Il progetto di ricerca “Mazara del Vallo. Città e territorio. Identità storico-artistica nell’età bizantina e medievale” ha avuto per oggetto la città ed il suo hinterland, identificati come fulcro e snodo di realtà monumentali e storico-artistiche particolarmente significative. Mazara è stata riconosciuta, nella sua qualità di capoluogo di Diocesi sin dall’età normanna, come punto di partenza privilegiato per una indagine sistematica sullo sviluppo ed il divenire delle scelte artistiche in un preciso territorio della Sicilia occidentale, in dialogo con le realtà culturali del mondo mediterraneo ma portatore di una identità propria e peculiare che affonda le radici in un periodo, quello tardoantico, paleocristiano e bizantino, spesso sottovalutato e ricco, invece, di testimonianze di valore. L’indagine sul campo ha, infatti, lasciato emergere una realtà antica di grande interesse, sebbene frammentaria nelle sue testimonianze monumentali: le arule-urne funerarie, le epigrafi, i sarcofagi di marmo pregiato riccamente lavorati indicano un contesto sociale e culturale di committenza alta già dall’età romana. Ricordiamo che l’emporio fenicio, citato già da Diodoro (XIII, 9; 54), è l’avamposto costiero e portuale fortificato della potente Selinunte, mentre l’Itinerarium Antonini ricorda la città come Statio, ossia stazione di posta, lungo l’itinerario tra Agrigento e Lilybeo. Inoltre, l’area dei monasteri di San Michele e di Santa Veneranda ha lasciato emergere recentemente, in uno sterro di edilizia civile,un’ampia e significativa evidenza architettonica, oggetto di scavo stratigrafico ma non ancora edita, che avrebbe tutte le caratteristiche di una basilichetta paleocristiana. I rinvenimenti archeologici sparsi nell’area cittadina e nelle zone limitrofe hanno chiarito che l’antica Mazaris aveva una dimensione urbana ed uno spessore socio-culturale anche in età tardoanticapaleocristiana e poi bizantina: lo documentano anche la domus con mosaici sotto la Chiesa di San Nicolò Regale e l’epigrafe paleocristiana in lingua greca, ritrovata nel centro storico ed oggi conservata in Cattedrale. Sono particolarmente significative, poi, le testimonianze architettoniche monumentali e artistiche riferibili alla seconda bizantinizzazione ed alla cultura normanna di Sicilia, visibili in urbe in diversi contesti. Tra i monumenti maggiormente rappresentativi di questo periodo, la Chiesa di San Nicolò Regale, edificata presso il porto, sui bastioni di cinta, e la Chiesa di Santa Maria delle Giummare, su una collina in vista del centro urbano. La Cattedrale, fondata dal Conte Ruggero nell’XI secolo e dedicata al SS. Salvatore, conserva ancora tracce evidenti dell’antica costruzione, al di sotto della ristrutturazione del secolo XVII: le absidi, le croci a rilievo, alcuni inediti elementi e decorazioni architettoniche posti oggi all’esterno costituiscono suggestive preesistenze di valore che i ricostruttori vollero in qualche modo preservare e sopravvivono insieme a documenti artistici conservati o murati all’interno della grande aula, come l’absidiola laterale con il raffinato affresco palinsesto raffigurante il Pantokrator. Un particolare cenno merita la presenza e l’opera del Vescovo Tustino (o Tristano), regnante tra il 1156 ed il 1180: restano il suo sarcofago, murato all’ingresso della Cattedrale, e pregevoli elementi scultorei e decorativi superstiti dell’ambone e della cattedra da lui stesso commissionata, parzialmente inediti o poco noti, rintracciati in sedi diverse e ricomponibili per via ipotetica, sulla base di testimonianze, confronti e paralleli tipologici e stilistici.Presso la Cattedrale, inoltre, è esposta ancora oggi alla venerazione dei fedeli la grande croce dipinta di età federiciana, un unicum per i suoi raffinati caratteri iconografici e stilistici. Nel Tesoro della stessa Cattedrale, inoltre, si segnala un inedito assoluto di rilevante interesse: si tratta di una croce astile in argento sbalzato, afferente