Ove si eccettui l’abbondante produzione italiana, tra i Paesi nei quali il fascino esercitato dalla spedizione dei Mille ha finito per dar vita ad una vera e propria ‘letteratura garibaldina’ la Francia resta il caso più emblematico. Garibaldi era stato seguito in Francia, già ben prima della spedizione in Sicilia, con una simpatia trasformatasi ben presto in entusiastica adesione al mito dell’uomo e delle sue imprese libertarie, sostenute da quegli ideali massonici che trovavano lontane e solide radici nella stessa cultura transalpina. Alla costruzione di quel mito aveva contribuito in modo determinante Alexandre Dumas; e nello scorrere degli anni la schiera degli entusiasti sostenitori si era infoltita con alcune delle figure più significative dell’epoca, primo fra tutti, com’è ben noto, quel Victor Hugo che intrattenne con l’eroe dei Due Mondi una scambievole e sincera amicizia, germogliata sui comuni ideali e sul comune impegno in difesa della libertà e del riscatto dei popoli. A ridosso della vittoriosa conquista del regno di Napoli, la figura di Garibaldi finisce poi per sedurre non pochi altri (la Sand, Karr, Taine, Flaubert), oltre a coloro che hanno dato vita ad una vera e propria ‘letteratura garibaldina francese’: Louise Colet, Eugène-Emmanuel Viollet-le-Duc, Émile-Louis Maison, Marc Monnier, Maxime Du Camp. Al perdurare dell’ormai avviato processo di mitizzazione avrebbero continuato a contribuire, inoltre, le testimonianze pubblicate da semplici combattenti transalpini o da giornalisti inviati al seguito delle truppe, la più nota delle quali resta, indubbiamente, quella di Philippe-Toussaint-Joseph Bourdon. Che il mito dell’Eroe dei Due Mondi sia stato in buona misura creato, del resto, dai giornali dell’epoca è da considerarsi, oggi, come un fatto ormai del tutto acclarato: il crescente diffondersi dell’istruzione popolare, l’industrializzazione della produzione a stampa e l’utilizzazione della fotografia diedero vita, anche con la figura di Garibaldi, a quella che potrebbe definirsi come una delle prime prove della moderna comunicazione di massa. A quella sorta di anticipazione dei moderni miti global la stampa periodica francese, e in special modo quella di orientamento radicale, aveva offerto un contributo davvero determinante. Conclusa l’impresa dei Mille, la partecipazione di Garibaldi alle vicende politiche della stessa Francia continuerà ad alimentare l’interesse che i Francesi nutrivano per lui. E ad un decennio di distanza dai fatti narrati dal Dumas, Jules Michelet, rifugiatosi a Firenze in seguito alla guerra franco-prussiana, vergherà una commossa pagina dedicata al condottiero italiano. Il lavoro consiste in alcune note di lettura incentrate su tre scritti che sono apparsi particolarmente significativi. Si tratta, nel rigoroso ordine cronologico di pubblicazione secondo il quale il lettore francese ebbe modo di documentarsi sull’impresa dei Mille, di testi che si improntano al modulo narrativo sospeso tra memoria e cronaca, e che sono stati vergati, rispettivamente, da Alexandre Dumas, Ulric de Fonvielle e Édouard Lockroy. Per quel che riguarda Dumas, si tratta de Les Garibaldiens, una sorta di taccuino sull’impresa dei Mille, ricostruita nel suo dipanarsi dal momento dell’imbarco a Quarto fino alla caduta di Napoli, amato-odiata capitale del Regno delle Due Sicilie. Il testo si presenta al lettore nella sua natura composita, tutto intessuto com’è nel costante intersecarsi di scrittura giornalistica e memorialistica, e pregno di una trasparente volontà di romanzare un momento storico del quale si è orgogliosi d’esser stati testimoni quando non, addirittura, protagonisti. Del secondo testo preso in esame, Souvenirs d’une Chemise Rouge, è autore Ulric de Fonvielle, militante repubblicano dichiarato che s’era esposto a più riprese contro Napoleone III, brillante giornalista e pittore non trascurabile, inviato come corrispondente in Sicilia dall’“Illustration”, che raggiunge le schiere garibaldine già nel mese di giugno del 1860. Anche il suo scritto, pur se pubblicato soltanto parzialmente, si presenta di grande interesse. Alla descrizione della generosa ospitalità che accoglie le truppe garibaldine a mano a mano che esse avanzano verso lo Stretto di Messina, fa spesso da contrappunto quella degli episodi relativi ai pericoli scampati e, ancor di più, quella della cruda realtà dei feriti e dei morti che, aleggiando sull’intera narrazione e testimoniando dell’umanissima pietas nutrita dallo scrittore anche