Villa Igiea, costruita fra il 1899 e il 1901 nella contrada costiera dell’Acquasanta a nord di Palermo, è un’opera paradigmatica dell’Arte Nuova Italiana; in essa la celebrazione della “misura umana” attraverso l’esaltazione estetizzante del quotidiano assume toni da epifania dell’epopea della rinascita dell’individuo e della sua lotta contro il “mal sottile”. La trasformazione da sanatorio in albergo, avvenuta in corso d’opera, avrebbe in realtà comportato una semplice “correzione del tiro” nelle fasi finali di definizione di alcuni degli arredi (essenzialmente delle suite più esclusive e di qualche salone d’uso collettivo), rimanendo legata alla destinazione originaria l’impronta simbolica, con l’esaltazione struggente della nuova misura introspettiva di “luogo del non essere”, deputato alla passione di una società di eletti ormai nello status di superamento del proprio apogeo. La realizzazione di questo complesso sanatoriale, che impegna Basile per un biennio alquanto intenso, è il risultato della fortunata convergenza degli interessi e dei moventi ideologici dei suoi tre artefici. Oltre a Basile, infatti, il carattere di questa architettura, nei suoi più particolari risvolti (non ultimi quelli simbolici ed ergonomico-sanitario), deve la sua eccezionalità anche alla collaborazione apportata dal committente, Ignazio Florio, e dall’ideatore della funzione originaria, il medico Vincenzo Cervello. La decisione di realizzare un sanatorio di lusso era stata innescata dai successi dei procedimenti farmacologici ottenuti da Cervello nella cura dei malati di tisi ricoverati nell’ospedale della Guadagna, da lui diretto. Villa Igiea avrebbe dovuto costituire una sorta di privilegiato laboratorio di ricerca applicata per il lancio clinico del metodo curativo di Cervello. Contemporaneamente avrebbe dovuto fornire, con i proventi, parte dei necessari finanziamenti e, soprattutto, promuovere un continuo miglioramento nella terapia della lotta alla tisi, da riversare nell’impresa, di stampo filantropico, del Sanatorio Popolare istituito dallo stesso Cervello e per il quale Ernesto Basile progetterà dal 1903 il complesso della contrada dei Petrazzi (realizzato entro il 1909). Anche alla realizzazione di questa impresa contribuirà Ignazio Florio che, nel quadro delle iniziative umanitarie condivise con la moglie (Franca Iacona di Notarbartolo), è uno dei principali e più attivi sostenitori dell’Associazione Siciliana per il Bene Economico. E’ certo, pertanto, che l’avventura di Villa Igiea si colloca nell’alveo di un movimento di interessi molteplici; da quelli per il turismo a quelli scientifici, da quelli industriali a quelli umanitari. Opera prima del modernismo italiano il complesso sanatoriale dell’Acquasanta viene ideato con una configurazione volumetrica articolata; il suo controllato ordinamento generale per aggregazione di corpi fabbrica prismatici, risulta alquanto insolito nel panorama italiano (per quanto riguarda le tipologie alberghiere, termali o sanatoriali). Anche per Ignazio Florio Villa Igiea è carica di significati complessi, che non si limitano alla strategia imprenditoriale e trascendono i diretti interessi economici. Il complesso avrebbe dovuto rappresentare, infatti, un’ineguagliabile testimonianza della rinascita siciliana quale opera tra le più prestigiose e “moderne” fra quelle salutifere delle località elitarie deputate ai rituali mondani della société du plaisir. Oltre alla consapevolezza che il sanatorio di lusso avrebbe promosso l’immagine di Palermo come stazione climatica invernale, si palesava la previsione di una positiva ricaduta commerciale nel settore dell’industria farmaceutica, con il potenziamento della produzione di sostanze da utilizzare nella cura della tisi che avrebbe permesso un’estensione del fatturato della vicina Chimica Arenella, non molto distante dall’antica residenza dei Florio della tonnara dei “Quattro Pizzi” e dalla stessa Villa Igiea. È con il contributo Vittorio Ducrot per la realizzazione degli arredi e delle decorazioni lignee di Giuseppe Enea per le pitture decorative, di Gaetano Geraci per le sculture decorative e, soprattutto, di Ettore De Maria Bergler, autore con Luigi Di Giovanni e Michele Cortegiani del ciclo di figurazioni allegoriche del Salone degli Specchi (la Sala da Pranzo), che Basile sperimenta con successo l’idea dell’“opera d’arte in tutto”. È in particolare il Salone degli Specchi, che nella sua complessità accoglie le molteplici componenti che vanno dalla metafora tensionale delle capriate al plasticismo ergonomico delle maniglie, a connotare con la “perfetta fusione” tra decorazioni architettoniche e pittoriche (anche su un piano sintattico coerente persino nei reconditi significati alchemici legati al mito della dea Igiea e della Rinascita) l’operare di Basile comune il più originale contributo del modernismo italiano di inizio XX secolo.

SESSA, E. (2008). Il diorama simbolico del Salone degli Specchi di Villa Igiea. In S.E. Quartarone C (a cura di), Arte e Architettura liberty in Sicilia (pp. 183-204). Palermo : Grafill.