alla tipologia delle cruces fiordalisades e databile al secolo XV. Lo stato di conservazione non proprio ottimale del manufatto lo aveva escluso dall’utilizzo fino a provocarne l’oblio; la Croce può oggi idealmente aggiungersi alla preziosa collezione di Croci astili conservate al Museo Diocesano. Esse possono inserirsi in un percorso più ampio, che comprende anche le grandi Croci lignee, dipinte o scolpite, prevalentemente di ascendenza e cultura catalana. La stessa tradizione quattrocentesca del gotico internazionale è parzialmente visibile sui paramenti murari di alcuni edifici di rilievo urbano: sono diversi gli esempi di chiese, monasteri e corpi edilizi di carattere pubblico e privato interessati da ristrutturazioni, aggiunte e riedificazioni, soprattutto d’età barocca, che tra i secoli XVII e XVIII hanno completamente rivoluzionato la propria identità storico-artistica, ma che conservano in aree limitate e spesso poco visibili elementi, talvolta assai pregevoli, appartenenti al contesto storico e storico-artistico del momento fondativo di età medievale. Tra gli esempi più eloquenti, oltre alla citata Chiesa Cattedrale, che presenta componenti estremamente notevoli per numero e qualità, si segnalano la Chiesa e il Monastero di Santa Caterina, quello di Santa Veneranda, la Chiesa di San Nicola in urbe, la Domus c.d. “del Pino” o “della Pigna”, la Chiesa e il grande Convento di San Francesco, i monumentali resti del Castello a mare; solo qualche elemento è sopravvissuto nei contesti architettonici e artistici della Chiesa e del Monastero benedettino di San Michele, di fondazione normanna. Sono stati identificati, inoltre, attraverso un’attenta prospezione, ragguardevoli porzioni di arredo marmoreo, scultura e decorazione architettonica di età tardoantica e medievale dispersi all’interno del tessuto costruttivo della città storica, spesso sopravvissuti a profondi rimodellamenti del tessuto viario o superstiti rispetto a radicali trasformazioni delle strutture monumentali. A questi si aggiungono un congruo numero di manufatti “erratici” di decorazione architettonica, databili invece tra l’XI ed il XV secolo, in gran parte inediti, individuati presso la sede provvisoria del Museo Civico (ex-Chiesa di San Bartolomeo) e presso la Cattedrale, con un abbozzo di musealizzazione. Completamente fuori dai contesti abitativi, invece, sono gli antichi siti di culto rupestri che sono stati censiti lungo il corso del fiume Mazaro, come l’area c.d. “del Miragliano” e la Chiesa di San Bartolomeo in grotta. Altri siti di origine paleocristiana e/o bizantina, adibiti al culto cristiano, sono sparsi nelle aree rurali delle immediate prossimità dell’hinterland mazarese. Di una ricca e colta committenza parlano, in diverso contesto, i ritrovamenti di oreficerie pregiate, preziosi e raffinati manufatti di arti suntuarie, rinvenuti nel sito di Contrada Guardiola / Chiusa del Pellegrino e noti come “Tesoro di Campobello”. Tuttavia, gli storici locali (e non solo) sono concordi nel ritenere questi reperti di diretta pertinenza del territorio di Mazara, sia per la vicinanza territoriale, sia perché il paese di Campobello di Mazara è di recente fondazione; inoltre, la natura e tipologia del “tesoro” si mostra perfettamente integrata e congruente con le caratteristiche storiche e storico-artistiche riscontrate nella coeva cultura del sito. Tra questi pregevoli manufatti si segnala una collana con croce pendente, raffigurante al centro la Vergine in posa orante e accompagnata da un’iscrizione in greco, con una scelta iconografica alquanto inedita per tale tipo di manufatto. Infine, l’attività di ricerca svolta a Mazara ha portato significativi fattori di novità nel percorso di studio programmato: sono emerse, infatti, nella capillare ricerca sul territorio cittadino e durante la catalogazione, una serie di opere e manufatti, diversi per tipologia e caratteristiche, che presentano un notevole interesse storico-artistico, alcuni