L’Italia da circa quarant’anni è meta di flussi migratori provenienti dai sud del mondo e in questo arco di tempo il fenomeno è mutato per consistenza, caratteristiche e processi, come documentato da dati e ricerche; altresì, sono emerse varie problematiche per dinamiche socio–economiche e politiche più ampie. Fattori tutti che hanno interagito con l’evolversi della normativa in materia, l’inserimento a livello locale dei migranti, le percezioni e le relazioni tra persone e gruppi, nativi e non. Al 2010, dal dato statistico emerge la presenza di molte comunità, molte dell’est Europa e la prevalenza della componente femminile su quella maschile: nel complesso una popolazione di circa 5 milioni di stranieri, senza tenere conto degli “invisibili” (irregolari, clandestini). La presenza degli immigrata non solo è aumenta ma è cambiata, assumendo i caratteri di immigrazione di popolamento. Si è dunque di fronte a una situazione che richiede inclusione sociale e non solo in ambito lavorativo, ma in molti casi la condizione dell’immigrato rimane a rischio di stigmatizzazione (e di soprusi). Dagli anni Novanta vengono emanate leggi organiche, al posto di precedenti norme di regolarizzazione dei lavoratori stranieri presenti (sanatorie). Una ricognizione delle principali leggi sull’immigrazione, a partire dal 1986 fino alle ultime disposizioni della fine del decennio 2000-2010, evidenzia come alcune di esse si possano collocare sull’asse di una politica di inclusione sociale o, viceversa, su quello dell’esclusione, e il ruolo e i compiti attribuiti a regioni ed enti locali, attori centrali nell’organizzazione ed erogazione dei servizi, attenti a necessità specifiche e alla loro gestione nel territorio. Di fronte a flussi che appaiono incontrollabili e ai timori diffusi nei nativi, i governi tendono a comunicare certezze, ancor più in momenti difficili come quelli attuali, in cui la disoccupazione e la riduzione dell’accesso ai diritti sociali fondamentali fa apparire gli immigrati come concorrenti ai quali, in quanto stranieri, non si ritiene vadano riconosciuti gli stessi diritti degli autoctoni. Si concentra cioè sugli immigrati l’attenzione e l’ostilità dei cittadini, per distoglierla da altre questioni di grande rilievo. Nel contempo, si è sviluppato un dibattito sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione, cioè sulle politiche “per” gli immigrati. Infatti, chi ha deciso di stabilirsi in Italia rivendica diritti civili ma anche politici a livello della vita pubblica locale. In altri termini, si chiede una “cittadinanza multiculturale”, che non vuol dire condivisione degli stessi orientamenti culturali e delle stesse tradizioni pur condividendo le stesse istituzioni politiche fondamentali, ma si fonda sul mutuo riconoscimento e rispetto delle diversità. Tuttavia, una strategia d’inclusione subordinata, cioè nel sistema produttivo ma non nella piena cittadinanza, genera conflitti etnici. Bisogna dunque individuare su quali criteri fondare le garanzie affinché tutti i cittadini, autoctoni e non, possano godere dei diritti di cittadinanza, fornendo condizioni che stimolino la partecipazione e dalle quali il processo d’integrazione possa venire promosso.

Giordano, F. (2010). L'immigrazione in Italia fra norme e realtà. In M. Mannoia, M.A. Pirrone (a cura di), Il razzismo in Italia. Società, istituzioni e media (pp. 47-83). Roma : Aracne.

L'immigrazione in Italia fra norme e realtà

GIORDANO, Francesca
2010-01-01

Abstract

L’Italia da circa quarant’anni è meta di flussi migratori provenienti dai sud del mondo e in questo arco di tempo il fenomeno è mutato per consistenza, caratteristiche e processi, come documentato da dati e ricerche; altresì, sono emerse varie problematiche per dinamiche socio–economiche e politiche più ampie. Fattori tutti che hanno interagito con l’evolversi della normativa in materia, l’inserimento a livello locale dei migranti, le percezioni e le relazioni tra persone e gruppi, nativi e non. Al 2010, dal dato statistico emerge la presenza di molte comunità, molte dell’est Europa e la prevalenza della componente femminile su quella maschile: nel complesso una popolazione di circa 5 milioni di stranieri, senza tenere conto degli “invisibili” (irregolari, clandestini). La presenza degli immigrata non solo è aumenta ma è cambiata, assumendo i caratteri di immigrazione di popolamento. Si è dunque di fronte a una situazione che richiede inclusione sociale e non solo in ambito lavorativo, ma in molti casi la condizione dell’immigrato rimane a rischio di stigmatizzazione (e di soprusi). Dagli anni Novanta vengono emanate leggi organiche, al posto di precedenti norme di regolarizzazione dei lavoratori stranieri presenti (sanatorie). Una ricognizione delle principali leggi sull’immigrazione, a partire dal 1986 fino alle ultime disposizioni della fine del decennio 2000-2010, evidenzia come alcune di esse si possano collocare sull’asse di una politica di inclusione sociale o, viceversa, su quello dell’esclusione, e il ruolo e i compiti attribuiti a regioni ed enti locali, attori centrali nell’organizzazione ed erogazione dei servizi, attenti a necessità specifiche e alla loro gestione nel territorio. Di fronte a flussi che appaiono incontrollabili e ai timori diffusi nei nativi, i governi tendono a comunicare certezze, ancor più in momenti difficili come quelli attuali, in cui la disoccupazione e la riduzione dell’accesso ai diritti sociali fondamentali fa apparire gli immigrati come concorrenti ai quali, in quanto stranieri, non si ritiene vadano riconosciuti gli stessi diritti degli autoctoni. Si concentra cioè sugli immigrati l’attenzione e l’ostilità dei cittadini, per distoglierla da altre questioni di grande rilievo. Nel contempo, si è sviluppato un dibattito sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione, cioè sulle politiche “per” gli immigrati. Infatti, chi ha deciso di stabilirsi in Italia rivendica diritti civili ma anche politici a livello della vita pubblica locale. In altri termini, si chiede una “cittadinanza multiculturale”, che non vuol dire condivisione degli stessi orientamenti culturali e delle stesse tradizioni pur condividendo le stesse istituzioni politiche fondamentali, ma si fonda sul mutuo riconoscimento e rispetto delle diversità. Tuttavia, una strategia d’inclusione subordinata, cioè nel sistema produttivo ma non nella piena cittadinanza, genera conflitti etnici. Bisogna dunque individuare su quali criteri fondare le garanzie affinché tutti i cittadini, autoctoni e non, possano godere dei diritti di cittadinanza, fornendo condizioni che stimolino la partecipazione e dalle quali il processo d’integrazione possa venire promosso.
2010
Settore SPS/08 - Sociologia Dei Processi Culturali E Comunicativi
Giordano, F. (2010). L'immigrazione in Italia fra norme e realtà. In M. Mannoia, M.A. Pirrone (a cura di), Il razzismo in Italia. Società, istituzioni e media (pp. 47-83). Roma : Aracne.
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