nei confronti del nemico sembra costituirne il martellante e doloroso fil rouge. L’autore del terzo testo analizzato, L’île révoltée. Sicile en 1861, è Édouard-Étienne-Antoine Simon. Seguace di Renan e di Proudhon, acceso giornalista, militante socialista, pugnace esponente dell’ala radicale dello schieramento repubblicano, era anch’egli fra i più tenaci avversari di Napoleone III. Imbarcatosi a Marsiglia sulla goletta Emma del Dumas, resterà al suo fianco nel corso della campagna garibaldina. Le opere che ha lasciato sono profondamente intrise delle poetiche realistico-naturalistiche, l’accoglimento convinto delle quali è palesato dallo scrittore fin da questo suo primo scritto ispirato dall’esperienza effettuata in Sicilia al seguito di Garibaldi. Alcuni temi lievitano in superficie dai tre testi con una straordinaria consonanza, che giunge, financo a volte negli stessi toni adottati, a confermare al lettore la veridicità degli eventi narrati. L’intima adesione all’impresa, e una consimile acutezza di analisi nei confronti della realtà politico-sociale conosciuta nel corso della campagna in Sicilia, sono comprovate da altri temi che sembrano attraversare in consonanza tutti e tre i testi: l’ossessionante ricerca del cibo, ad esempio, quella vera e propria inesauribile fame che attanaglia, inseguendole ovunque, le truppe garibaldine. Ma si pensi, ancor di più, al fenomeno costituito dai numerosi religiosi che combatterono a fianco dei garibaldini e dei picciotti: un fenomeno che aveva suscitato, peraltro, una immediata e stupita ammirazione anche nella stampa quotidiana italiana dell’epoca. Oltre a tali temi sviluppati in modo consimile nelle pagine vergate dai tre scrittori, è dato di imbattersi anche in alcuni personaggi che, prendendo vita sotto la loro penna, vengono presentati al lettore, quasi in una sottaciuta gara di restituzione della memoria, con il tratteggio a tutto tondo della loro personalità. Dumas, Fonvielle e Lockroy, insieme a non pochi altri loro compatrioti che seguirono Garibaldi in Sicilia, hanno offerto, in definitiva, testimonianze preziose sull’impresa dei Mille, riuscendo a farsene, in qualche modo, anche gli storici. L’insistenza consimile adottata nel dedicare intere pagine all’uomo Garibaldi, ha assolto in loro, con buona probabilità, alla volontà di trasmetterne ai loro lettori le qualità umane e financo, talvolta, le stesse abitudini private. Quel che resta certo è che, con i loro testi, essi hanno contribuito non poco a diffondere il mito dell’uomo e della sua impresa. Non appare incongruo affermare, dunque, che l’impresa dei Mille trovò immediatamente proprio nei combattenti e nei cronisti francesi, prima ancora che in quelli italiani, la prima forma di ‘pubblicità’. La pubblicazione dei riflessi memorialistici di quegli scrittori francesi, che ritennero di doversi subito impegnare nella stesura di un bilancio ‘a caldo’ del significato storico-politico di quella nuova impresa di Garibaldi, precorse quasi sempre quella degli scritti dei componenti italiani del corpo di spedizione che aveva strappato ai Borbone il regno delle Due Sicilie. E se pur è vero che il fenomeno della ‘letteratura garibaldina’ italiana presenta qualità letterarie in generale più rilevanti rispetto a quelle offerte dai testi francesi, non meno lo è ch’esso sia stato, in ogni caso, cronologicamente posteriore, com’è facile rilevare scorrendo l’elenco degli scritti lasciati dai nostri ‘scrittori garibaldini’, un elenco che si apre con quell’Alberto Mario che consegnò ai torchi la propria lirica testimonianza soltanto un decennio dopo la conclusione della vittoriosa campagna condotta da Garibaldi in Sicilia. Un dato di fatto, questo, che appare di una certa rilevanza: in special modo quando si cerca di comprendere, per l’appunto, come abbia avuto origine il mito di Garibaldi, come esso sia stato a mano a mano plasmato e, ancor di più, come quel Mito abbia intrapreso ad aleggiare immediatamente sull’intero Continente europeo, incarnando, con spirito repubblicano e anticlericale e con tutto il portato salvifico di valori tirannicidi e umanitari, la Libertà o, almeno, la speranza di un riscatto sociale che vedesse gli umili riuscire ad opporsi finalmente agli oppressori.

SANTANGELO, G.S. (2011). Temi e personaggi della letteratura garibaldina francese: note di lettura. In J. Klaver, G. Morisco, G. Piccinini (a cura di), Garibaldi e gli ideali democratici internazionali (pp. 251-265). München : Martin Meidenbauer Verlagsbuchhandlung.

