L’interesse per l’antico e i riflessi delle scoperte vesuviane nella Palermo di epoca borbonica

The Bourbon archaeological excavations at Herculaneum and Pompeii found some significant echoes, little studied so far, also in Sicily, and particularly in Palermo. The Vesuvian antiquities began to appear on the island chiefly during the two stays King Ferdinand IV was forced to spend in the Sicilian capital owing to the French invasion of his kingdom. The Bourbon Court did not want to deprive itself of its antiquities during the exile; therefore, it temporarily took along a part of its collections. In the same period, the interest in the Antique, and in the Vesuvian archaeological situation specifically, appeared in Palermo in other ways too. In the wall decorations of the Palazzina Cinese in the Favorita Park, but of other town houses as well, motifs gathered from the Pompeii and Herculaneum figurative repertoire began to appear. These motifs, nevertheless, seem to a large extent to be reinvented and filtered through the contemporary neoclassical taste. Even after their return to Naples, the rulers applied themselves to keep Palermo “updated” about the archaeological novelties of their kingdom. In order to enlarge the local University museum collections, a considerable number of original materials were sent as royal gifts: sculptures, paintings, movable finds and plaster casts. The latter, particularly, accounted for a sort of anthology of the sculpture collections in the Museum of Naples, but above all reflected the most noteworthy archaeological discoveries in the Kingdom of the Two Sicilies.

Gli scavi borbonici a Ercolano e Pompei trovarono echi significativi, finora meno studiati, anche in Sicilia, e in particolare a Palermo. Le antichità vesuviane cominciarono a essere conosciute nell’isola soprattutto durante i due soggiorni che re Ferdinando IV era stato costretto a trascorrere nella capitale siciliana, in seguito all’invasione francese del Regno di Napoli. Poiché la corte borbonica non aveva voluto privarsi delle sue collezioni di antichità negli anni dell’esilio, una buona parte di esse aveva temporaneamente seguito il sovrano. Nello stesso periodo, l’interesse per l’antico coltivato dalla famiglia reale ebbe modo di manifestarsi anche per altre vie. Nelle decorazioni parietali della Palazzina Cinese nel Parco della Favorita, ma anche in altri palazzi palermitani, cominciarono ad affiorare motivi desunti dal repertorio figurativo che gli scavi vesuviani avevano rivelato. Tali spunti, tuttavia, erano in larga misura reinventati e filtrati attraverso un’ottica neoclassica. Anche dopo il loro ritorno a Napoli, i sovrani borbonici si impegnarono per mantenere Palermo “aggiornata” sulle scoperte che si andavano effettuando nel Regno. Al fine di arricchire le collezioni museali della locale Università, lotti cospicui di materiali originali furono inviati come doni regali: sculture, pitture, reperti mobili e calchi in gesso. Questi ultimi, in particolare, rappresentavano una sorta di antologia delle raccolte di scultura conservate nel Museo di Napoli, ma riproducevano soprattutto le più notevoli scoperte archeologiche del Regno delle Due Sicilie.