La pianificazione strategica in molte delle pratiche attuali, soprattutto nel Mezzogiorno, ha assunto forme manieriste e rituali piuttosto che continuare a sperimentare e declinare nei contesti locali i suoi aspetti innovativi, propulsivi, selettivi e negoziali. Ha innalzato agli altari un proceduralismo che rasenta il velleitarismo, una partecipazione che annega nella demagogia, un allontanamento dell’orizzonte temporale che nasconde il rifiuto della responsabilità. In questo processo di mutazione della pianificazione strategica verso il dogma si sono persi anche la carica volontaristica e l’orizzonte ambizioso dei soggetti pubblici e privati, che addirittura costruivano insieme il tavolo a cui sedere per negoziare gli obiettivi e forgiavano gli strumenti necessari alle azioni di sviluppo. Oggi si preferisce, invece, aderire acriticamente alle opportunità offerte dal finanziamento europeo, statale o regionale per la redazione dei piani strategici, nonché della disponibilità dei fondi strutturali per la loro attuazione, parziale, di corto orizzonte, molto conformista e poco dinamica, sempre più spesso smaterializzata. Naturalmente le patologie riscontrabili nei piani strategici del Mezzogiorno non possono e non devono nascondere la forza moltiplicatrice del metodo e del processo, a patto che se ne conservi la ragione generatrice, la filosofia procedurale e, soprattutto, la finalità territoriale e la dimensione spaziale.
CARTA, M. (2010). Piani strategici 2.0 per un Mezzogiorno propulsivo. In I. Vinci (a cura di), Pianificazione strategica in contesti fragili (pp. 133-142). Firenze : Alinea.
Piani strategici 2.0 per un Mezzogiorno propulsivo
CARTA, Maurizio
2010-01-01
Abstract
La pianificazione strategica in molte delle pratiche attuali, soprattutto nel Mezzogiorno, ha assunto forme manieriste e rituali piuttosto che continuare a sperimentare e declinare nei contesti locali i suoi aspetti innovativi, propulsivi, selettivi e negoziali. Ha innalzato agli altari un proceduralismo che rasenta il velleitarismo, una partecipazione che annega nella demagogia, un allontanamento dell’orizzonte temporale che nasconde il rifiuto della responsabilità. In questo processo di mutazione della pianificazione strategica verso il dogma si sono persi anche la carica volontaristica e l’orizzonte ambizioso dei soggetti pubblici e privati, che addirittura costruivano insieme il tavolo a cui sedere per negoziare gli obiettivi e forgiavano gli strumenti necessari alle azioni di sviluppo. Oggi si preferisce, invece, aderire acriticamente alle opportunità offerte dal finanziamento europeo, statale o regionale per la redazione dei piani strategici, nonché della disponibilità dei fondi strutturali per la loro attuazione, parziale, di corto orizzonte, molto conformista e poco dinamica, sempre più spesso smaterializzata. Naturalmente le patologie riscontrabili nei piani strategici del Mezzogiorno non possono e non devono nascondere la forza moltiplicatrice del metodo e del processo, a patto che se ne conservi la ragione generatrice, la filosofia procedurale e, soprattutto, la finalità territoriale e la dimensione spaziale.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
204 Piani strategici 2.0 (Alinea).pdf
Solo gestori archvio
Dimensione
471.98 kB
Formato
Adobe PDF
|
471.98 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.