L’importanza assunta dal delitto di abuso di ufficio a seguito della riforma dell’art. 323 c. p., attuata dalla legge 26 aprile 1990, n. 86, che ha fatto di tale fattispecie quasi il baricentro del sistema di reati posti a tutela della P. A., e la circostanza che alcune procure della Repubblica abbiano quasi “utilizzato” la elasticità dei contorni di questa nuova previsione normativa per esercitare un vero e proprio controllo sulla pubblica amministrazione, ha indotto il legislatore ad una ulteriore riforma dell’art. 323 (attuata dalla l. 16 luglio 1997, n. 234), dichiaratamente mirata ad escludere la rilevanza penale degli atti amministrativi viziati da eccesso di potere, allo scopo di evitare ingerenze del giudice penale nella discrezionalità amministrativa. In realtà, però, i problemi relativi alla ricostruzione interpretativa dell’abuso di ufficio non sono stati risolti dal nuovo requisito della “violazione di norme di legge o di regolamento”, poiché tra tali norme deve includersi l’art. 97 Cost. che, oltre a dettare principi organizzativi per la P.A., impone ai pubblici agenti, in nome della parità di trattamento di tutti i cittadini, di agire in vista delle finalità pubbliche e non per scopi privati: rimangono, dunque, penalmente rilevanti i comportamenti caratterizzati da sviamento del potere. Si suggerisce, pertanto, una ulteriore riforma dell’art. 323, che consenta al contempo una maggiore tassatività della fattispecie ed una più efficace repressione dei più gravi abusi dei pubblici agenti.

Parodi Giusino, M. (2009). Aspetti problematici della disciplina dell'abuso di ufficio in relazione all'eccesso di potere ed alla discrezionalità amministrativa. RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO PENALE DELL'ECONOMIA, Annata di rivista, 879-937.

Aspetti problematici della disciplina dell'abuso di ufficio in relazione all'eccesso di potere ed alla discrezionalità amministrativa

PARODI GIUSINO, Manfredi
2009-01-01

Abstract

L’importanza assunta dal delitto di abuso di ufficio a seguito della riforma dell’art. 323 c. p., attuata dalla legge 26 aprile 1990, n. 86, che ha fatto di tale fattispecie quasi il baricentro del sistema di reati posti a tutela della P. A., e la circostanza che alcune procure della Repubblica abbiano quasi “utilizzato” la elasticità dei contorni di questa nuova previsione normativa per esercitare un vero e proprio controllo sulla pubblica amministrazione, ha indotto il legislatore ad una ulteriore riforma dell’art. 323 (attuata dalla l. 16 luglio 1997, n. 234), dichiaratamente mirata ad escludere la rilevanza penale degli atti amministrativi viziati da eccesso di potere, allo scopo di evitare ingerenze del giudice penale nella discrezionalità amministrativa. In realtà, però, i problemi relativi alla ricostruzione interpretativa dell’abuso di ufficio non sono stati risolti dal nuovo requisito della “violazione di norme di legge o di regolamento”, poiché tra tali norme deve includersi l’art. 97 Cost. che, oltre a dettare principi organizzativi per la P.A., impone ai pubblici agenti, in nome della parità di trattamento di tutti i cittadini, di agire in vista delle finalità pubbliche e non per scopi privati: rimangono, dunque, penalmente rilevanti i comportamenti caratterizzati da sviamento del potere. Si suggerisce, pertanto, una ulteriore riforma dell’art. 323, che consenta al contempo una maggiore tassatività della fattispecie ed una più efficace repressione dei più gravi abusi dei pubblici agenti.
2009
Settore IUS/17 - Diritto Penale
Parodi Giusino, M. (2009). Aspetti problematici della disciplina dell'abuso di ufficio in relazione all'eccesso di potere ed alla discrezionalità amministrativa. RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO PENALE DELL'ECONOMIA, Annata di rivista, 879-937.
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