Il rovescio del workfare: trame di una governamentalità antimeridionalista Nella costruzione dell’idea di “Meridione”, possiamo scorgere il vocabolario stesso della colonialità (Conelli, 2022, p. 83). Se infatti non possiamo parlare di un vero e proprio regime coloniale, come vorrebbe una certa narrazione neoborbonica, il Meridione (che nasce come contraltare stesso all’idea di Italia, il suo “altro” interno) (Conelli, 2022, p. 96), esiste e si riproduce attraverso il vocabolario della colonialità. Questo ci risulta evidente nelle narrazioni storiche che emergono dagli archivi rispetto alle rivolte post-unitarie (Verri, 2007, p. 79) e in generale rispetto a una concezione di governo dei territori meridionali, declinata come problema di ordine pubblico. Nelle narrazioni ufficiali, possiamo trovare retoriche inferiorizzanti che spaziano fra una sorta di “africanizzazione” (Sicilia) e “barbarizzazione” (Napoli), in cui viene sottolineata la non-bianchezza e l’inciviltà come valori della soggettività meridionale (Conelli, 2022, p. 83). Tali processi discorsivi sono stati legittimati da forme di patologizzazione e medicalizzazione dell’antropologia positivista che, dalla tradizione lombrosiana, sono giunte alla loro piena espressione con Niceforo, il quale delineò la teoria razziale delle “due Italie” (Conelli, 2022, p. 90). La prospettiva decoloniale che ci viene restituita anche da Mezzadra e Amendola nel decostruire la narrazione stessa del “mancato sviluppo”, i quali ne svelano anche la funzione “governamentale” nella gestione dei territori marginali (Amendola, p. 52, 2014). Si tratta sicuramente di un punto di partenza nell’interpretazione dei nuovi conflitti che animano le nostre periferie e che stanno riemergendo prepotentemente in questi mesi come risposta alla crisi ecologica e sociale. Si definisce governamentalità “l’insieme costruito dalle istituzioni, procedure, analisi e riflessioni, calcoli e tattiche che permettono di esercitare questa forma molto specifica, sebbene molto complessa, di potere che ha per bersaglio la popolazione, per forma principale di sapere l’economia politica, per strumenti tecnici essenziali i dispositivi di sicurezza”. Quindi, il campo d’azione possibile dell’altro (Foucault, pp. 43-67, 2014). Partendo da questa definizione, potremmo rileggere la cancellazione del reddito di cittadinanza, l’autonomia differenziata, il decreto Caivano come tecniche per una rinnovata “governamentalità antimeridionalista”. Il compromesso geografico e politico che si riarticola con la nascita della Repubblica Italiana per governare la Questione Meridionale è stato il Welfare State. Questo fragile strumento è venuto meno con il progressivo smantellamento dello stesso nell’accoglimento della razionalità neoliberista e del workfare e ha comportato l’aumento delle disuguaglianze di classe ma anche territoriali: tra il 2008 e il 2018, la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno si è infatti più che dimezzata ed è passata da 21 a poco più di 10 miliardi, come rilevazione dell’Istat pubblicata nel 2021 sulla “Spesa sociale dei Comuni”, (riferita all’anno 2018) certifica: “La spesa per abitante è pari a 124 € (120 nel 2017) con differenze territoriali molto ampie: al Sud è di 58 €, meno della metà del resto del Paese e circa un terzo di quella del Nord-est (177 €).” Il dato che emerge è abbastanza evidente: un cittadino meridionale, quindi, riceve – in media – meno della metà dei servizi e delle prestazioni di un italiano residente nel Centro e nel Nord-ovest e circa un terzo rispetto a un abitante del Nord-est. Questo processo è stato acuito dallo smantellamento del Reddito di Cittadinanza, la cui funzione di workfare non era stata implementata, e dalla sua narrazione (legata a