Scene di vita quotidiana tra abitudine e crudeltà: Il malinteso di Albert Camus nella regia di Vito Pandolfi

Le Malentendu (1943) is Albert Camus’s theatre debut. The main character of the story is Marta. She runs a hotel with his elderly mother in Bohemia. Actually, they are two killers. They use to murder the guests of their hotel to be able to rob them. The macabre ritual is their main daily occupation. One day, they kill Jan, a mysterious customer. Suddenly, there is an unexpectedly coup de théâtre, Jan is Marta’s brother and the two women do not recognize him. This tragic misunderstanding breaks the repetition of the events that have governed their existence. The aim of this analysis is to investigate the meaning that Camus attributes to everyday life, starting by examining the first production of the play which was directed by Vito Pandolfi (1917-1974) in 1950. Pandolfi stages Marta’s contrasting relationship with daily life and her desire to escape to a utopian place. Undoubtedly, everyday life achieves a double sense: it is, at the same time, a reassuring element and a coercive entity from which to escape. Camus refers to “the structural essentiality of Greek tragedy” (Davico Bonino 1960, ed. 2000). However, deviating in part from the Aristotelian canons, he prefers common figures to heroes, who seem almost inspired by the bourgeois drama. Which is the role that the concept of the daily routine play in Camus’s drama? Which are the outcomes forged by a dramatic and scenic point of view? How does it manifest itself? What is it characterized by? How the desire to escape from everyday life is what drives Martha’s actions? I will try to answer these questions by identifying the way in which everyday life takes shape on the scene, and, in particular, I will examine what emerges from the directorial choices and the acting of the actors to understand how Marta’s “daily gestures” depict her own existence as well as her mother’s attitude.

Le Malentendu (1943) è l’esordio teatrale di Albert Camus. La protagonista dell’intreccio è Marta che, insieme all’anziana madre, gestisce un albergo in Boemia e uccide i propri clienti per derubarli. L’assassinio dei viandati costituisce un caposaldo della routine delle due donne, fino a quando non si verifica l’omicidio di Jan, un cliente dell’albergo sotto mentite spoglie che si rivela essere il loro figlio e fratello. Il tragico malinteso rompe la ripetizione di eventi che scandisce l’esistenza della coppia di assassine, sovvertendo sia l’articolazione della loro vita quotidiana sia la loro relazione interpersonale. Questo studio si prefigge di analizzare il significato che Camus attribuisce alla quotidianità, prendendo in esame la prima rappresentazione del dramma sulle scene italiane, realizzata da Vito Pandolfi (1917-1974) nel 1950, in cui emerge il rapporto contrastante che Marta ha con la vita quotidiana e il suo conseguente desiderio di fuga verso un luogo immaginifico e utopico. Camus “si rifà all’essenzialità strutturale della tragedia greca” (Davico Bonino 1960, ed. 2000), deviando in parte dai canoni aristotelici, poiché preferisce agli eroi figure comuni, due “donne quotidiane” che sembrano mutuate dal dramma borghese. Il realismo scenico ottocentesco prevede sovente che i personaggi siano protagonisti di scene di vita domestica, rivelandosi artefici e vittime della routine e della sua ripetitività: che valore assume invece la routine nel dramma di Camus? Quali sono i suoi esiti da un punto di vista drammaturgico e scenico? In che modo il desiderio di fuga dal quotidiano orienta l’agire di Marta e la costringe, infine, a misurarsi con l’assurdo che caratterizza l’esistenza umana? Si tenterà di rispondere a questi interrogativi e di indagare in particolar modo la codificazione scenica della quotidianità, vagliando le scelte registiche di Pandolfi per comprendere come prendono forma i gesti che scandiscono l’esistenza di Marta e della madre.