I due decenni che ci hanno preceduto hanno portato alla acquisizione di importanti informazioni circa gli effetti dannosi delle radiazioni ionizzanti (raggi X e g) sull’uomo. Il contatto con simili radiazioni, dovuto alla radioattività prodotta artificialmente a seguito e delle esplosioni nucleari – che si sono susseguite dalla seconda guerra mondiale fino agli anni 60 – e dell’utilizzo della radioattività per la produzione di energia nucleare ha provocato l’immissione accidentale nell’ambiente di rifiuti radioattivi e prodotti di fissione, determinando il rischio di gravi pregiudizi anche ad enorme distanza dal luogo di diramazione delle radiazioni. L’Italia, peraltro, pur avendo rinunciato alla strategia nucleare, non può ancora reputarsi un paese denuclearizzato; la cessazione dell’attività di un impianto nucleare non risolve infatti il delicato problema dello smaltimento dei prodotti o dei rifiuti radioattivi (c.d. decommissioning), lasciando inalterato il rischio di contaminazione. Una certa quota di radioattività (detta fondo “naturale”) deriva poi dalle radiazioni emesse da elementi naturalmente presenti nei diversi comparti ambientali e dai raggi cosmici che raggiungono la superficie terrestre. In assenza di emissioni involontarie o accidentali, è proprio il fondo naturale che costituisce la principale causa di esposizione. A ciò si aggiungano le radiazioni utilizzate in campo medico e, segnatamente, nella diagnostica radiologica e nella tomografia assiale computerizzata (TAC). Il saggio analizza le tipologie di danno cui è esposto il personale "a rischio", come i dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, soffermandosi, in particolare, sulla tutela del paziente e sul complicato accertamento dell’incidenza causale delle radiazioni sullo sviluppo di una patologia tumorale.
Pompeo, V. (2011). I danni da radiazioni ionizzanti. In INFORMAZIONI ERRONEE. SOGGETTI DEBOLI. ILLECITI INFORMATICI. DANNI AMBIENTALI, vol. V (pp. 723-733). Padova : CEDAM.
I danni da radiazioni ionizzanti
POMPEO, Valeria
2011-01-01
Abstract
I due decenni che ci hanno preceduto hanno portato alla acquisizione di importanti informazioni circa gli effetti dannosi delle radiazioni ionizzanti (raggi X e g) sull’uomo. Il contatto con simili radiazioni, dovuto alla radioattività prodotta artificialmente a seguito e delle esplosioni nucleari – che si sono susseguite dalla seconda guerra mondiale fino agli anni 60 – e dell’utilizzo della radioattività per la produzione di energia nucleare ha provocato l’immissione accidentale nell’ambiente di rifiuti radioattivi e prodotti di fissione, determinando il rischio di gravi pregiudizi anche ad enorme distanza dal luogo di diramazione delle radiazioni. L’Italia, peraltro, pur avendo rinunciato alla strategia nucleare, non può ancora reputarsi un paese denuclearizzato; la cessazione dell’attività di un impianto nucleare non risolve infatti il delicato problema dello smaltimento dei prodotti o dei rifiuti radioattivi (c.d. decommissioning), lasciando inalterato il rischio di contaminazione. Una certa quota di radioattività (detta fondo “naturale”) deriva poi dalle radiazioni emesse da elementi naturalmente presenti nei diversi comparti ambientali e dai raggi cosmici che raggiungono la superficie terrestre. In assenza di emissioni involontarie o accidentali, è proprio il fondo naturale che costituisce la principale causa di esposizione. A ciò si aggiungano le radiazioni utilizzate in campo medico e, segnatamente, nella diagnostica radiologica e nella tomografia assiale computerizzata (TAC). Il saggio analizza le tipologie di danno cui è esposto il personale "a rischio", come i dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, soffermandosi, in particolare, sulla tutela del paziente e sul complicato accertamento dell’incidenza causale delle radiazioni sullo sviluppo di una patologia tumorale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.