Il diorama simbolico del Salone degli Specchi di Villa Igiea

SESSA, Ettore
2008-01-01

Abstract

Villa Igiea, costruita fra il 1899 e il 1901 nella contrada costiera dell’Acquasanta a nord di Palermo, è un’opera paradigmatica dell’Arte Nuova Italiana; in essa la celebrazione della “misura umana” attraverso l’esaltazione estetizzante del quotidiano assume toni da epifania dell’epopea della rinascita dell’individuo e della sua lotta contro il “mal sottile”. La trasformazione da sanatorio in albergo, avvenuta in corso d’opera, avrebbe in realtà comportato una semplice “correzione del tiro” nelle fasi finali di definizione di alcuni degli arredi (essenzialmente delle suite più esclusive e di qualche salone d’uso collettivo), rimanendo legata alla destinazione originaria l’impronta simbolica, con l’esaltazione struggente della nuova misura introspettiva di “luogo del non essere”, deputato alla passione di una società di eletti ormai nello status di superamento del proprio apogeo. La realizzazione di questo complesso sanatoriale, che impegna Basile per un biennio alquanto intenso, è il risultato della fortunata convergenza degli interessi e dei moventi ideologici dei suoi tre artefici. Oltre a Basile, infatti, il carattere di questa architettura, nei suoi più particolari risvolti (non ultimi quelli simbolici ed ergonomico-sanitario), deve la sua eccezionalità anche alla collaborazione apportata dal committente, Ignazio Florio, e dall’ideatore della funzione originaria, il medico Vincenzo Cervello. La decisione di realizzare un sanatorio di lusso era stata innescata dai successi dei procedimenti farmacologici ottenuti da Cervello nella cura dei malati di tisi ricoverati nell’ospedale della Guadagna, da lui diretto. Villa Igiea avrebbe dovuto costituire una sorta di privilegiato laboratorio di ricerca applicata per il lancio clinico del metodo curativo di Cervello. Contemporaneamente avrebbe dovuto fornire, con i proventi, parte dei necessari finanziamenti e, soprattutto, promuovere un continuo miglioramento nella terapia della lotta alla tisi, da riversare nell’impresa, di stampo filantropico, del Sanatorio Popolare istituito dallo stesso Cervello e per il quale Ernesto Basile progetterà dal 1903 il complesso della contrada dei Petrazzi (realizzato entro il 1909). Anche alla realizzazione di questa impresa contribuirà Ignazio Florio che, nel quadro delle iniziative umanitarie condivise con la moglie (Franca Iacona di Notarbartolo), è uno dei principali e più attivi sostenitori dell’Associazione Siciliana per il Bene Economico. E’ certo, pertanto, che l’avventura di Villa Igiea si colloca nell’alveo di un movimento di interessi molteplici; da quelli per il turismo a quelli scientifici, da quelli industriali a quelli umanitari. Opera prima del modernismo italiano il complesso sanatoriale dell’Acquasanta viene ideato con una configurazione volumetrica articolata; il suo controllato ordinamento generale per aggregazione di corpi fabbrica prismatici, risulta alquanto insolito nel panorama italiano (per quanto riguarda le tipologie alberghiere, termali o sanatoriali). Anche per Ignazio Florio Villa Igiea è carica di significati complessi, che non si limitano alla strategia imprenditoriale e trascendono i diretti interessi economici. Il complesso avrebbe dovuto rappresentare, infatti, un’ineguagliabile testimonianza della rinascita siciliana quale opera tra le più prestigiose e “moderne” fra quelle salutifere delle località elitarie deputate ai rituali mondani della société du plaisir. Oltre alla consapevolezza che il sanatorio di lusso avrebbe promosso l’immagine di Palermo come stazione climatica invernale, si palesava la previsione di una positiva ricaduta commerciale nel settore dell’industria farmaceutica, con il potenziamento della produzione di sostanze da utilizzare nella cura della tisi che avrebbe permesso un’estensione del fatturato della vicina Chimica Arenella, non molto distante dall’antica residenza dei Florio della tonnara dei “Quattro Pizzi” e dalla stessa Villa Igiea. È con il contributo Vittorio Ducrot per la realizzazione degli arredi e delle decorazioni lignee di Giuseppe Enea per le pitture decorative, di Gaetano Geraci per le sculture decorative e, soprattutto, di Ettore De Maria Bergler, autore con Luigi Di Giovanni e Michele Cortegiani del ciclo di figurazioni allegoriche del Salone degli Specchi (la Sala da Pranzo), che Basile sperimenta con successo l’idea dell’“opera d’arte in tutto”. È in particolare il Salone degli Specchi, che nella sua complessità accoglie le molteplici componenti che vanno dalla metafora tensionale delle capriate al plasticismo ergonomico delle maniglie, a connotare con la “perfetta fusione” tra decorazioni architettoniche e pittoriche (anche su un piano sintattico coerente persino nei reconditi significati alchemici legati al mito della dea Igiea e della Rinascita) l’operare di Basile comune il più originale contributo del modernismo italiano di inizio XX secolo.
2008
Settore ICAR/18 - Storia Dell'Architettura
SESSA, E. (2008). Il diorama simbolico del Salone degli Specchi di Villa Igiea. In S.E. Quartarone C (a cura di), Arte e Architettura liberty in Sicilia (pp. 183-204). Palermo : Grafill.
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