Temi e personaggi della letteratura garibaldina francese: note di lettura

SANTANGELO, Giovanni Saverio
2011-01-01

Abstract

Ove si eccettui l’abbondante produzione italiana, tra i Paesi nei quali il fascino esercitato dalla spedizione dei Mille ha finito per dar vita ad una vera e propria ‘letteratura garibaldina’ la Francia resta il caso più emblematico. Garibaldi era stato seguito in Francia, già ben prima della spedizione in Sicilia, con una simpatia trasformatasi ben presto in entusiastica adesione al mito dell’uomo e delle sue imprese libertarie, sostenute da quegli ideali massonici che trovavano lontane e solide radici nella stessa cultura transalpina. Alla costruzione di quel mito aveva contribuito in modo determinante Alexandre Dumas; e nello scorrere degli anni la schiera degli entusiasti sostenitori si era infoltita con alcune delle figure più significative dell’epoca, primo fra tutti, com’è ben noto, quel Victor Hugo che intrattenne con l’eroe dei Due Mondi una scambievole e sincera amicizia, germogliata sui comuni ideali e sul comune impegno in difesa della libertà e del riscatto dei popoli. A ridosso della vittoriosa conquista del regno di Napoli, la figura di Garibaldi finisce poi per sedurre non pochi altri (la Sand, Karr, Taine, Flaubert), oltre a coloro che hanno dato vita ad una vera e propria ‘letteratura garibaldina francese’: Louise Colet, Eugène-Emmanuel Viollet-le-Duc, Émile-Louis Maison, Marc Monnier, Maxime Du Camp. Al perdurare dell’ormai avviato processo di mitizzazione avrebbero continuato a contribuire, inoltre, le testimonianze pubblicate da semplici combattenti transalpini o da giornalisti inviati al seguito delle truppe, la più nota delle quali resta, indubbiamente, quella di Philippe-Toussaint-Joseph Bourdon. Che il mito dell’Eroe dei Due Mondi sia stato in buona misura creato, del resto, dai giornali dell’epoca è da considerarsi, oggi, come un fatto ormai del tutto acclarato: il crescente diffondersi dell’istruzione popolare, l’industrializzazione della produzione a stampa e l’utilizzazione della fotografia diedero vita, anche con la figura di Garibaldi, a quella che potrebbe definirsi come una delle prime prove della moderna comunicazione di massa. A quella sorta di anticipazione dei moderni miti global la stampa periodica francese, e in special modo quella di orientamento radicale, aveva offerto un contributo davvero determinante. Conclusa l’impresa dei Mille, la partecipazione di Garibaldi alle vicende politiche della stessa Francia continuerà ad alimentare l’interesse che i Francesi nutrivano per lui. E ad un decennio di distanza dai fatti narrati dal Dumas, Jules Michelet, rifugiatosi a Firenze in seguito alla guerra franco-prussiana, vergherà una commossa pagina dedicata al condottiero italiano. Il lavoro consiste in alcune note di lettura incentrate su tre scritti che sono apparsi particolarmente significativi. Si tratta, nel rigoroso ordine cronologico di pubblicazione secondo il quale il lettore francese ebbe modo di documentarsi sull’impresa dei Mille, di testi che si improntano al modulo narrativo sospeso tra memoria e cronaca, e che sono stati vergati, rispettivamente, da Alexandre Dumas, Ulric de Fonvielle e Édouard Lockroy. Per quel che riguarda Dumas, si tratta de Les Garibaldiens, una sorta di taccuino sull’impresa dei Mille, ricostruita nel suo dipanarsi dal momento dell’imbarco a Quarto fino alla caduta di Napoli, amato-odiata capitale del Regno delle Due Sicilie. Il testo si presenta al lettore nella sua natura composita, tutto intessuto com’è nel costante intersecarsi di scrittura giornalistica e memorialistica, e pregno di una trasparente volontà di romanzare un momento storico del quale si è orgogliosi d’esser stati testimoni quando non, addirittura, protagonisti. Del secondo testo preso in esame, Souvenirs d’une Chemise Rouge, è autore Ulric de Fonvielle, militante repubblicano dichiarato che s’era esposto a più riprese contro Napoleone III, brillante giornalista e pittore non trascurabile, inviato come corrispondente in Sicilia dall’“Illustration”, che raggiunge le schiere garibaldine già nel mese di giugno del 1860. Anche il suo scritto, pur se pubblicato soltanto parzialmente, si presenta di grande interesse. Alla descrizione della generosa ospitalità che accoglie le truppe garibaldine a mano a mano che esse avanzano verso lo Stretto di Messina, fa spesso da contrappunto quella degli episodi relativi ai pericoli scampati e, ancor di più, quella della cruda realtà dei feriti e dei morti che, aleggiando sull’intera narrazione e testimoniando dell’umanissima pietas nutrita dallo scrittore anche