dei quali assolutamente inediti, come le numerose testimonianze di scultura architettonica, il bel crocifisso ligneo della Chiesa di Santa Maria di Gesù e la croce astile dal Tesoro della Cattedrale.Altri materiali, invece, risultavano poco noti e interessati solo da esigui e brevi riferimenti, o da citazioni ormai datate. All’indagine sul campo è stata accompagnata un’attenta analisi delle fonti bibliografiche, documentarie e archivistiche, nell’intento di ripercorrere contestualmente la storia degli studi storici e storico-artistici su monumenti ed opere d’arte della città. A fronte di un patrimonio di tale importanza, l’indagine delle fonti storiche e bibliografiche ne attesta la relativa esiguità e vetustà, rispetto anche ai nuovi ritrovamenti ed ai nuovi orientamenti delle ricerche storico-artistiche; sembra emergere un quadro bibliografico poco ricco ed estremamente frammentario, concentrato spesso sui singoli monumenti o sui loro aspetti particolari, o piuttosto sullo studio diacronico dello insediamento urbano. Tali studi, inoltre, si presentano talvolta sotto le specie dell’erudizione locale, piuttosto che attestarsi metodologicamente sui moderni parametri scientifici. Sono state consultate le Biblioteche Comunale e Diocesana di Mazara, oltre alle principali Biblioteche generaliste di Palermo, Trapani, Roma; l'Archivio Storico Diocesano ha potuto fornire solo quella documentazione salvatosi dalla distruzione del precedente archivio, prima conservato nella residenza feudale "Casale Bizir" dell'antica Diocesi di Lilibeo e poi trasferitasi a Mazara nel secolo XIV. L’obiettivo era quello di verificare il numero, l’entità, la tipologia, il valore, la collocazione delle opere d’arte in oggetto, nella consapevolezza che esistevano poche opere notissime ed una serie poco nota, o del tutto ignota e da quantificare, di monumenti e testimonianze da indagare e censire. Sono stati presi in esame i manufatti databili tra i secoli III-IV e XV d. C., cioè dalle prime tracce evidenti della cristianizzazione (con un breve excursus nel tardoantico, radice del Medioevo, secondo le ipotesi ormai consolidate di lettura critica del Kitzinger) alle pregevoli manifestazioni dell’epoca normanna, fino alla produzione gotica siciliana, nelle sue declinazioni anche più tarde. Sono stati volutamente esclusi, invece, quei manufatti che, pur potendo essere con maggiore o minore approssimazione ricondotti al secolo XV, si mostravano però già partecipi delle sensibilità umanistiche e rinascimentali. Le schede propongono una sintetica griglia di comprensione dell’opera, fornendone i dati essenziali e le coordinate descrittive ed interpretative, cercando anche di individuare possibili confronti tipologici e stilistici. Il patrimonio censito si mostra interessante e degno di rilievo, di tipologia variegata; assume spesso carattere “sparso” e frammentario, risulta nell’insieme poco indagato e parzialmente inedito, talvolta di difficile individuazione ed ardua lettura. Infatti, si è verificato che i monumenti, le opere ed i manufatti medievali siano stati spesso brutalmente dismessi e disgregati (come l’ambone di Tustino), talvolta per dar luogo a ristrutturazioni posttridentine, soprattutto tra i secoli XVII e XVIII, con interventi miranti a rendere le espressioni architettoniche e figurative cristiane più vicine alle nuove ed urgenti esigenze di carattere liturgico, pastorale ed ecclesiale della Chiesa della Controriforma. E’ il caso delle facies moderne della Cattedrale e di quasi tutte le chiese di fondazione medievale. Più complesso talvolta il riconoscimento degli spolia: riveste particolare importanza, infatti, il fenomeno del riutilizzo di fragmenta del mondo antico, sotto forme diverse ed in fasi cicliche (normanna e moderna). Le opere ed i monumenti, però, esplorati con attenzione, riescono a condurre ad una realistica comprensione della produzione e della circolazione della cultura figurativa e architettonica dell’area, anche