Una lettura del contesto culturale che fa da sfondo al design contemporaneo ci può aiutare a riconoscere programmi, ambiti di lavoro e progetti davvero efficaci e non solo efficienti e pertanto più orientati a produrre cambiamenti che condizionati dalla richiesta di produrre effetti. La prolifera e disordinata produzione di oggetti di design alimenta e consolida sempre di più l’idea di un altro modo di fare, di rispondere a domande che superano la richiesta di capolavori, di prodotti definitivi (1), di una anacronistico ritorno allo styling, per lavorare a strategie di innovazione in grado di attivare processi continui di nuovi prodotti, nuovi servizi, nuovi comportamenti, nuove abitudini e nuove comunicazioni. Un vero e proprio passaggio culturale dalla visione del mondo per oggetti ad un mondo complesso fatto di sistemi di cose e soprattutto relazioni tra persone, oggetti, istituzioni, ha indebolito il confine, da sempre abbastanza fragile e irregolare, del campo di applicazione del design. Un’economia globale complessa e instabile, le politiche economiche e ambientali, contribuiscono a produrre dei veri e propri spostamenti di senso in ambiti come quello del design, ma anche dell’architettura o delle scienze economiche e sociali. Lucius Burckhardt, prova a leggere questa nuova condizione del design, elaborando negli anni ‘80 la teoria – estrema - che Design ist unsichtbar (2) – è invisibile – ovvero che il design non deve limitarsi a intervenire su ciò che è visibile, su un piano estetico e funzionale piuttosto deve lavorare a ciò che non si vede. I complessi integrati (3), diventano nuovi luoghi di pratica del design che assume la condizione di essere non-visibile come condizione potenziale per intervenire in un ambito istituzionale, organizzativo e di istruzione dei processi. Così, l’angolo di una strada, la salute, e ancora la notte diventano oggetto e allo stesso tempo oggetti di design. Questo atteggiamento sembra interessante perché propone di lavorare,durante il processo di elaborazione di nuovi oggetti, non tanto all’oggetto in se quanto al suo significato, agli effetti che produce, fino a mettere in discussione la sua condizione di esistenza. Affinché i nuovi condizionamenti, sociali, ambientali, economici e culturali, diventino il corpo nuovo di oggetti e progetti imprevisti e per questo innovativi, forse è necessario rintracciare, in ciò che viene prima del design dell’oggetto, l’ambito sul quale riformulare un nuovo sistema di vincoli e procedure. Un P R E D E S I G N di nuove condizioni e nuovi presupposti; la parte non visibile di tutto ciò che è oggetto del design!

Cammarata, M. (2014). PRIMA DEL DESIGN.

PRIMA DEL DESIGN

Cammarata, Michele Maria
2014-04-14

Abstract

Una lettura del contesto culturale che fa da sfondo al design contemporaneo ci può aiutare a riconoscere programmi, ambiti di lavoro e progetti davvero efficaci e non solo efficienti e pertanto più orientati a produrre cambiamenti che condizionati dalla richiesta di produrre effetti. La prolifera e disordinata produzione di oggetti di design alimenta e consolida sempre di più l’idea di un altro modo di fare, di rispondere a domande che superano la richiesta di capolavori, di prodotti definitivi (1), di una anacronistico ritorno allo styling, per lavorare a strategie di innovazione in grado di attivare processi continui di nuovi prodotti, nuovi servizi, nuovi comportamenti, nuove abitudini e nuove comunicazioni. Un vero e proprio passaggio culturale dalla visione del mondo per oggetti ad un mondo complesso fatto di sistemi di cose e soprattutto relazioni tra persone, oggetti, istituzioni, ha indebolito il confine, da sempre abbastanza fragile e irregolare, del campo di applicazione del design. Un’economia globale complessa e instabile, le politiche economiche e ambientali, contribuiscono a produrre dei veri e propri spostamenti di senso in ambiti come quello del design, ma anche dell’architettura o delle scienze economiche e sociali. Lucius Burckhardt, prova a leggere questa nuova condizione del design, elaborando negli anni ‘80 la teoria – estrema - che Design ist unsichtbar (2) – è invisibile – ovvero che il design non deve limitarsi a intervenire su ciò che è visibile, su un piano estetico e funzionale piuttosto deve lavorare a ciò che non si vede. I complessi integrati (3), diventano nuovi luoghi di pratica del design che assume la condizione di essere non-visibile come condizione potenziale per intervenire in un ambito istituzionale, organizzativo e di istruzione dei processi. Così, l’angolo di una strada, la salute, e ancora la notte diventano oggetto e allo stesso tempo oggetti di design. Questo atteggiamento sembra interessante perché propone di lavorare,durante il processo di elaborazione di nuovi oggetti, non tanto all’oggetto in se quanto al suo significato, agli effetti che produce, fino a mettere in discussione la sua condizione di esistenza. Affinché i nuovi condizionamenti, sociali, ambientali, economici e culturali, diventino il corpo nuovo di oggetti e progetti imprevisti e per questo innovativi, forse è necessario rintracciare, in ciò che viene prima del design dell’oggetto, l’ambito sul quale riformulare un nuovo sistema di vincoli e procedure. Un P R E D E S I G N di nuove condizioni e nuovi presupposti; la parte non visibile di tutto ciò che è oggetto del design!
14-apr-2014
DESIGN
Cammarata, M. (2014). PRIMA DEL DESIGN.
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