Protagonista del romanzo di James M. Cain (1941) e della trasposizione cinematografica di Michael Curtiz con Joan Crawford nel 1945, e poi televisiva Todd Haynes con Kate Winslet nel 2011, Mildred Pierce è stata oggetto di indagini all’interno di diversi approcci degli studi culturali, all’incrocio tra film studies, gender studies e women studies, che hanno sottolineato la reiterata importanza del modello di donna veicolato dal personaggio, che mina la stabilità istituzionale, politica e culturale dell’ordine patriarcale. Quando la crisi sembra aprire una crepa nel sistema fallogocentrico occidentale, creando uno spazio all’azione femminile, la violenta repressione cui Mildred viene ad ogni adattamento sottoposta, proietta sugli schermi il riaddomesticamento di un femminino necessario ma subalterno, tanto nella sua maternità quanto nella sua imprenditorialità, sempre all’interno di un ambiguo sistema normativo tra il naturale e il sociale. L’articolo affronta il potenziale produttivo, e non solo repressivo, delle narrazioni di Mildred Pierce, proponendo uno smascheramento del dispositivo bioeconomico allestito attraverso le narrazioni egemoniche del femminile.
Cammarata V, Marcenò S. (2013). Mildred Pierce e i margini della crisi. STUDI CULTURALI, anno X, n. 3, dicembre 2013(anno X, n 3, dicembre 2013), 475-491.
Mildred Pierce e i margini della crisi
CAMMARATA, Valeria;MARCENO', Serena
2013-01-01
Abstract
Protagonista del romanzo di James M. Cain (1941) e della trasposizione cinematografica di Michael Curtiz con Joan Crawford nel 1945, e poi televisiva Todd Haynes con Kate Winslet nel 2011, Mildred Pierce è stata oggetto di indagini all’interno di diversi approcci degli studi culturali, all’incrocio tra film studies, gender studies e women studies, che hanno sottolineato la reiterata importanza del modello di donna veicolato dal personaggio, che mina la stabilità istituzionale, politica e culturale dell’ordine patriarcale. Quando la crisi sembra aprire una crepa nel sistema fallogocentrico occidentale, creando uno spazio all’azione femminile, la violenta repressione cui Mildred viene ad ogni adattamento sottoposta, proietta sugli schermi il riaddomesticamento di un femminino necessario ma subalterno, tanto nella sua maternità quanto nella sua imprenditorialità, sempre all’interno di un ambiguo sistema normativo tra il naturale e il sociale. L’articolo affronta il potenziale produttivo, e non solo repressivo, delle narrazioni di Mildred Pierce, proponendo uno smascheramento del dispositivo bioeconomico allestito attraverso le narrazioni egemoniche del femminile.File | Dimensione | Formato | |
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