in rapporto al più vasto contesto siciliano, mediterraneo ed europeo, prestandosi anche a fornire validi argomenti di riflessione storica e storico-artistica. I riscontri operati attraverso monumenti, opere d’arte e manufatti segnalano una presenza attiva dell’oppidum mazariensis anche dopo la distruzione di Selinunte, che non si spegne in età romana e tardoantica. Emerge con evidenza che non è necessario aspettare l’invasione islamica per fare di Mazara una città dalle risorse umane e commerciali consistenti, anche se certamente, come narrano le fonti, gli Arabi ne fecero un porto di grande traffico per i contatti con l’Africa. Le testimonianze artistiche mostrano che il sito continua ad avere un rilievo in ambito territoriale anche nel periodo normanno, dove una committenza forte e volitiva esprime nella costruzione di nuove chiese, piccole e grandi, la nuova identità cristiana e culturale, particolarmente legata, soprattutto all’inizio, al mondo dell’Impero Bizantino, identificato come modello di riferimento politico e religioso, nonché iconografico, iconologico e stilistico, sia nelle produzioni pittoriche che in quelle scultoree. A questo si aggiunge, evidentemente, una profonda istanza locale di “bizantinità”, che sembra riaffiorare nelle forme e nei contenuti, quasi senza soluzione di continuità con il periodo bizantino pre-arabo. Il Trecento ed il Quattrocento vedono l’espandersi del centro urbano e l’infittirsi della presenza, nel tessuto viario e monumentale, di domus aristocratiche e di edifici di culto, tra cui hanno particolare ruolo quelli fondati dagli ordini religiosi. Frammenti e lacerti sparsi di questa grande Mazara gotica sono visibili negli spolia architettonici, nelle preesistenze integrate, negli erratici. La città si mostra ricca e colta anche attraverso la committenza di significative opere di scultura, come i grandi Crocifissi e le croci astili in materiale prezioso, dove emerge il forte legame con la cultura spagnola e catalana del gotico internazionale, filtrata spesso da una sensibilità locale che ha già conosciuto la lezione artistica peninsulare. Mazara “Inclita Urbs”, come la definiscono le fonti medievali, è dunque pienamente inserita nella circolazione della cultura mediterranea, dai rapporti con le sponde africane a quelli con il mondo orientale, per agganciarsi, infine, alle grandi correnti artistiche europee. *** Nel completare il presente lavoro, desidero manifestare la mia più viva gratitudine a tutti coloro che hanno accompagnato il mio percorso di studio: in primis alla Prof. Maria Annunziata Lima, che ha seguito da Tutor accademico ogni passo della ricerca con vigile affetto e generosa attenzione, sostenendomi con i suoi preziosi consigli; alla Tutor Prof. Laura Bica per il sempre benevolo supporto e la grande disponibilità. Doverosi e sentiti ringraziamenti formulo anche nei confronti di S.E.R. Mons. Domenico Mogavero, Vescovo della Diocesi di Mazara del Vallo, per avermi “aperto ogni porta”, consentendo o agevolando l’accesso a luoghi, monumenti ed opere d’arte. Sono grata anche alla Dom.na Gertrude Francesca Giglio, Abbadessa del Monastero di San Michele Arcangelo in Mazara del Vallo; a Don Leo Di Simone, già Direttore dell’Ufficio per l’Arte Sacra, Bb.Cc.Eccl. ed Edilizia di Culto della Diocesi di Mazara ed all’Ing. Bartolomeo Fontana, del medesimo Ufficio; a Don Pietro Pisciotta, Direttore dell’Archivio Storico Diocesano; alla Dott. Cristina Gallo, Responsabile della Biblioteca Diocesana; al Dott. Rosario Salafia, Direttore della Biblioteca Comunale di Mazara ed al personale tutto; a Don Orazio Placenti; a Don Nicola Misuraca; al maestro fotografo Filippo Serra. Alla cortesia dell’amico Arch. Santi Gallo devo l’elaborazione della grande planimetria della città, in cui mi è stato possibile segnalare i monumenti con indicazione numerica.
Massara, . (2014). MAZARA DEL VALLO. CITTA’ E TERRITORIO IDENTITA’ STORICO-ARTISTICA NELL’ETA’ BIZANTINA E MEDIEVALE.
