La giurisprudenza recente della Corte EDU mostra significativi sviluppi in tema di accertamento dello status di vittima ai sensi dell’art. 34 CEDU. Il presente scritto intende mostrare come tali sviluppi sembrano portare verso direzioni contrastanti. Da un lato, la Corte ha sviluppato una nozione ancora piuttosto oscura nella propria giurisprudenza, che potrebbe definirsi come «vittima collaterale» di una misura (legislativa, esecutiva o giudiziaria) diretta nei confronti di altri soggetti, e non del/della ricorrente. In generale, può dirsi che un ampliamento della nozione di vittima è un esito da guardare con favore, nell’interesse alla maggiore tutela dei diritti garantiti dalla Convenzione tramite l’esercizio del diritto di accesso alla giustizia internazionale. Tuttavia, ciò che sorprende a un più attento esame è il contrasto tra standard diversi di accertamento dello status di vittima, che non sembrano sempre fondarsi su criteri oggettivi e prevedibili. In particolare, in altri casi la Corte adotta un approccio estremamente più restrittivo quanto all’accertamento del carattere potenziale della violazione perpetrata nei confronti di una vittima diretta. La breve analisi qui realizzata porta a ritenere che il ricorso a standard diversi di accertamento dell’ammissibilità ratione personae, in assenza di chiari criteri che li giustifichino, rischia di trasformare la flessibilità inerente alla nozione di «vittima» in un fattore di imprevedibilità dell’esito dei ricorsi a Strasburgo.
Acconciamessa, L. (2024). Recenti sviluppi in tema di accertamento dello status di vittima ai sensi dell’art. 34 CEDU: tra flessibilità e rischi di imprevedibilità. QUADERNI DI SIDIBLOG, 10, 231-252.
Recenti sviluppi in tema di accertamento dello status di vittima ai sensi dell’art. 34 CEDU: tra flessibilità e rischi di imprevedibilità
Acconciamessa, Lorenzo
2024-01-01
Abstract
La giurisprudenza recente della Corte EDU mostra significativi sviluppi in tema di accertamento dello status di vittima ai sensi dell’art. 34 CEDU. Il presente scritto intende mostrare come tali sviluppi sembrano portare verso direzioni contrastanti. Da un lato, la Corte ha sviluppato una nozione ancora piuttosto oscura nella propria giurisprudenza, che potrebbe definirsi come «vittima collaterale» di una misura (legislativa, esecutiva o giudiziaria) diretta nei confronti di altri soggetti, e non del/della ricorrente. In generale, può dirsi che un ampliamento della nozione di vittima è un esito da guardare con favore, nell’interesse alla maggiore tutela dei diritti garantiti dalla Convenzione tramite l’esercizio del diritto di accesso alla giustizia internazionale. Tuttavia, ciò che sorprende a un più attento esame è il contrasto tra standard diversi di accertamento dello status di vittima, che non sembrano sempre fondarsi su criteri oggettivi e prevedibili. In particolare, in altri casi la Corte adotta un approccio estremamente più restrittivo quanto all’accertamento del carattere potenziale della violazione perpetrata nei confronti di una vittima diretta. La breve analisi qui realizzata porta a ritenere che il ricorso a standard diversi di accertamento dell’ammissibilità ratione personae, in assenza di chiari criteri che li giustifichino, rischia di trasformare la flessibilità inerente alla nozione di «vittima» in un fattore di imprevedibilità dell’esito dei ricorsi a Strasburgo.File | Dimensione | Formato | |
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