doppio filo con retoriche antimeridionali), e quindi il suo superamento con il cosiddetto “Assegno di Inclusione” che si pone come obiettivo “l’occupabilità” che in termini reali significa migrazione forzata da Sud verso Nord. Nell’eliminazione di uno degli ultimi frammenti del welfare generalista troviamo un aumento dell’esclusione socioeconomica, specie nei territori al margine dello Stato-nazione. La risposta politica è stata il ritorno a una visione disciplinare che vede la Questione Meridionale non come una questione sociale, bensì di ordine pubblico. Questo diventa evidente con il “Decreto Caivano”, il cui nome stesso lo collega alla narrazione di un cittadino di provincia meridionale da “civilizzare” tramite dispositivi disciplinari, che risponde alla crisi socioeconomica che sta investendo il Paese tutto, ma con più forza il Meridione, con aumento di pene, daspo urbani e criminalizzazione della povertà. Nella stessa costruzione dell’autonomia differenziata, la cui opposizione anche istituzionale viene repressa militarmente troviamo forse il presupposto della subalternità terrona: la congiunzione fra classismo e antimeridionalismo. In questa congiunzione troviamo l’intersezione con la questione di genere: in un paese dove i servizi essenziali sono ridotti ai minimi termini da neoliberismo e regionalizzazione, in cui i consultori, i CAV, gli asili e spazi dedicati alla comunità queer sempre meno presenti al di fuori delle grandi città, la famiglia nucleare ciseterosessuale non forse diventa l’erogatrice esclusiva di questi stessi servizi, rinforzando i ruoli di genere stessi? Reddito, territorio e genere sono quindi strettamente collegati e non possiamo leggere la complessità meridionale senza uno di questi sguardi. Questo paper vuole qui leggere le nuove leggi repressive e i processi di ristrutturazione economica attraverso uno sguardo meridiano, al fine di far emergere il legame strutturale fra classismo e antimeridionalismo, allo stesso tempo analizzando le implicazioni rispetto alla divisione sessuale del lavoro e l’esclusione sociale delle persoen LGBTQIA+. Per fare ciò, vorrei dapprima analizzare sociologicamente tre leggi in questione (Decreto Caivano, Assegno d’inclusione e Autonomia differenziata) per poi fare un’analisi del discorso rispetto alle narrazioni mediatiche e politiche che le sorreggono attraverso uno sguardo transfemminista. Infine, nelle conclusioni, vorrei proporre uno sguardo “meridionalista queer” che parta dal Meridione per rompere la retorica del sottosviluppo e quindi svelare il vocabolario “coloniale” (con tutte le implicazioni di genere del caso) che colloca la meridionalità certamente nel regime della bianchezza, ma al suo margine. E il margine, come insegna bell hooks, è uno spazio di possibilità. Bibliografia Amendola G., Petrusewicz et all, Briganti o emigranti: Sud e movimenti tra conricerca e studi subalterni, 2014, Ombre Corte Amendola G., Ma quale arretratezza... Quando il rifiuto del lavoro ruppe lo "sviluppo". In Gli autonomi. L'Autonomia operaia meridionale, Vol X, 2022, DeriveApprodi bell hooks, Elogio del margine, 2018, Tamu Borghi R., Decolonialità e privilegio. Pratiche femministe e critica al sistema-mondo, 2020. Meltemi Conelli C., Il Rovescio della nazione. La costruzione coloniale dell’idea di Mezzogiorno, 2022, Tamu Curcuruto D., Le coordinate del desiderio meridionalista queer: la rivolta contro il padre fra Sicilia e Catalogna, 2022 Foucault M., Poteri e strategie, 2014, Mimesis Foucault M., Sicurezza, territorio, popolazione, 1978, Feltrinelli Verri C., Il prefetto e il canonico nella rivolta palermitana del 1866, in Mediterranea, n. 9, 2007
Curcuruto (16-17/05/2024).Il rovescio del workfare : trame di una governamentalità antimeridionalista.