nei confronti del nemico sembra costituirne il martellante e doloroso fil rouge. L’autore del terzo testo analizzato, L’île révoltée. Sicile en 1861, è Édouard-Étienne-Antoine Simon. Seguace di Renan e di Proudhon, acceso giornalista, militante socialista, pugnace esponente dell’ala radicale dello schieramento repubblicano, era anch’egli fra i più tenaci avversari di Napoleone III. Imbarcatosi a Marsiglia sulla goletta Emma del Dumas, resterà al suo fianco nel corso della campagna garibaldina. Le opere che ha lasciato sono profondamente intrise delle poetiche realistico-naturalistiche, l’accoglimento convinto delle quali è palesato dallo scrittore fin da questo suo primo scritto ispirato dall’esperienza effettuata in Sicilia al seguito di Garibaldi. Alcuni temi lievitano in superficie dai tre testi con una straordinaria consonanza, che giunge, financo a volte negli stessi toni adottati, a confermare al lettore la veridicità degli eventi narrati. L’intima adesione all’impresa, e una consimile acutezza di analisi nei confronti della realtà politico-sociale conosciuta nel corso della campagna in Sicilia, sono comprovate da altri temi che sembrano attraversare in consonanza tutti e tre i testi: l’ossessionante ricerca del cibo, ad esempio, quella vera e propria inesauribile fame che attanaglia, inseguendole ovunque, le truppe garibaldine. Ma si pensi, ancor di più, al fenomeno costituito dai numerosi religiosi che combatterono a fianco dei garibaldini e dei picciotti: un fenomeno che aveva suscitato, peraltro, una immediata e stupita ammirazione anche nella stampa quotidiana italiana dell’epoca. Oltre a tali temi sviluppati in modo consimile nelle pagine vergate dai tre scrittori, è dato di imbattersi anche in alcuni personaggi che, prendendo vita sotto la loro penna, vengono presentati al lettore, quasi in una sottaciuta gara di restituzione della memoria, con il tratteggio a tutto tondo della loro personalità. Dumas, Fonvielle e Lockroy, insieme a non pochi altri loro compatrioti che seguirono Garibaldi in Sicilia, hanno offerto, in definitiva, testimonianze preziose sull’impresa dei Mille, riuscendo a farsene, in qualche modo, anche gli storici. L’insistenza consimile adottata nel dedicare intere pagine all’uomo Garibaldi, ha assolto in loro, con buona probabilità, alla volontà di trasmetterne ai loro lettori le qualità umane e financo, talvolta, le stesse abitudini private. Quel che resta certo è che, con i loro testi, essi hanno contribuito non poco a diffondere il mito dell’uomo e della sua impresa. Non appare incongruo affermare, dunque, che l’impresa dei Mille trovò immediatamente proprio nei combattenti e nei cronisti francesi, prima ancora che in quelli italiani, la prima forma di ‘pubblicità’. La pubblicazione dei riflessi memorialistici di quegli scrittori francesi, che ritennero di doversi subito impegnare nella stesura di un bilancio ‘a caldo’ del significato storico-politico di quella nuova impresa di Garibaldi, precorse quasi sempre quella degli scritti dei componenti italiani del corpo di spedizione che aveva strappato ai Borbone il regno delle Due Sicilie. E se pur è vero che il fenomeno della ‘letteratura garibaldina’ italiana presenta qualità letterarie in generale più rilevanti rispetto a quelle offerte dai testi francesi, non meno lo è ch’esso sia stato, in ogni caso, cronologicamente posteriore, com’è facile rilevare scorrendo l’elenco degli scritti lasciati dai nostri ‘scrittori garibaldini’, un elenco che si apre con quell’Alberto Mario che consegnò ai torchi la propria lirica testimonianza soltanto un decennio dopo la conclusione della vittoriosa campagna condotta da Garibaldi in Sicilia. Un dato di fatto, questo, che appare di una certa rilevanza: in special modo quando si cerca di comprendere, per l’appunto, come abbia avuto origine il mito di Garibaldi, come esso sia stato a mano a mano plasmato e, ancor di più, come quel Mito abbia intrapreso ad aleggiare immediatamente sull’intero Continente europeo, incarnando, con spirito repubblicano e anticlericale e con tutto il portato salvifico di valori tirannicidi e umanitari, la Libertà o, almeno, la speranza di un riscatto sociale che vedesse gli umili riuscire ad opporsi finalmente agli oppressori.
2011
Settore L-FIL-LET/14 - Critica Letteraria E Letterature Comparate
SANTANGELO, G.S. (2011). Temi e personaggi della letteratura garibaldina francese: note di lettura. In J. Klaver, G. Morisco, G. Piccinini (a cura di), Garibaldi e gli ideali democratici internazionali (pp. 251-265). München : Martin Meidenbauer Verlagsbuchhandlung.
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