberna e Ludovico Li Vigni. Conforme alla messa a punto di logiche serie di mobili aderenti ad una estetica della riproducibilità industriale, e tuttavia strutturati in insiemi dalle espressività (localizzate o complessiva) di matrice fisio-psicologica, il programma di riorganizzazione dell’impresa, attuato da Vittorio Ducrot, comprendeva anche la documentazione sistematica dell’attività produttiva, la rigida divisione del lavoro (anche all’interno delle due categorie creativa ed esecutiva), la realizzazione di nuovi e dettagliati cataloghi di vendita, l’espansione del mercato con moderni criteri persuasivi (fondati sul concetto di irrinunciabilità inoculato nei potenziali acquirenti dalle stesse comunicative e riconoscibili qualità tecnico-formali dei prodotti e da un’abile azione propagandistica). In quest’ottica rientra, oltre all’impegnativa partecipazione alle manifestazioni espositive, la proliferazione sul territorio nazionale di eleganti succursali di vendita, in gran parte arredate da Basile: a Catania, in via Stesicoro, nel 1904; a Milano, in via T. Grassi, nel 1907; a Roma, in via del Tritone, nel 1910 (poi trasferita in via Condotti); a Napoli, in via G. Filangeri, nel 1917. Fra gli arredi particolari realizzati prima della guerra del 1915-1918 ricordiamo, inoltre, quelli del 1906 per il Palazzo d’Estate dell’Ambasciata Italiana a Therapia (Istanbul) nell’Impero Ottomano e quelli per gli uffici della FIAT a Milano del 1911. Dal 1912 al 1930 Giuseppe Capitò, sia pure in maniera discontinua, collabora con la Società come Direttore Artistico. Durante il Primo Conflitto Mondiale gli impianti vengono adattati alla costruzione di biplani idrovolanti caccia-bombardieri per i governi italiano, francese e inglese; viene realizzato, pertanto, un distaccamento delle officine sull’arenile della città balneare di Mondello. Dal 1919 inizia la produzione di arredi navali; dopo la realizzazione dei mobili e delle decorazioni per il Regio Yacht Savoia i principali committenti saranno la Navigazione Generale Italiana e la Società Italiana di Servizi Marittimi. Per queste società di navigazione (soprattutto per la prima creata dai Florio), dal 1919 al 1932 gli stabilimenti di via P. Gili (poi coadiuvati nelle sole fasi di montaggio, nei Cantieri di Genova, da una ditta subalterna dell’ingegnere Tiziano De Bonis) arredano la turbonave Esperia (1919-20), i transatlantici Giulio Cesare (1920-21), Duilio (1922-23), Roma (1925-26) e Augustus (1926), la turbonave Ausonia (1926-28), i transatlantici Città di Napoli (1927-28) e Rex (1930-32). Dal 1923 al 1930 nella Sezione Navale dell’Ufficio Tecnico operano Giuseppe Spatrisano e altri giovani architetti e artisti palermitani, fra cui Vittorio Corona. Fra le tante collaborazioni per gli arredi navali figura quella di Galileo Chini. A cavallo fra gli anni Venti e gli anni Trenta la Ducrot realizza innumerevoli arredi, spesso déco, per navi di privati (del 1931 è l’incarico per la nave dello Scià di Persia), per panfili, per sontuose residenze patrizie. Nel 1930 Carlo Ducrot, figlio di Vittorio, assume la carica di Direttore Tecnico e imprime la definitiva svolta “moderna” all’impresa paterna. Nel 1932 entrano in produzione i mobili in tubolare metallico, ma appena due anni dopo la Società accusa forti difficoltà economiche causate anche dalla caduta delle grandi commesse navali (fra questi ricordiamo gli arredi per le cabine e gli ambienti comuni degli ufficiali nelle unità della Regia Marina Militare). Nel 1936 l’estensione degli stabilimenti si riduce a soli 8.500 mq.; i rimanenti due terzi del complesso vengono riformati per l’istallazione della Società Anonima Aeronautica Sicula creata in seguito alla fusione con la fabbrica Caproni: Vittorio Ducrot ne è Vice Presidente. La fabbrica di mobili nel 1939 cade nelle mani del gruppo finanziario capeggiato da Tiziano De Bonis; Vittorio Ducrot conserva la carica di Presidente della nuova Società (sarebbe morto tre anni dopo). Dopo le forniture per il Consolato Alleato (1943-45), l’attività del mobilificio ritorna al mercato libero e alle grandi commesse, perpetuando, nei venticinque anni di attività del secondo dopoguerra, la proverbiale fama di imperabilità tecnica e onestà costruttiva dei suoi prodotti, ma perdendo inesorabilmente il ruolo di propositrice di forme nuove e originali. La Società continua ad avvalersi di qualificati progettisti palermitani e non (fra questi ricordiamo V. Monaco, A. Luccichenti, M. Marchi, M. Collura, M. De Simone) e della collaborazione di artisti di primo piano (fra cui Giuseppe Capogrossi e Edgardo Mannucci), ma non persegue una originale politica culturale, limitandosi a registrare, con garbato gusto reinterpretativo, gli esiti dei nuovi orientamenti della cultura della progettazione industriale.
2014
Sessa, E. (2014). Ducrot, mobili e arti decorative. In E. Mauro, E. Sessa (a cura di), Collezioni Basile e Ducrot. Mostra docummentaria degli archivi (pp. 75-97). Palermo : Edizioni Plumelia.
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