L'indebito conguaglio da parte del datore di lavoro di prestazioni da anticipare al lavoratore per conto dell'INPS. Prospettive de iure condito e de iure condendo

The purpose of this paper is to provide the specific criminal qualification of those fraudulent employers’ conducts which crucially involve social security contributions. In particular, the paper focuses on the false declaration, in the social security report, that sums by way of social security advances (e.g. sick pay, maternity leave, etc.) have been paid to the employee, to the effect of getting, from the Italian Social Security Institute, the adjustment of the amounts that are fictitiously included in the report – adjustment which aims at compensating the sums owed by the employer as social security contributions. The first section provides an overview of the Italian Supreme Court’s case law concerning this kind of conduct. Unfortunately, none of the solutions proposed by the Court seems reasonable, not even the one which has become more prominent in the last few years and which qualifies the mentioned conduct as the criminal offence of Undue perception of public funds (art. 316-ter Italian Criminal Code). Indeed, this solution extends the application of the provision too much, and so it infringes the prohibition of analogy in malam partem. After considering current legislative framework, I argue that the only viable solution is the application of art. 37 law n. 689 of 24 November 1981 (so-called crime of social security contributions fraud). Although the suggested solution is currently the only one fairly convincing, it is not entirely satisfactory from the point of view of criminal policy, since the provision referred to in art. 37 fails to consider the disvalue of the conduct in its entirety. The second and final part of the paper faces this crucial limit and presents some suggestions de iure condendo which could help overcome such a limit.

Il presente articolo si pone l’obiettivo di individuare la corretta qualificazione penalistica della condotta del datore di lavoro che, esponendo falsamente, nella denuncia previdenziale obbligatoria, di avere corrisposto al lavoratore somme a titolo di prestazioni anticipate per conto dell’INPS, come, ad esempio, le indennità di malattia e di maternità, gli assegni familiari, la cassa integrazione guadagni, effettui il conguaglio di tali importi, fittiziamente indicati, con quelli da lui dovuti a titolo di contributi previdenziali e assistenziali. Nella prima parte del lavoro, si illustrano criticamente i vari orientamenti espressi sul tema dalla Corte di Cassazione. Nessuna delle soluzioni prospettate dalla Suprema Corte appare condivisibile, neanche quella – consolidatasi negli ultimi anni – che riconduce il caso di specie alla previsione di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.). Essa, infatti, estende troppo l’ambito operativo del delitto di cui all’art. 316-ter c.p., fino a violare il divieto di analogia in malam partem. Alla luce del quadro normativo di riferimento, l’A. ritiene che l’unica opzione praticabile de iure condito sia ricorrere al delitto di cui all’art. 37 della l. n. 689/1981, ovvero all’omissione o falsità di registrazione o denuncia obbligatorie (c.d. frode previdenziale). La soluzione suggerita, seppur allo stato dell’arte appaia l’unica davvero persuasiva, tuttavia, non risulta del tutto soddisfacente sul piano politico-criminale, poiché la fattispecie menzionata non riesce a considerare per intero il disvalore della condotta che si annida nell’indebito conguaglio previdenziale di cui si tratta. Proprio per superare tale aspetto critico, nella parte finale di questo lavoro si prospettano alcune possibili soluzioni de iure condendo.