Il contributo intende porre lo sguardo su un insediamento di edilizia residenziale pubblica, il quartiere di Villaseta, progettato subito dopo la celebre frana di Agrigento del 1966 e destinato ad ospitare gli abitanti dell’antico quartiere Rabato-Santa Croce, estrema propaggine occidentale della città di Agrigento, che viene abbandonato in seguito all’evento franoso. L’ISES, ente fiduciario del Ministero dei Lavori Pubblici, affida la progettazione urbanistica e il coordinamento del nuovo insediamento al professore Mario Ghio che si avvale della collaborazione di altri illustri architetti tra i quali Vittoria Calzolari, Sergio Lenci, Franco Berarducci e i siciliani Roberto Calandra e Antonio Bonafede. La scelta del sito ricade su un terreno in leggero pendio affacciato sul mare a sud-ovest della città, nei pressi di un piccolo insediamento rurale preesistente. Non è chiaro come si pervenne all’individuazione di tale sito, così distante dalla città consolidata, ma va tenuto conto che i territori a sud del centro urbano erano inedificabili, come sancito dal Decreto Gui-Mancini, e quelli a nord e a ovest erano instabili. La scelta di questa localizzazione comunque fu molto discussa localmente, tanto che per convincere i futuri assegnatari e gli amministratori locali, il ministero si impegnò a realizzare una nuova strada di collegamento con il centro urbano. Il risultato fu la realizzazione del viadotto Akragas, che attraversa il territorio vincolato della Valle dei Templi e affonda i piloni sui resti di una necropoli. Il quartiere di Villaseta, esteso 70 ettari, prevedeva l’insediamento di circa 5000 abitanti. La planimetria di progetto propone un asse viario in direzione est-ovest lungo cui si aggancia l’edificio destinato ad ospitare le attività commerciali, tre attrezzature scolastiche, le aree verdi e a parcheggio. La residenza si articola in nuclei costituiti da tipi edilizi differenziati, serviti da una trama di percorsi pedonali e veicolari. A valle dell’abitato sono previsti diversi impianti sportivi a cui fa da sfondo l’azzurro del mare. Si tratta di un progetto di qualità, che propone una dimensione urbana complessa che però, come del resto è accaduto per altri interventi pubblici realizzati nel Mezzogiorno, verrà realizzato con grande lentezza e a stralci. Alla mancanza di una cultura del bene collettivo, del senso di appartenenza e di responsabilità civile è certamente imputabile l’attuale immagine del quartiere di Villaseta, molto diversa da quella ipotizzata nel progetto originario. La totalità degli spazi aperti versa in una condizione di deplorevole degrado. Le attrezzature sportive a valle dell’insediamento, incomplete e ormai degradate contribuiscono a rendere ancora più squallido il paesaggio circostante. La maggior parte delle abitazioni sono state oggetto di trasformazioni e modifiche da parte dei residenti che nel tempo le hanno personalizzate in maniera autonoma non coordinandosi tra loro. Il risultato è quello di un insieme di unità edilizie con prospetti che variano di colore tra un’elevazione e l’altra, caratterizzate dalla presenza di infissi esterni delle più svariate tipologie, nonché di tettoie e verande, anche queste realizzate con materiali diversi. Molti spazi pubblici sono stati privatizzati con l’inserimento di recinzioni e cancelli. Più rari i casi in cui le abitazioni sono state ampliate abusivamente, occupando le aree verdi di pertinenza antistanti.

ABBATE, G. (2013). Villaseta: da quartiere modello a luogo di marginalità e degrado. In A. Lambertini, A. Metta, Olivetti M.L. (a cura di), Città pubblica/Paesaggi comuni. Materiali per il progetto degli spazi aperti dei quartieri ERP (pp. 29-32). Roma : Gangemi Editore.

