Riattingendo alla sua storia il Mediterraneo deve tornare un grande mercato di beni e servizi, idee e tensioni etiche, visioni politiche e ambizioni sociali. Un grande spazio in cui riconnettere in un grande progetto politico capitali reali capaci di alimentare un nuovo modello di futuro: il capitale territoriale delle qualità, culturale delle identità, umano delle capacità, sociale delle comunità, produttivo delle competitività e finanziario delle fiscalità. Il terreno siciliano deve essere arato con nuovi strumenti e seminato con sementi di qualità, protetto dai venti ma anche alimentato dalla volontà della speranza.Il 2011 è stato l’anno delle celebrazioni dell’Unità del Paese e, come si è potuto registrare nel corso delle manifestazioni che si sono succedute, è stata l’occasione per riflettere sullo stesso processo unitario ma, soprattutto, sulle ragioni per ricostruire e rafforzare il “patto costitutivo” di fronte alle spinte centrifughe – o peggio disgreganti – che segnano, talora artificialmente, la storia recente dello Stato, non sempre Nazione. L’occasione è favorevole per l’approfondimento dei motivi delle differenze di sviluppo ma anche per la ripresa di tematiche sulle quali la crisi complessiva del sistema Italia aveva messo la sordina. Di fronte all’agitata “questione settentrionale” è ritornata, con la drammaticità delle condizioni dei territori cui si riferisce, la storica “questione meridionale”. Un ritorno che potrà essere foriero di risultati a patto che venga depurato della retorica e non sia ridotto al consueto rivendicazionismo meridionale che prescinde dai contesti di responsabilità che vi devono stare a monte. Al vento gelido che proviene dalle Borse mondiali e al torrido scirocco che soffia dalle piazze arabe alcuni oppongono un contrasto che si limita ad erigere muri che ne blocchino la violenza e l’impeto, rinchiudendoci entro mura che rischiano di diventare i nostri mausolei. Noi invece abbiamo l’ambizione di ritenere che al vento si risponde con i “mulini” dello sviluppo, incanalandone l’energia in un progetto, sfruttandone l’impeto e regolandone l’intensità, ma soprattutto trasformandolo in forza motrice dello sviluppo locale. Uno sviluppo locale che accetti la sfida della globalizzazione democratica, che non crei recinti ma anche che non diluisca le identità in una indifferenziata omogeneità. Difendere i capitali territoriali e governare i capitali urbani sono le sfide per il Paese in un’ottica che guardi ai valori, alle nuove generazioni, alle sapienze consolidate e ai talenti in formazione. Dobbiamo vincere la sfida per alimentare i talenti dei giovani, per rafforzarne le competenze e soprattutto riattivare i “magneti dello sviluppo” che ne contrastino il drammatico esodo che depaupera il nostro paese. Occorre affrontare queste sfide non sottraendosi ad una proposta che non sia frutto di ideologie obsolete o di pregiudizi sterili. Il terreno del futuro della Sicilia deve essere arato con nuovi strumenti e seminato con sementi di qualità, protetto dai venti ma anche alimentato dalla volontà della speranza. Queste riflessioni intendono esortare i protagonisti di oggi e i leader di domani a declinare i temi proposti a partire dalle tesi, ad individuare le priorità, a definire le agende della politica, dell’economia e della società per rilanciare un “patto di futuro” per il Mediterraneo.
CARTA, M. (2012). Un "patto di futuro" per il Mediterraneo. SEGNO, 331, 9-16.
Un "patto di futuro" per il Mediterraneo
CARTA, Maurizio
2012-01-01
Abstract
Riattingendo alla sua storia il Mediterraneo deve tornare un grande mercato di beni e servizi, idee e tensioni etiche, visioni politiche e ambizioni sociali. Un grande spazio in cui riconnettere in un grande progetto politico capitali reali capaci di alimentare un nuovo modello di futuro: il capitale territoriale delle qualità, culturale delle identità, umano delle capacità, sociale delle comunità, produttivo delle competitività e finanziario delle fiscalità. Il terreno siciliano deve essere arato con nuovi strumenti e seminato con sementi di qualità, protetto dai venti ma anche alimentato dalla volontà della speranza.Il 2011 è stato l’anno delle celebrazioni dell’Unità del Paese e, come si è potuto registrare nel corso delle manifestazioni che si sono succedute, è stata l’occasione per riflettere sullo stesso processo unitario ma, soprattutto, sulle ragioni per ricostruire e rafforzare il “patto costitutivo” di fronte alle spinte centrifughe – o peggio disgreganti – che segnano, talora artificialmente, la storia recente dello Stato, non sempre Nazione. L’occasione è favorevole per l’approfondimento dei motivi delle differenze di sviluppo ma anche per la ripresa di tematiche sulle quali la crisi complessiva del sistema Italia aveva messo la sordina. Di fronte all’agitata “questione settentrionale” è ritornata, con la drammaticità delle condizioni dei territori cui si riferisce, la storica “questione meridionale”. Un ritorno che potrà essere foriero di risultati a patto che venga depurato della retorica e non sia ridotto al consueto rivendicazionismo meridionale che prescinde dai contesti di responsabilità che vi devono stare a monte. Al vento gelido che proviene dalle Borse mondiali e al torrido scirocco che soffia dalle piazze arabe alcuni oppongono un contrasto che si limita ad erigere muri che ne blocchino la violenza e l’impeto, rinchiudendoci entro mura che rischiano di diventare i nostri mausolei. Noi invece abbiamo l’ambizione di ritenere che al vento si risponde con i “mulini” dello sviluppo, incanalandone l’energia in un progetto, sfruttandone l’impeto e regolandone l’intensità, ma soprattutto trasformandolo in forza motrice dello sviluppo locale. Uno sviluppo locale che accetti la sfida della globalizzazione democratica, che non crei recinti ma anche che non diluisca le identità in una indifferenziata omogeneità. Difendere i capitali territoriali e governare i capitali urbani sono le sfide per il Paese in un’ottica che guardi ai valori, alle nuove generazioni, alle sapienze consolidate e ai talenti in formazione. Dobbiamo vincere la sfida per alimentare i talenti dei giovani, per rafforzarne le competenze e soprattutto riattivare i “magneti dello sviluppo” che ne contrastino il drammatico esodo che depaupera il nostro paese. Occorre affrontare queste sfide non sottraendosi ad una proposta che non sia frutto di ideologie obsolete o di pregiudizi sterili. Il terreno del futuro della Sicilia deve essere arato con nuovi strumenti e seminato con sementi di qualità, protetto dai venti ma anche alimentato dalla volontà della speranza. Queste riflessioni intendono esortare i protagonisti di oggi e i leader di domani a declinare i temi proposti a partire dalle tesi, ad individuare le priorità, a definire le agende della politica, dell’economia e della società per rilanciare un “patto di futuro” per il Mediterraneo.File | Dimensione | Formato | |
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