MAZARA DEL VALLO. CITTA’ E TERRITORIO IDENTITA’ STORICO-ARTISTICA NELL’ETA’ BIZANTINA E MEDIEVALE
MASSARA, Francesca Paola
2014-04-08
Abstract
Il progetto di ricerca “Mazara del Vallo. Città e territorio. Identità storico-artistica nell’età bizantina e medievale” ha avuto per oggetto la città ed il suo hinterland, identificati come fulcro e snodo di realtà monumentali e storico-artistiche particolarmente significative. Mazara è stata riconosciuta, nella sua qualità di capoluogo di Diocesi sin dall’età normanna, come punto di partenza privilegiato per una indagine sistematica sullo sviluppo ed il divenire delle scelte artistiche in un preciso territorio della Sicilia occidentale, in dialogo con le realtà culturali del mondo mediterraneo ma portatore di una identità propria e peculiare che affonda le radici in un periodo, quello tardoantico, paleocristiano e bizantino, spesso sottovalutato e ricco, invece, di testimonianze di valore. L’indagine sul campo ha, infatti, lasciato emergere una realtà antica di grande interesse, sebbene frammentaria nelle sue testimonianze monumentali: le arule-urne funerarie, le epigrafi, i sarcofagi di marmo pregiato riccamente lavorati indicano un contesto sociale e culturale di committenza alta già dall’età romana. Ricordiamo che l’emporio fenicio, citato già da Diodoro (XIII, 9; 54), è l’avamposto costiero e portuale fortificato della potente Selinunte, mentre l’Itinerarium Antonini ricorda la città come Statio, ossia stazione di posta, lungo l’itinerario tra Agrigento e Lilybeo. Inoltre, l’area dei monasteri di San Michele e di Santa Veneranda ha lasciato emergere recentemente, in uno sterro di edilizia civile,un’ampia e significativa evidenza architettonica, oggetto di scavo stratigrafico ma non ancora edita, che avrebbe tutte le caratteristiche di una basilichetta paleocristiana. I rinvenimenti archeologici sparsi nell’area cittadina e nelle zone limitrofe hanno chiarito che l’antica Mazaris aveva una dimensione urbana ed uno spessore socio-culturale anche in età tardoanticapaleocristiana e poi bizantina: lo documentano anche la domus con mosaici sotto la Chiesa di San Nicolò Regale e l’epigrafe paleocristiana in lingua greca, ritrovata nel centro storico ed oggi conservata in Cattedrale. Sono particolarmente significative, poi, le testimonianze architettoniche monumentali e artistiche riferibili alla seconda bizantinizzazione ed alla cultura normanna di Sicilia, visibili in urbe in diversi contesti. Tra i monumenti maggiormente rappresentativi di questo periodo, la Chiesa di San Nicolò Regale, edificata presso il porto, sui bastioni di cinta, e la Chiesa di Santa Maria delle Giummare, su una collina in vista del centro urbano. La Cattedrale, fondata dal Conte Ruggero nell’XI secolo e dedicata al SS. Salvatore, conserva ancora tracce evidenti dell’antica costruzione, al di sotto della ristrutturazione del secolo XVII: le absidi, le croci a rilievo, alcuni inediti elementi e decorazioni architettoniche posti oggi all’esterno costituiscono suggestive preesistenze di valore che i ricostruttori vollero in qualche modo preservare e sopravvivono insieme a documenti artistici conservati o murati all’interno della grande aula, come l’absidiola laterale con il raffinato affresco palinsesto raffigurante il Pantokrator. Un particolare cenno merita la presenza e l’opera del Vescovo Tustino (o Tristano), regnante tra il 1156 ed il 1180: restano il suo sarcofago, murato all’ingresso della Cattedrale, e pregevoli elementi scultorei e decorativi superstiti dell’ambone e della cattedra da lui stesso commissionata, parzialmente inediti o poco noti, rintracciati in sedi diverse e ricomponibili per via ipotetica, sulla base di testimonianze, confronti e paralleli tipologici e stilistici.Presso la Cattedrale, inoltre, è esposta ancora oggi alla venerazione dei fedeli la grande croce dipinta di età federiciana, un unicum per i suoi raffinati caratteri iconografici e stilistici. Nel Tesoro della stessa Cattedrale, inoltre, si