Il vistoso cambiamento di paradigma pedagogico, registrato negli ultimi anni in Italia, ha visto il passaggio dal concetto di integrazione al costrutto più complesso di inclusione, secondo cui non è richiesto tanto l’adattamento del soggetto disabile al contesto scolastico, bensì il contrario. Secondo Gardou (2015), la categoria di “accessibilità” costituisce l’assioma di ogni pratica inclusiva e includere equivale a rendere possibile a tutti l’accesso alla formazione, alla vita sociale, culturale e civile rispettando i bisogni particolari di ciascuno. A ciò si aggiunga che «[…] è doveroso e necessario capire come favorire le “integrazioni” nella classe […] ogni singolo ragazzo porta specifici bisogni che devono essere riconosciuti, accettati e ai quali occorre rispondere» (d’Alonzo 2008, p. 18). D’Alonzo parla, dunque, di “integrazioni” perché all’interno di una classe non bisogna integrare soltanto il singolo, ma l’intero gruppo che deve accogliere l’altro e, dall’altro, lasciarsi modificare. La Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 sugli Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica (e successiva C.M .n. 8 6/3/2013) ha ridefinito e ampliato il tradizionale approccio all’integrazione scolastica verso un’idea di gestione dell’inclusione a scuola non come fatto sporadico, ma come habitus e stile pedagogico. La scuola va ripensata come comunità capace di accogliere tutti, nessuno escluso, promuovendo la persona nella sua interezza e garantendo agli insegnanti una adeguata formazione all’inclusione che sia trasversale tanto alla complessa congerie dei bisogni educativi speciali quanto ai campi esperienziali, alle discipline, alle educazioni. Viene ribadita con maggiore determinazione la necessità di adottare una ‘didattica inclusiva’ in grado di rispondere all’ampio spettro di bisogni educativi speciali valorizzando tratti e dimensioni della persona talvolta soffocati dalla scolarizzazione: pensiero creativo, percezione sensoriale, espressione corporeo-cinestetica.

compagno giuseppa (2017). Prassi teatrale e didattica inclusiva: una prospettiva di intervento formativo. In S. Ulivieri (a cura di), Le emergenze educative della società contemporanea. Progetti e proposte per il cambiamento (pp. 1015-1020).

Prassi teatrale e didattica inclusiva: una prospettiva di intervento formativo

compagno giuseppa
2017-01-01

Abstract

Il vistoso cambiamento di paradigma pedagogico, registrato negli ultimi anni in Italia, ha visto il passaggio dal concetto di integrazione al costrutto più complesso di inclusione, secondo cui non è richiesto tanto l’adattamento del soggetto disabile al contesto scolastico, bensì il contrario. Secondo Gardou (2015), la categoria di “accessibilità” costituisce l’assioma di ogni pratica inclusiva e includere equivale a rendere possibile a tutti l’accesso alla formazione, alla vita sociale, culturale e civile rispettando i bisogni particolari di ciascuno. A ciò si aggiunga che «[…] è doveroso e necessario capire come favorire le “integrazioni” nella classe […] ogni singolo ragazzo porta specifici bisogni che devono essere riconosciuti, accettati e ai quali occorre rispondere» (d’Alonzo 2008, p. 18). D’Alonzo parla, dunque, di “integrazioni” perché all’interno di una classe non bisogna integrare soltanto il singolo, ma l’intero gruppo che deve accogliere l’altro e, dall’altro, lasciarsi modificare. La Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 sugli Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica (e successiva C.M .n. 8 6/3/2013) ha ridefinito e ampliato il tradizionale approccio all’integrazione scolastica verso un’idea di gestione dell’inclusione a scuola non come fatto sporadico, ma come habitus e stile pedagogico. La scuola va ripensata come comunità capace di accogliere tutti, nessuno escluso, promuovendo la persona nella sua interezza e garantendo agli insegnanti una adeguata formazione all’inclusione che sia trasversale tanto alla complessa congerie dei bisogni educativi speciali quanto ai campi esperienziali, alle discipline, alle educazioni. Viene ribadita con maggiore determinazione la necessità di adottare una ‘didattica inclusiva’ in grado di rispondere all’ampio spettro di bisogni educativi speciali valorizzando tratti e dimensioni della persona talvolta soffocati dalla scolarizzazione: pensiero creativo, percezione sensoriale, espressione corporeo-cinestetica.
2017
compagno giuseppa (2017). Prassi teatrale e didattica inclusiva: una prospettiva di intervento formativo. In S. Ulivieri (a cura di), Le emergenze educative della società contemporanea. Progetti e proposte per il cambiamento (pp. 1015-1020).
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