Le annesse carceri del Sant'Uffizio di Palermo, come altri spazi dell’enfermement di età moderna, furono privazione della libertà di movimento e di comunicazione. In questa situazione di costrizione e di sofferenza il gesto della scrittura era una delle poche possibilità di azione, una forma di libertà, di resistenza al tempo, alla paura degli interrogatori, della tortura, all’attesa e angoscia della sentenza, una deliberata volontà di organizzare e trasmettere la memoria di sé. Coloro che per istintiva «esigenza comunicativa» si sono appropriati di spazi non destinati alla scrittura, hanno condiviso la passione di lasciare tracce visibili della loro esistenza, vi hanno affidato le proprie “urla senza suono”, come le ha definite Leonardo Sciascia, frammenti di un colloquio con sé stessi ma anche con destinatari immaginari e con la comunità carceraria. Con quell’atto di comunicazione dal valore performativo hanno trasformato quel luogo in un documento/monumento per il suo significato memoriale e simbolico. Questi “graffiti” appartengono all’epidermide e alla storia stessa dell’edificio e del sito che li conserva, da qui il loro enorme valore di patrimonio storico e artistico.
rita foti (2023). Di la desiderata libertati: The Graffiti of the Palermitan Holy Office’s Secret Prisons. In C.K. . G. Cianciolo Cosentino (a cura di), Graffiti Art in Prison (pp. 18-28). This publication is a result of the project GAP- Graffiti Art in Prison, n. 2020-1-IT02-KA203-080009, funded by the European Union..
Di la desiderata libertati: The Graffiti of the Palermitan Holy Office’s Secret Prisons
rita foti
2023-01-01
Abstract
Le annesse carceri del Sant'Uffizio di Palermo, come altri spazi dell’enfermement di età moderna, furono privazione della libertà di movimento e di comunicazione. In questa situazione di costrizione e di sofferenza il gesto della scrittura era una delle poche possibilità di azione, una forma di libertà, di resistenza al tempo, alla paura degli interrogatori, della tortura, all’attesa e angoscia della sentenza, una deliberata volontà di organizzare e trasmettere la memoria di sé. Coloro che per istintiva «esigenza comunicativa» si sono appropriati di spazi non destinati alla scrittura, hanno condiviso la passione di lasciare tracce visibili della loro esistenza, vi hanno affidato le proprie “urla senza suono”, come le ha definite Leonardo Sciascia, frammenti di un colloquio con sé stessi ma anche con destinatari immaginari e con la comunità carceraria. Con quell’atto di comunicazione dal valore performativo hanno trasformato quel luogo in un documento/monumento per il suo significato memoriale e simbolico. Questi “graffiti” appartengono all’epidermide e alla storia stessa dell’edificio e del sito che li conserva, da qui il loro enorme valore di patrimonio storico e artistico.File | Dimensione | Formato | |
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