L’evoluzione dell’uomo è caratterizzata dai modi con cui le attività antropiche hanno trasformato l’ambiente sia nella sua dimensione epigea, cioè al di sopra del suolo, che in quella ipogea. In particolare, le “cavità artificiali” o “artefatte” assolvono a funzioni che sono la risposta ad esigenze umane molto diverse: dalla funzione abitativa o di riparo ai luoghi di culto (sepolture e santuari), dall’approvvigionamento di risorse (acqua e materiali) alle opere infrastrutturali per il transito ed il trasporto, dalle opere militari e belliche a quelle difensive in generale; in alcuni casi, due o più di queste funzioni possono coesistere in un medesimo momento storico, ovvero stratificarsi in sequenze temporali a volte molto distanti. Pertanto, l’esplorazione delle cavità artificiali richiede oltre le conoscenze speleologiche specifiche, uno studio multidisciplinare che comprende, oltre alle competenze scientifiche e tecniche richieste per la ricerca, lo studio e la documentazione delle cavità naturali (geologia, geomorfologia, topografia, ma anche biologia, fisica e chimica ambientale, ecc), anche quelle fornite da archeologi, antropologi, storici dell’arte e dell’architettura, tecnologi della costruzione storica, archivisti. È inoltre evidente l’opportunità di un approccio e di una visione sistemica al tema delle cavità artificiali: ogni singolo ipogeo deve essere collocato all’interno di un contesto ambientale, nel senso più ampio, che permetta di comprenderne meglio la funzione e, di conseguenza, di classificarlo e inquadrarlo dal punto di vista tipologico. Si chiarirà in seguito come una conoscenza approfondita ed il confronto con altre discipline sono una premessa indispensabile - anche per la nostra attività specificamente speleologica - per il riconoscimento, per la conseguente classificazione attraverso un’attribuzione tipologica (identificazione dell’artefatto attraverso l’individuazione dei caratteri ricorrenti di un “tipo”), per la tutela, per la conservazione e per una valorizzazione che, oggi più che mai, non può essere disgiunta dalla possibilità di fruizione del patrimonio ipogeo antropico.
Vinci, C., Sammataro, S. (2024). Cavità artificiali o antropiche. In U. Del Vecchio (a cura di), Speleologia (pp. 245-266). Milano : Club Alpino Italiano.
Cavità artificiali o antropiche
Vinci, Calogero
;Sammataro, Silvia
2024-01-01
Abstract
L’evoluzione dell’uomo è caratterizzata dai modi con cui le attività antropiche hanno trasformato l’ambiente sia nella sua dimensione epigea, cioè al di sopra del suolo, che in quella ipogea. In particolare, le “cavità artificiali” o “artefatte” assolvono a funzioni che sono la risposta ad esigenze umane molto diverse: dalla funzione abitativa o di riparo ai luoghi di culto (sepolture e santuari), dall’approvvigionamento di risorse (acqua e materiali) alle opere infrastrutturali per il transito ed il trasporto, dalle opere militari e belliche a quelle difensive in generale; in alcuni casi, due o più di queste funzioni possono coesistere in un medesimo momento storico, ovvero stratificarsi in sequenze temporali a volte molto distanti. Pertanto, l’esplorazione delle cavità artificiali richiede oltre le conoscenze speleologiche specifiche, uno studio multidisciplinare che comprende, oltre alle competenze scientifiche e tecniche richieste per la ricerca, lo studio e la documentazione delle cavità naturali (geologia, geomorfologia, topografia, ma anche biologia, fisica e chimica ambientale, ecc), anche quelle fornite da archeologi, antropologi, storici dell’arte e dell’architettura, tecnologi della costruzione storica, archivisti. È inoltre evidente l’opportunità di un approccio e di una visione sistemica al tema delle cavità artificiali: ogni singolo ipogeo deve essere collocato all’interno di un contesto ambientale, nel senso più ampio, che permetta di comprenderne meglio la funzione e, di conseguenza, di classificarlo e inquadrarlo dal punto di vista tipologico. Si chiarirà in seguito come una conoscenza approfondita ed il confronto con altre discipline sono una premessa indispensabile - anche per la nostra attività specificamente speleologica - per il riconoscimento, per la conseguente classificazione attraverso un’attribuzione tipologica (identificazione dell’artefatto attraverso l’individuazione dei caratteri ricorrenti di un “tipo”), per la tutela, per la conservazione e per una valorizzazione che, oggi più che mai, non può essere disgiunta dalla possibilità di fruizione del patrimonio ipogeo antropico.File | Dimensione | Formato | |
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