Villaseta: da quartiere modello a luogo di marginalità e degrado

ABBATE, Giuseppe
2013-01-01

Abstract

Il contributo intende porre lo sguardo su un insediamento di edilizia residenziale pubblica, il quartiere di Villaseta, progettato subito dopo la celebre frana di Agrigento del 1966 e destinato ad ospitare gli abitanti dell’antico quartiere Rabato-Santa Croce, estrema propaggine occidentale della città di Agrigento, che viene abbandonato in seguito all’evento franoso. L’ISES, ente fiduciario del Ministero dei Lavori Pubblici, affida la progettazione urbanistica e il coordinamento del nuovo insediamento al professore Mario Ghio che si avvale della collaborazione di altri illustri architetti tra i quali Vittoria Calzolari, Sergio Lenci, Franco Berarducci e i siciliani Roberto Calandra e Antonio Bonafede. La scelta del sito ricade su un terreno in leggero pendio affacciato sul mare a sud-ovest della città, nei pressi di un piccolo insediamento rurale preesistente. Non è chiaro come si pervenne all’individuazione di tale sito, così distante dalla città consolidata, ma va tenuto conto che i territori a sud del centro urbano erano inedificabili, come sancito dal Decreto Gui-Mancini, e quelli a nord e a ovest erano instabili. La scelta di questa localizzazione comunque fu molto discussa localmente, tanto che per convincere i futuri assegnatari e gli amministratori locali, il ministero si impegnò a realizzare una nuova strada di collegamento con il centro urbano. Il risultato fu la realizzazione del viadotto Akragas, che attraversa il territorio vincolato della Valle dei Templi e affonda i piloni sui resti di una necropoli. Il quartiere di Villaseta, esteso 70 ettari, prevedeva l’insediamento di circa 5000 abitanti. La planimetria di progetto propone un asse viario in direzione est-ovest lungo cui si aggancia l’edificio destinato ad ospitare le attività commerciali, tre attrezzature scolastiche, le aree verdi e a parcheggio. La residenza si articola in nuclei costituiti da tipi edilizi differenziati, serviti da una trama di percorsi pedonali e veicolari. A valle dell’abitato sono previsti diversi impianti sportivi a cui fa da sfondo l’azzurro del mare. Si tratta di un progetto di qualità, che propone una dimensione urbana complessa che però, come del resto è accaduto per altri interventi pubblici realizzati nel Mezzogiorno, verrà realizzato con grande lentezza e a stralci. Alla mancanza di una cultura del bene collettivo, del senso di appartenenza e di responsabilità civile è certamente imputabile l’attuale immagine del quartiere di Villaseta, molto diversa da quella ipotizzata nel progetto originario. La totalità degli spazi aperti versa in una condizione di deplorevole degrado. Le attrezzature sportive a valle dell’insediamento, incomplete e ormai degradate contribuiscono a rendere ancora più squallido il paesaggio circostante. La maggior parte delle abitazioni sono state oggetto di trasformazioni e modifiche da parte dei residenti che nel tempo le hanno personalizzate in maniera autonoma non coordinandosi tra loro. Il risultato è quello di un insieme di unità edilizie con prospetti che variano di colore tra un’elevazione e l’altra, caratterizzate dalla presenza di infissi esterni delle più svariate tipologie, nonché di tettoie e verande, anche queste realizzate con materiali diversi. Molti spazi pubblici sono stati privatizzati con l’inserimento di recinzioni e cancelli. Più rari i casi in cui le abitazioni sono state ampliate abusivamente, occupando le aree verdi di pertinenza antistanti.
2013
Settore ICAR/21 - Urbanistica
ABBATE, G. (2013). Villaseta: da quartiere modello a luogo di marginalità e degrado. In A. Lambertini, A. Metta, Olivetti M.L. (a cura di), Città pubblica/Paesaggi comuni. Materiali per il progetto degli spazi aperti dei quartieri ERP (pp. 29-32). Roma : Gangemi Editore.
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