Il rovescio del workfare : trame di una governamentalità antimeridionalista
Curcuruto
Abstract
Il rovescio del workfare: trame di una governamentalità antimeridionalista Nella costruzione dell’idea di “Meridione”, possiamo scorgere il vocabolario stesso della colonialità (Conelli, 2022, p. 83). Se infatti non possiamo parlare di un vero e proprio regime coloniale, come vorrebbe una certa narrazione neoborbonica, il Meridione (che nasce come contraltare stesso all’idea di Italia, il suo “altro” interno) (Conelli, 2022, p. 96), esiste e si riproduce attraverso il vocabolario della colonialità. Questo ci risulta evidente nelle narrazioni storiche che emergono dagli archivi rispetto alle rivolte post-unitarie (Verri, 2007, p. 79) e in generale rispetto a una concezione di governo dei territori meridionali, declinata come problema di ordine pubblico. Nelle narrazioni ufficiali, possiamo trovare retoriche inferiorizzanti che spaziano fra una sorta di “africanizzazione” (Sicilia) e “barbarizzazione” (Napoli), in cui viene sottolineata la non-bianchezza e l’inciviltà come valori della soggettività meridionale (Conelli, 2022, p. 83). Tali processi discorsivi sono stati legittimati da forme di patologizzazione e medicalizzazione dell’antropologia positivista che, dalla tradizione lombrosiana, sono giunte alla loro piena espressione con Niceforo, il quale delineò la teoria razziale delle “due Italie” (Conelli, 2022, p. 90). La prospettiva decoloniale che ci viene restituita anche da Mezzadra e Amendola nel decostruire la narrazione stessa del “mancato sviluppo”, i quali ne svelano anche la funzione “governamentale” nella gestione dei territori marginali (Amendola, p. 52, 2014). Si tratta sicuramente di un punto di partenza nell’interpretazione dei nuovi conflitti che animano le nostre periferie e che stanno riemergendo prepotentemente in questi mesi come risposta alla crisi ecologica e sociale. Si definisce governamentalità “l’insieme costruito dalle istituzioni, procedure, analisi e riflessioni, calcoli e tattiche che permettono di esercitare questa forma molto specifica, sebbene molto complessa, di potere che ha per bersaglio la popolazione, per forma principale di sapere l’economia politica, per strumenti tecnici essenziali i dispositivi di sicurezza”. Quindi, il campo d’azione possibile dell’altro (Foucault, pp. 43-67, 2014). Partendo da questa definizione, potremmo rileggere la cancellazione del reddito di cittadinanza, l’autonomia differenziata, il decreto Caivano come tecniche per una rinnovata “governamentalità antimeridionalista”. Il compromesso geografico e politico che si riarticola con la nascita della Repubblica Italiana per governare la Questione Meridionale è stato il Welfare State. Questo fragile strumento è venuto meno con il progressivo smantellamento dello stesso nell’accoglimento della razionalità neoliberista e del workfare e ha comportato l’aumento delle disuguaglianze di classe ma anche territoriali: tra il 2008 e il 2018, la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno si è infatti più che dimezzata ed è passata da 21 a poco più di 10 miliardi, come rilevazione dell’Istat pubblicata nel 2021 sulla “Spesa sociale dei Comuni”, (riferita all’anno 2018) certifica: “La spesa per abitante è pari a 124 € (120 nel 2017) con differenze territoriali molto ampie: al Sud è di 58 €, meno della metà del resto del Paese e circa un terzo di quella del Nord-est (177 €).” Il dato che emerge è abbastanza evidente: un cittadino meridionale, quindi, riceve – in media – meno della metà dei servizi e delle prestazioni di un italiano residente nel Centro e nel Nord-ovest e circa un terzo rispetto a un abitante del Nord-est. Questo processo è stato acuito dallo smantellamento del Reddito di Cittadinanza, la cui funzione di workfare non era