segnala un inedito assoluto di rilevante interesse: si tratta di una croce astile in argento sbalzato, afferente alla tipologia delle cruces fiordalisades e databile al secolo XV. Lo stato di conservazione non proprio ottimale del manufatto lo aveva escluso dall’utilizzo fino a provocarne l’oblio; la Croce può oggi idealmente aggiungersi alla preziosa collezione di Croci astili conservate al Museo Diocesano. Esse possono inserirsi in un percorso più ampio, che comprende anche le grandi Croci lignee, dipinte o scolpite, prevalentemente di ascendenza e cultura catalana. La stessa tradizione quattrocentesca del gotico internazionale è parzialmente visibile sui paramenti murari di alcuni edifici di rilievo urbano: sono diversi gli esempi di chiese, monasteri e corpi edilizi di carattere pubblico e privato interessati da ristrutturazioni, aggiunte e riedificazioni, soprattutto d’età barocca, che tra i secoli XVII e XVIII hanno completamente rivoluzionato la propria identità storico-artistica, ma che conservano in aree limitate e spesso poco visibili elementi, talvolta assai pregevoli, appartenenti al contesto storico e storico-artistico del momento fondativo di età medievale. Tra gli esempi più eloquenti, oltre alla citata Chiesa Cattedrale, che presenta componenti estremamente notevoli per numero e qualità, si segnalano la Chiesa e il Monastero di Santa Caterina, quello di Santa Veneranda, la Chiesa di San Nicola in urbe, la Domus c.d. “del Pino” o “della Pigna”, la Chiesa e il grande Convento di San Francesco, i monumentali resti del Castello a mare; solo qualche elemento è sopravvissuto nei contesti architettonici e artistici della Chiesa e del Monastero benedettino di San Michele, di fondazione normanna. Sono stati identificati, inoltre, attraverso un’attenta prospezione, ragguardevoli porzioni di arredo marmoreo, scultura e decorazione architettonica di età tardoantica e medievale dispersi all’interno del tessuto costruttivo della città storica, spesso sopravvissuti a profondi rimodellamenti del tessuto viario o superstiti rispetto a radicali trasformazioni delle strutture monumentali. A questi si aggiungono un congruo numero di manufatti “erratici” di decorazione architettonica, databili invece tra l’XI ed il XV secolo, in gran parte inediti, individuati presso la sede provvisoria del Museo Civico (ex-Chiesa di San Bartolomeo) e presso la Cattedrale, con un abbozzo di musealizzazione. Completamente fuori dai contesti abitativi, invece, sono gli antichi siti di culto rupestri che sono stati censiti lungo il corso del fiume Mazaro, come l’area c.d. “del Miragliano” e la Chiesa di San Bartolomeo in grotta. Altri siti di origine paleocristiana e/o bizantina, adibiti al culto cristiano, sono sparsi nelle aree rurali delle immediate prossimità dell’hinterland mazarese. Di una ricca e colta committenza parlano, in diverso contesto, i ritrovamenti di oreficerie pregiate, preziosi e raffinati manufatti di arti suntuarie, rinvenuti nel sito di Contrada Guardiola / Chiusa del Pellegrino e noti come “Tesoro di Campobello”. Tuttavia, gli storici locali (e non solo) sono concordi nel ritenere questi reperti di diretta pertinenza del territorio di Mazara, sia per la vicinanza territoriale, sia perché il paese di Campobello di Mazara è di recente fondazione; inoltre, la natura e tipologia del “tesoro” si mostra perfettamente integrata e congruente con le caratteristiche storiche e storico-artistiche riscontrate nella coeva cultura del sito. Tra questi pregevoli manufatti si segnala una collana con croce pendente, raffigurante al centro la Vergine in posa orante e accompagnata da un’iscrizione in greco, con una scelta iconografica alquanto inedita per tale tipo di manufatto. Infine, l’attività di ricerca svolta a Mazara ha portato significativi fattori di novità nel percorso di studio programmato: sono emerse, infatti, nella capillare ricerca sul territorio cittadino e durante la catalogazione, una serie di opere e manufatti, diversi per