Segmentato in cicli formalmente eterogenei, e però omologabili in base al comune denominatore della facies mediterranea, il filone delle architetture costruite negli anni Trenta dagli italiani a Tunisi, a Biserta, a Sousse, a Sfax e a Ferryville si mostra, dunque, principalmente tributario dei modi Déco della costa meridionale della Francia (con apprezzabili riferimenti all’edilizia coeva di Marsiglia e di Nizza). Succede pure che questo generale orientamento, limitatamente ad una ridotta aliquota di esempi di architetture ideate con maggiore respiro culturale, possa contemplare mediazioni con le espressioni più innovative di quella modernità accademizzante che nella Parigi di quegli anni andava assumendo il ruolo di tendenza di prestigio, con la quale si voleva identificare la parte più colta e avveduta di quella buona società alla moda sempre in attesa di novità (da far proprie quali irrinunciabili ingredienti autoreferenziali). La consistenza del fenomeno delle derivazioni italiane in Tunisia di questa tendenza parigina (abile ad accreditare presso gli ambienti più possibilisti della cultura architettonica accademica il funzionalismo, anche se ricondotto a formule di immagine, scevre da qualsiasi implicazione ideologica) è quantitativamente esigua; ma essa è tutt’altro che irrilevante sul piano dell’affermazione professionale e imprenditoriale di alcuni componenti di spicco della comunità. Si trattava, infatti, di poche ma significative realizzazioni d’eccellenza; una sorta di corrente interna nella quale, a seconda dei casi, è possibile rintracciare citazioni del formalismo strutturalista di Marcel e Robert Hennequet, dell’edulcorata oggettività di Robert Mallet-Stevens, della rassicurante espressività di Michel Roux-Spitz o, ancora, del geometrismo comunicativo del tardo Henri Sauvage. Va anche detto che, per le architetture di questa corrente colta dell’edilizia italiana di Tunisia, tali reinterpretazioni (tanto quelle condotte con diversificato dosaggio delle varie componenti di riferimento quanto nel caso dei richiami monodirezionali) si manifestano sempre in chiave combinatoria e semplificativa al tempo stesso, senza tuttavia derogare ad una sorta di comune matrice “mediterranea” oramai endemica della produzione edilizia della comunità degli anni Venti e, pertanto, distante da allogene suggestioni coloniali.

Sessa, E. (2011). Architecture et communauté italienne en Tunisie pendant les vingt ans du fascisme. In E. Godoli, S. Finzi, M. Giacomelli, A. Saadaoui (a cura di), Architectures et architects italiens au Maghreb (pp. 42-53). Firenze : Polistampa.

Architecture et communauté italienne en Tunisie pendant les vingt ans du fascisme

SESSA, Ettore
2011-01-01

Abstract

Segmentato in cicli formalmente eterogenei, e però omologabili in base al comune denominatore della facies mediterranea, il filone delle architetture costruite negli anni Trenta dagli italiani a Tunisi, a Biserta, a Sousse, a Sfax e a Ferryville si mostra, dunque, principalmente tributario dei modi Déco della costa meridionale della Francia (con apprezzabili riferimenti all’edilizia coeva di Marsiglia e di Nizza). Succede pure che questo generale orientamento, limitatamente ad una ridotta aliquota di esempi di architetture ideate con maggiore respiro culturale, possa contemplare mediazioni con le espressioni più innovative di quella modernità accademizzante che nella Parigi di quegli anni andava assumendo il ruolo di tendenza di prestigio, con la quale si voleva identificare la parte più colta e avveduta di quella buona società alla moda sempre in attesa di novità (da far proprie quali irrinunciabili ingredienti autoreferenziali). La consistenza del fenomeno delle derivazioni italiane in Tunisia di questa tendenza parigina (abile ad accreditare presso gli ambienti più possibilisti della cultura architettonica accademica il funzionalismo, anche se ricondotto a formule di immagine, scevre da qualsiasi implicazione ideologica) è quantitativamente esigua; ma essa è tutt’altro che irrilevante sul piano dell’affermazione professionale e imprenditoriale di alcuni componenti di spicco della comunità. Si trattava, infatti, di poche ma significative realizzazioni d’eccellenza; una sorta di corrente interna nella quale, a seconda dei casi, è possibile rintracciare citazioni del formalismo strutturalista di Marcel e Robert Hennequet, dell’edulcorata oggettività di Robert Mallet-Stevens, della rassicurante espressività di Michel Roux-Spitz o, ancora, del geometrismo comunicativo del tardo Henri Sauvage. Va anche detto che, per le architetture di questa corrente colta dell’edilizia italiana di Tunisia, tali reinterpretazioni (tanto quelle condotte con diversificato dosaggio delle varie componenti di riferimento quanto nel caso dei richiami monodirezionali) si manifestano sempre in chiave combinatoria e semplificativa al tempo stesso, senza tuttavia derogare ad una sorta di comune matrice “mediterranea” oramai endemica della produzione edilizia della comunità degli anni Venti e, pertanto, distante da allogene suggestioni coloniali.
2011
Sessa, E. (2011). Architecture et communauté italienne en Tunisie pendant les vingt ans du fascisme. In E. Godoli, S. Finzi, M. Giacomelli, A. Saadaoui (a cura di), Architectures et architects italiens au Maghreb (pp. 42-53). Firenze : Polistampa.
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