stata implementata, e dalla sua narrazione (legata a doppio filo con retoriche antimeridionali), e quindi il suo superamento con il cosiddetto “Assegno di Inclusione” che si pone come obiettivo “l’occupabilità” che in termini reali significa migrazione forzata da Sud verso Nord. Nell’eliminazione di uno degli ultimi frammenti del welfare generalista troviamo un aumento dell’esclusione socioeconomica, specie nei territori al margine dello Stato-nazione. La risposta politica è stata il ritorno a una visione disciplinare che vede la Questione Meridionale non come una questione sociale, bensì di ordine pubblico. Questo diventa evidente con il “Decreto Caivano”, il cui nome stesso lo collega alla narrazione di un cittadino di provincia meridionale da “civilizzare” tramite dispositivi disciplinari, che risponde alla crisi socioeconomica che sta investendo il Paese tutto, ma con più forza il Meridione, con aumento di pene, daspo urbani e criminalizzazione della povertà. Nella stessa costruzione dell’autonomia differenziata, la cui opposizione anche istituzionale viene repressa militarmente troviamo forse il presupposto della subalternità terrona: la congiunzione fra classismo e antimeridionalismo. In questa congiunzione troviamo l’intersezione con la questione di genere: in un paese dove i servizi essenziali sono ridotti ai minimi termini da neoliberismo e regionalizzazione, in cui i consultori, i CAV, gli asili e spazi dedicati alla comunità queer sempre meno presenti al di fuori delle grandi città, la famiglia nucleare ciseterosessuale non forse diventa l’erogatrice esclusiva di questi stessi servizi, rinforzando i ruoli di genere stessi? Reddito, territorio e genere sono quindi strettamente collegati e non possiamo leggere la complessità meridionale senza uno di questi sguardi. Questo paper vuole qui leggere le nuove leggi repressive e i processi di ristrutturazione economica attraverso uno sguardo meridiano, al fine di far emergere il legame strutturale fra classismo e antimeridionalismo, allo stesso tempo analizzando le implicazioni rispetto alla divisione sessuale del lavoro e l’esclusione sociale delle persoen LGBTQIA+. Per fare ciò, vorrei dapprima analizzare sociologicamente tre leggi in questione (Decreto Caivano, Assegno d’inclusione e Autonomia differenziata) per poi fare un’analisi del discorso rispetto alle narrazioni mediatiche e politiche che le sorreggono attraverso uno sguardo transfemminista. Infine, nelle conclusioni, vorrei proporre uno sguardo “meridionalista queer” che parta dal Meridione per rompere la retorica del sottosviluppo e quindi svelare il vocabolario “coloniale” (con tutte le implicazioni di genere del caso) che colloca la meridionalità certamente nel regime della bianchezza, ma al suo margine. E il margine, come insegna bell hooks, è uno spazio di possibilità. Bibliografia Amendola G., Petrusewicz et all, Briganti o emigranti: Sud e movimenti tra conricerca e studi subalterni, 2014, Ombre Corte Amendola G., Ma quale arretratezza... Quando il rifiuto del lavoro ruppe lo "sviluppo". In Gli autonomi. L'Autonomia operaia meridionale, Vol X, 2022, DeriveApprodi bell hooks, Elogio del margine, 2018, Tamu Borghi R., Decolonialità e privilegio. Pratiche femministe e critica al sistema-mondo, 2020. Meltemi Conelli C., Il Rovescio della nazione. La costruzione coloniale dell’idea di Mezzogiorno, 2022, Tamu Curcuruto D., Le coordinate del desiderio meridionalista queer: la rivolta contro il padre fra Sicilia e Catalogna, 2022 Foucault M., Poteri e strategie, 2014, Mimesis Foucault M., Sicurezza, territorio, popolazione, 1978, Feltrinelli Verri C., Il prefetto e il canonico nella rivolta palermitana del 1866, in Mediterranea, n. 9, 2007File | Dimensione | Formato | |
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