tipologia e caratteristiche, che presentano un notevole interesse storico-artistico, alcuni dei quali assolutamente inediti, come le numerose testimonianze di scultura architettonica, il bel crocifisso ligneo della Chiesa di Santa Maria di Gesù e la croce astile dal Tesoro della Cattedrale.Altri materiali, invece, risultavano poco noti e interessati solo da esigui e brevi riferimenti, o da citazioni ormai datate. All’indagine sul campo è stata accompagnata un’attenta analisi delle fonti bibliografiche, documentarie e archivistiche, nell’intento di ripercorrere contestualmente la storia degli studi storici e storico-artistici su monumenti ed opere d’arte della città. A fronte di un patrimonio di tale importanza, l’indagine delle fonti storiche e bibliografiche ne attesta la relativa esiguità e vetustà, rispetto anche ai nuovi ritrovamenti ed ai nuovi orientamenti delle ricerche storico-artistiche; sembra emergere un quadro bibliografico poco ricco ed estremamente frammentario, concentrato spesso sui singoli monumenti o sui loro aspetti particolari, o piuttosto sullo studio diacronico dello insediamento urbano. Tali studi, inoltre, si presentano talvolta sotto le specie dell’erudizione locale, piuttosto che attestarsi metodologicamente sui moderni parametri scientifici. Sono state consultate le Biblioteche Comunale e Diocesana di Mazara, oltre alle principali Biblioteche generaliste di Palermo, Trapani, Roma; l'Archivio Storico Diocesano ha potuto fornire solo quella documentazione salvatosi dalla distruzione del precedente archivio, prima conservato nella residenza feudale "Casale Bizir" dell'antica Diocesi di Lilibeo e poi trasferitasi a Mazara nel secolo XIV. L’obiettivo era quello di verificare il numero, l’entità, la tipologia, il valore, la collocazione delle opere d’arte in oggetto, nella consapevolezza che esistevano poche opere notissime ed una serie poco nota, o del tutto ignota e da quantificare, di monumenti e testimonianze da indagare e censire. Sono stati presi in esame i manufatti databili tra i secoli III-IV e XV d. C., cioè dalle prime tracce evidenti della cristianizzazione (con un breve excursus nel tardoantico, radice del Medioevo, secondo le ipotesi ormai consolidate di lettura critica del Kitzinger) alle pregevoli manifestazioni dell’epoca normanna, fino alla produzione gotica siciliana, nelle sue declinazioni anche più tarde. Sono stati volutamente esclusi, invece, quei manufatti che, pur potendo essere con maggiore o minore approssimazione ricondotti al secolo XV, si mostravano però già partecipi delle sensibilità umanistiche e rinascimentali. Le schede propongono una sintetica griglia di comprensione dell’opera, fornendone i dati essenziali e le coordinate descrittive ed interpretative, cercando anche di individuare possibili confronti tipologici e stilistici. Il patrimonio censito si mostra interessante e degno di rilievo, di tipologia variegata; assume spesso carattere “sparso” e frammentario, risulta nell’insieme poco indagato e parzialmente inedito, talvolta di difficile individuazione ed ardua lettura. Infatti, si è verificato che i monumenti, le opere ed i manufatti medievali siano stati spesso brutalmente dismessi e disgregati (come l’ambone di Tustino), talvolta per dar luogo a ristrutturazioni posttridentine, soprattutto tra i secoli XVII e XVIII, con interventi miranti a rendere le espressioni architettoniche e figurative cristiane più vicine alle nuove ed urgenti esigenze di carattere liturgico, pastorale ed ecclesiale della Chiesa della Controriforma. E’ il caso delle facies moderne della Cattedrale e di quasi tutte le chiese di fondazione medievale. Più complesso talvolta il riconoscimento degli spolia: riveste particolare importanza, infatti, il fenomeno del riutilizzo di fragmenta del mondo antico, sotto forme diverse ed in fasi cicliche (normanna e moderna). Le opere ed i monumenti, però, esplorati con attenzione, riescono a condurre ad una realistica comprensione della produzione e della