Al di là di inevitabili specificità legate a singoli contesti, i parchi naturali europei presentano un quadro sintomatico comune, riconducibile all'interazione di tre principali eziologie. Un primo problema è quello della notevole "parcellizzazione", amministrativa e gestionale, di aree sottoposte a vincoli di tutela non sempre omogenei e spesso affidate ad istituti diversi. Un secondo agente eziologico è quello dei "processi in atto", quale conseguenza dei rapidi cambiamenti socio-economici della nostra società. Come spesso accade, quando si devono compiere scelte gestionali, occorre stabilire delle priorità. Il terzo agente eziologico è legato proprio alla disparità di vedute tra chi propone, chi utilizza e chi gestisce le aree protette. Il rischio che ne deriva è quello di investire risorse per tutelare e perpetuare ciò che più ci piace, talvolta contrastando processi e dinamiche del tutto naturali, che tenderebbero a modificare la consistenza numerica e demografica delle specie più care all'uomo. Una volontà di protezione non mediata da una conoscenza approfondita e spassionata dell'ecosistema può essere molto pericolosa, perché facilmente può incorrere in errori o finire per assecondare soprattutto le istanze di chi guarda alla protezione della natura essenzialmente in chiave economico-produttiva. Pertanto, si ritiene che le risorse per la tutela della biodiversità andrebbero preliminarmente investite nella ricerca in campo ecologico e biosistematico, anche perché si è propensi ad attribuire maggior valore a ciò che si conosce. A pari merito con la ricerca, si ritiene essenziale investire risorse per una corretta divulgazione delle conoscenze scientifiche, al fine di indirizzare correttamente le istanze di coloro che nutrono nei confronti della natura un trasporto emotivo, non mediato dalla conoscenza. Soltanto in questo modo potranno essere progettati sistemi di gestione e strategie di marketing territoriale realmente focalizzati sulla protezione della natura, e non sulle preferenze o i sentimenti dell'uomo.

Guarino, R., Bazan, G., Marino, P. (2011). La sindrome delle aree protette. In Pignatti S. (a cura di), Aree Protette e Ricerca Scientifica (pp. 143-158). Pisa : ETS.

La sindrome delle aree protette

GUARINO, Riccardo;BAZAN, Giuseppe;MARINO, Pasquale
2011-01-01

Abstract

Al di là di inevitabili specificità legate a singoli contesti, i parchi naturali europei presentano un quadro sintomatico comune, riconducibile all'interazione di tre principali eziologie. Un primo problema è quello della notevole "parcellizzazione", amministrativa e gestionale, di aree sottoposte a vincoli di tutela non sempre omogenei e spesso affidate ad istituti diversi. Un secondo agente eziologico è quello dei "processi in atto", quale conseguenza dei rapidi cambiamenti socio-economici della nostra società. Come spesso accade, quando si devono compiere scelte gestionali, occorre stabilire delle priorità. Il terzo agente eziologico è legato proprio alla disparità di vedute tra chi propone, chi utilizza e chi gestisce le aree protette. Il rischio che ne deriva è quello di investire risorse per tutelare e perpetuare ciò che più ci piace, talvolta contrastando processi e dinamiche del tutto naturali, che tenderebbero a modificare la consistenza numerica e demografica delle specie più care all'uomo. Una volontà di protezione non mediata da una conoscenza approfondita e spassionata dell'ecosistema può essere molto pericolosa, perché facilmente può incorrere in errori o finire per assecondare soprattutto le istanze di chi guarda alla protezione della natura essenzialmente in chiave economico-produttiva. Pertanto, si ritiene che le risorse per la tutela della biodiversità andrebbero preliminarmente investite nella ricerca in campo ecologico e biosistematico, anche perché si è propensi ad attribuire maggior valore a ciò che si conosce. A pari merito con la ricerca, si ritiene essenziale investire risorse per una corretta divulgazione delle conoscenze scientifiche, al fine di indirizzare correttamente le istanze di coloro che nutrono nei confronti della natura un trasporto emotivo, non mediato dalla conoscenza. Soltanto in questo modo potranno essere progettati sistemi di gestione e strategie di marketing territoriale realmente focalizzati sulla protezione della natura, e non sulle preferenze o i sentimenti dell'uomo.
2011
Guarino, R., Bazan, G., Marino, P. (2011). La sindrome delle aree protette. In Pignatti S. (a cura di), Aree Protette e Ricerca Scientifica (pp. 143-158). Pisa : ETS.
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