La centralità mediterranea, la diversità dei caratteri ecologici territoriali, la grande biodiversità, l’incontro millenario con le più importanti civiltà agrarie e con il loro patrimonio di piante, animali, tecniche, costumi e rapporti sociali hanno determinato in Sicilia l’affermarsi di una pluralità di paesaggi agrari e agroforestali, spesso opposti per la contrapposizione degli elementi che li definiscono. Il contrasto tra le montagne, le colline interne, le aree costiere, tra l’agricoltura del latifondo e quella del giardino mediterraneo, tra il terreno nudo del maggese e quello coperto dagli alberi emerge evidente non solo negli aspetti ambientali e produttivi ma:anche nella percezione intellettuale: Friederich Schiller scrive della meravigliosa lotta fra la fertilità e la distruzione nelle campagne della Sicilia (“Del sublime”); Wolfgang Goethe, nel suo viaggio italiano, definisce con un ossimoro le colline interne granarie e pascolative come un deserto di fecondità, Giuseppe Tomasi di Lampedusa dice di un paesaggio che ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’asprezza dannata. I boschi, ancora presenti con importanti espressioni della macchia e foresta mediterranea, i caratteri originari dell’isola, ma già in epoca classica le colline siciliane e le aree costiere irrigue prossime ai maggiori insediamenti assumono l’aspetto che ancora oggi è familiare: vaste superfici spoglie di alberi, verdi d’inverno e gialle dopo la mietitura per la grande siccità estiva. Il paesaggio degli alberi, diffusi in sistemi agroforestali o concentrati in colture frequentemente irrigue, definisce i paesaggi più caratteristici della Sicilia. Quelli che la disponibilità di acqua rende irrigabili, percorsi da stradelle e chiusi da muri determinano quello che Sereni nel 1961 chiamerà il paesaggio del giardino mediterraneo. Gli esempi più noti sono quelli della Conca d’oro, nella porzione di territorio che ancora rimane nonostante gli anni del perdurante sacco edilizio attorno a Palermo, e quelli della frutticoltura promiscua sulle pendici dell’Etna. Nel primo caso il paesaggio, che storicamente si definisce negli anni della rivoluzione agricola araba medievale è basato sull’introduzione di nuove specie (agrumi, ortive) e tecnologie legate all’irrigazione che le valorizzano, perde a partire dalla metà del XIX secolo l’aspetto promiscuo e diventa compatto di agrumi in monocoltura. Nel caso dell’agricoltura etnea è invece la presenza di tessere di vigneto frammiste a frutteti promiscui in un mosaico complesso costituito anche da colate laviche, poco o nulla interessate da processi di rinaturalizzazione o da macchie boschive, su sistemazioni a terrazza e dei manufatti in pietra a secco a costituire l’elemento più rappresentativo. Le terrazze rappresentano anche l’elemento più caratterizzante del paesaggio dell’isola di Pantelleria, reso unico dalla presenza dei jardini circolari, manufatti che contengono anche un solo agrume, dagli alberi di olivo non più alti di un metro e con le branche adagiate sul suolo in appezzamenti armoniosamente legati a edifici (dammusi) con tetto a forma di cupola. La presenza della pietra a secco, questa volta di natura calcarea, distingue anche il paesaggio dell’altipiano ibleo. Una fitta trama di muretti definisce le chiuse dove alberi di carrubo forniscono alimenti ed ombra agli animali lasciati al pascolo su suoli precedentemente interessati dalla coltura dei cereali. Si tratta di uno dei numerosi sistemi agroforestali che determinano in Sicilia paesaggi unici, tra questi particolarmente significativo è quello del frassino da manna sui rilievi collinari ai piedi delle Madonie. Ugualmente esclusivo è, nel versante occidentale dell’Etna, il paesaggio del pistacchio costituito da alberi innestati e coltivati a partire dai terebinti che hanno colonizzato le lave precedenti. Tra i paesaggi considerati, tra i molti possibili, è infine quello del mandorlo e dell’olivo in coltura promiscua nella Valle dei Templi di Agrigento. In esso il rapporto tra i sistemi agricoli tradizionali e i monumenti della storia si definisce esemplarmente a rappresentare il rapporto tra natura, storia e percezione che la Sicilia per il futuro dovrebbe meglio comprendere. Difendere e mettere in valore.
Barbera, G., Cullotta, S., Marino, E. (2011). I paesaggi del catalogo: Sicilia.. In M. Agnoletti (a cura di), Paesaggi rurali storici per un catalogo nazionale. (pp. 500-522). Bari : Gius. Laterza & Figli.