circolazione della cultura figurativa e architettonica dell’area, anche in rapporto al più vasto contesto siciliano, mediterraneo ed europeo, prestandosi anche a fornire validi argomenti di riflessione storica e storico-artistica. I riscontri operati attraverso monumenti, opere d’arte e manufatti segnalano una presenza attiva dell’oppidum mazariensis anche dopo la distruzione di Selinunte, che non si spegne in età romana e tardoantica. Emerge con evidenza che non è necessario aspettare l’invasione islamica per fare di Mazara una città dalle risorse umane e commerciali consistenti, anche se certamente, come narrano le fonti, gli Arabi ne fecero un porto di grande traffico per i contatti con l’Africa. Le testimonianze artistiche mostrano che il sito continua ad avere un rilievo in ambito territoriale anche nel periodo normanno, dove una committenza forte e volitiva esprime nella costruzione di nuove chiese, piccole e grandi, la nuova identità cristiana e culturale, particolarmente legata, soprattutto all’inizio, al mondo dell’Impero Bizantino, identificato come modello di riferimento politico e religioso, nonché iconografico, iconologico e stilistico, sia nelle produzioni pittoriche che in quelle scultoree. A questo si aggiunge, evidentemente, una profonda istanza locale di “bizantinità”, che sembra riaffiorare nelle forme e nei contenuti, quasi senza soluzione di continuità con il periodo bizantino pre-arabo. Il Trecento ed il Quattrocento vedono l’espandersi del centro urbano e l’infittirsi della presenza, nel tessuto viario e monumentale, di domus aristocratiche e di edifici di culto, tra cui hanno particolare ruolo quelli fondati dagli ordini religiosi. Frammenti e lacerti sparsi di questa grande Mazara gotica sono visibili negli spolia architettonici, nelle preesistenze integrate, negli erratici. La città si mostra ricca e colta anche attraverso la committenza di significative opere di scultura, come i grandi Crocifissi e le croci astili in materiale prezioso, dove emerge il forte legame con la cultura spagnola e catalana del gotico internazionale, filtrata spesso da una sensibilità locale che ha già conosciuto la lezione artistica peninsulare. Mazara “Inclita Urbs”, come la definiscono le fonti medievali, è dunque pienamente inserita nella circolazione della cultura mediterranea, dai rapporti con le sponde africane a quelli con il mondo orientale, per agganciarsi, infine, alle grandi correnti artistiche europee. *** Nel completare il presente lavoro, desidero manifestare la mia più viva gratitudine a tutti coloro che hanno accompagnato il mio percorso di studio: in primis alla Prof. Maria Annunziata Lima, che ha seguito da Tutor accademico ogni passo della ricerca con vigile affetto e generosa attenzione, sostenendomi con i suoi preziosi consigli; alla Tutor Prof. Laura Bica per il sempre benevolo supporto e la grande disponibilità. Doverosi e sentiti ringraziamenti formulo anche nei confronti di S.E.R. Mons. Domenico Mogavero, Vescovo della Diocesi di Mazara del Vallo, per avermi “aperto ogni porta”, consentendo o agevolando l’accesso a luoghi, monumenti ed opere d’arte. Sono grata anche alla Dom.na Gertrude Francesca Giglio, Abbadessa del Monastero di San Michele Arcangelo in Mazara del Vallo; a Don Leo Di Simone, già Direttore dell’Ufficio per l’Arte Sacra, Bb.Cc.Eccl. ed Edilizia di Culto della Diocesi di Mazara ed all’Ing. Bartolomeo Fontana, del medesimo Ufficio; a Don Pietro Pisciotta, Direttore dell’Archivio Storico Diocesano; alla Dott. Cristina Gallo, Responsabile della Biblioteca Diocesana; al Dott. Rosario Salafia, Direttore della Biblioteca Comunale di Mazara ed al personale tutto; a Don Orazio Placenti; a Don Nicola Misuraca; al maestro fotografo Filippo Serra. Alla cortesia dell’amico Arch. Santi Gallo devo l’elaborazione della grande planimetria della città, in cui mi è stato possibile segnalare i monumenti con indicazione numerica.File | Dimensione | Formato | |
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