Le tre grandi novità che hanno interessato la responsabilità contrattuale nell’ultimo ventennio, e cioè la “contrattualizzazione” della responsabilità medica (1999), l’inversione dell’onere di prova (dell’inadempimento e soprattutto) dell’inesatto adempimento (2001), e l’abbandono esplicito della categoria delle “obbligazioni di mezzi” (2008), restituiscono un sistema incoerente ed eccessivamente rigido. Il nuovo assetto conseguente allo spostamento della responsabilità medica verso la responsabilità contrattuale (1999) – in cui è comunque ancora il paziente, creditore di una prestazione di mezzi, a dover provare la colpa, tranne che nelle prestazioni routinarie – ha infatti retto sino al tempo in cui in quest’ultimo ambito, quello contrattuale, albergavano ancora le obbligazioni di mezzi e la relativa disciplina sostanzialmente aquiliana in punto di favor debitoris (è il creditore-danneggiato a dover provare la colpa). Quando, però, qualche anno più tardi, la giurisprudenza ha abbandonato quella distinzione – potrebbe dirsi, prima sul piano processuale (2001) e poi sostanziale (2008) – i nodi sono venuti al pettine: il medico, che aveva già indossato malvolentieri il “camice” contrattuale, non ha infatti retto la severità di un regime - in cui è sempre il debitore a dover provare l’assenza di colpa – tradizionalmente poco congeniale alle obbligazioni professionali, con la conseguenza che legislatore (2017) e giurisprudenza – come era forse prevedibile20 – hanno dovuto venirgli in soccorso, (ri)qualificando la fattispecie in senso extracontrattuale e sgravandolo dell’onere della prova del nesso di causalità.
plaia (2022). Per una responsabilità medica razionalmente credibile. In G. Passagnoli, F. Addis, G. Capaldo, A. Rizzi, S. Orlando (a cura di), Liber Amicorum per Giuseppe Vettori (pp. 3419-3433). personaemercato.
Per una responsabilità medica razionalmente credibile
plaia
2022-01-01
Abstract
Le tre grandi novità che hanno interessato la responsabilità contrattuale nell’ultimo ventennio, e cioè la “contrattualizzazione” della responsabilità medica (1999), l’inversione dell’onere di prova (dell’inadempimento e soprattutto) dell’inesatto adempimento (2001), e l’abbandono esplicito della categoria delle “obbligazioni di mezzi” (2008), restituiscono un sistema incoerente ed eccessivamente rigido. Il nuovo assetto conseguente allo spostamento della responsabilità medica verso la responsabilità contrattuale (1999) – in cui è comunque ancora il paziente, creditore di una prestazione di mezzi, a dover provare la colpa, tranne che nelle prestazioni routinarie – ha infatti retto sino al tempo in cui in quest’ultimo ambito, quello contrattuale, albergavano ancora le obbligazioni di mezzi e la relativa disciplina sostanzialmente aquiliana in punto di favor debitoris (è il creditore-danneggiato a dover provare la colpa). Quando, però, qualche anno più tardi, la giurisprudenza ha abbandonato quella distinzione – potrebbe dirsi, prima sul piano processuale (2001) e poi sostanziale (2008) – i nodi sono venuti al pettine: il medico, che aveva già indossato malvolentieri il “camice” contrattuale, non ha infatti retto la severità di un regime - in cui è sempre il debitore a dover provare l’assenza di colpa – tradizionalmente poco congeniale alle obbligazioni professionali, con la conseguenza che legislatore (2017) e giurisprudenza – come era forse prevedibile20 – hanno dovuto venirgli in soccorso, (ri)qualificando la fattispecie in senso extracontrattuale e sgravandolo dell’onere della prova del nesso di causalità.File | Dimensione | Formato | |
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