I paesaggi del catalogo: Sicilia.
BARBERA, Giuseppe;CULLOTTA, Sebastiano;MARINO, Enza
2011-01-01
Abstract
La centralità mediterranea, la diversità dei caratteri ecologici territoriali, la grande biodiversità, l’incontro millenario con le più importanti civiltà agrarie e con il loro patrimonio di piante, animali, tecniche, costumi e rapporti sociali hanno determinato in Sicilia l’affermarsi di una pluralità di paesaggi agrari e agroforestali, spesso opposti per la contrapposizione degli elementi che li definiscono. Il contrasto tra le montagne, le colline interne, le aree costiere, tra l’agricoltura del latifondo e quella del giardino mediterraneo, tra il terreno nudo del maggese e quello coperto dagli alberi emerge evidente non solo negli aspetti ambientali e produttivi ma:anche nella percezione intellettuale: Friederich Schiller scrive della meravigliosa lotta fra la fertilità e la distruzione nelle campagne della Sicilia (“Del sublime”); Wolfgang Goethe, nel suo viaggio italiano, definisce con un ossimoro le colline interne granarie e pascolative come un deserto di fecondità, Giuseppe Tomasi di Lampedusa dice di un paesaggio che ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’asprezza dannata. I boschi, ancora presenti con importanti espressioni della macchia e foresta mediterranea, i caratteri originari dell’isola, ma già in epoca classica le colline siciliane e le aree costiere irrigue prossime ai maggiori insediamenti assumono l’aspetto che ancora oggi è familiare: vaste superfici spoglie di alberi, verdi d’inverno e gialle dopo la mietitura per la grande siccità estiva. Il paesaggio degli alberi, diffusi in sistemi agroforestali o concentrati in colture frequentemente irrigue, definisce i paesaggi più caratteristici della Sicilia. Quelli che la disponibilità di acqua rende irrigabili, percorsi da stradelle e chiusi da muri determinano quello che Sereni nel 1961 chiamerà il paesaggio del giardino mediterraneo. Gli esempi più noti sono quelli della Conca d’oro, nella porzione di territorio che ancora rimane nonostante gli anni del perdurante sacco edilizio attorno a Palermo, e quelli della frutticoltura promiscua sulle pendici dell’Etna. Nel primo caso il paesaggio, che storicamente si definisce negli anni della rivoluzione agricola araba medievale è basato sull’introduzione di nuove specie (agrumi, ortive) e tecnologie legate all’irrigazione che le valorizzano, perde a partire dalla metà del XIX secolo l’aspetto promiscuo e diventa compatto di agrumi in monocoltura. Nel caso dell’agricoltura etnea è invece la presenza di tessere di vigneto frammiste a frutteti promiscui in un mosaico complesso costituito anche da colate laviche, poco o nulla interessate da processi di rinaturalizzazione o da macchie boschive, su sistemazioni a terrazza e dei manufatti in pietra a secco a costituire l’elemento più rappresentativo. Le terrazze rappresentano anche l’elemento più caratterizzante del paesaggio dell’isola di Pantelleria, reso unico dalla presenza dei jardini circolari, manufatti che contengono anche un solo agrume, dagli alberi di olivo non più alti di un metro e con le branche adagiate sul suolo in appezzamenti armoniosamente legati a edifici (dammusi) con tetto a forma di cupola. La presenza della pietra a secco, questa volta di natura calcarea, distingue anche il paesaggio dell’altipiano ibleo. Una fitta trama di muretti definisce le chiuse dove alberi di carrubo forniscono alimenti ed ombra agli animali lasciati al pascolo su suoli precedentemente interessati dalla coltura dei cereali. Si tratta di uno dei numerosi sistemi agroforestali che determinano in Sicilia paesaggi unici, tra questi particolarmente significativo è quello del frassino da manna sui rilievi collinari ai piedi delle Madonie. Ugualmente esclusivo è, nel versante occidentale dell’Etna, il paesaggio del pistacchio costituito da alberi innestati e coltivati a partire dai terebinti che hanno colonizzato le lave precedenti. Tra i paesaggi considerati, tra i molti possibili, è infine quello del mandorlo e dell’olivo in coltura promiscua nella Valle dei Templi di Agrigento. In esso il rapporto tra i sistemi agricoli tradizionali e i monumenti della storia si definisce esemplarmente a rappresentare il rapporto tra natura, storia e percezione che la Sicilia per il futuro dovrebbe meglio comprendere. Difendere e mettere in valore.File | Dimensione | Formato | |
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Descrizione: Libro Catalogo Paesaggi Rurali Storici Nazionali
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