Già sul finire del Seicento la crescente rinomanza di Anne Dacier fra le cerchie letterarie italiane si era avvalsa indubbiamente di quella di cui godeva il marito André. L’attenzione che gli scritti della studiosa suscitano in Italia non è tuttavia giustificabile soltanto con tale circostanza: e gli accenti di viva ammirazione cui ricorrono, di volta in volta, letterati quali il Magalotti, il Redi, il Vico, il Conti, il Gravina, il Muratori restano ad attestarlo in modo inequivoco. La pubblicazione delle celebri Considerazioni dell’Orsi su La Manière de bien penser dans les ouvrages de l’esprit del Bouhours - con l’omaggio reso alla dottrina e alla sagacia critica di Anne - giungono ad ampliare ulteriormente la circolazione del nome della studiosa all’interno del milieu letterario italiano. Ma è grazie agli echi che la Querelle des Anciens et des Modernes suscita in Italia che Anne entra a far parte a pieno titolo dei tradizionali punti di riferimento francesi cui prestano attenzione, in modo più o meno polemico, i nostri letterati e, fra essi, in special modo coloro che si impegnano nelle discussioni incentrate sui poemi omerici. Con la sua morte, intervenuta nel 1720, inizia la stagione della sua fortuna postuma, destinata a protrarsi per l’intero secolo, e ben oltre. Non v’è letterato che non la citi a più riprese, dimostrando di essersi ripiegato con attenzione sui suoi scritti. E financo il Conti e l’Algarotti, pur apertamente schierati tra le fila dei Moderni, finiscono per utilizzare le medesime argomentazioni ‘relativistiche’ muovendo dalle quali la Dacier aveva scagliato i propri strali contro la ridicola ‘attualizzazione’ di Omero effettuata dal La Motte. Dopo il progressivo assopirsi della polemica omerica il nome della Dacier inizia a circolare fra i lettori e gli studiosi per l’interesse che suscitano anche altri suoi lavori, quali ad esempio le edizioni aristofanee o terenziane. E, del resto, non è soltanto la folta schiera di studiosi impegnati nell’opera di trasposizione linguistica a mantenere viva la memoria dei suoi lavori. Anche una agguerrita pattuglia di critici coevi non manca, infatti, di far circolare il nome della dotta filologa, mostrando di esser stati spinti a riflettere anche sulle pagine delle sue Préfaces, con molte delle idee espresse nelle quali dichiarano di sentirsi in piena consonanza. L’ultima voce che fa risuonare il nome di Anne nel declinante Settecento è quella del Casanova che, mai mondo di quella sua inguaribile misoginìa di fondo, la inchioda ingenerosamente all’angusto ruolo di donna pedante, tutta pervasa dal gusto di una sterile erudizione. Il secolo dei Lumi, che non casualmente aveva accolto l’opera dacieriana intuendone gli aspetti precorritori, finisce così, nel suo estremo tramonto, per abbandonare la studiosa transalpina in balìa della squallida furia misogina dell’italiano Casanova. Rimane tuttavia la sensazione che molti si siano avvalsi dell’opera di traduttrice della Dacier, delle sue dotte ricostruzioni filologiche, della sua sensibilità di lettrice appassionata ed acuta dei testi della classicità greco-latina; e che la crescita all’interno della cultura italiana di una sensibilità estetica che, muovendosi dalle concezioni della prima Arcadia, farà approdo sulle sponde d’una sensibilità preromantica, sia in misura non lieve addebitabile anche alle sue vedute critiche, dalle quali finirono per lasciarsi permeare, che le rifiutassero o meno, quanti animarono l’acceso dibattito sull’idea del ‘Gusto’ nel corso dell’intero secolo.

Santangelo, G.S. (2010). Fra luci e ombre: la ‘fortuna’ di Anne Dacier nel Settecento italiano. In G. Bosco, M. Pavesio, L. Rescia (a cura di), Contatti, passaggi, metamorfosi, Studi di letteratura francese e comparata in onore di Daniela Dalla Valle (pp. 93-116). Roma : Edizioni di Storia e Letteratura.

Fra luci e ombre: la ‘fortuna’ di Anne Dacier nel Settecento italiano

SANTANGELO, Giovanni Saverio
2010-01-01

Abstract

Già sul finire del Seicento la crescente rinomanza di Anne Dacier fra le cerchie letterarie italiane si era avvalsa indubbiamente di quella di cui godeva il marito André. L’attenzione che gli scritti della studiosa suscitano in Italia non è tuttavia giustificabile soltanto con tale circostanza: e gli accenti di viva ammirazione cui ricorrono, di volta in volta, letterati quali il Magalotti, il Redi, il Vico, il Conti, il Gravina, il Muratori restano ad attestarlo in modo inequivoco. La pubblicazione delle celebri Considerazioni dell’Orsi su La Manière de bien penser dans les ouvrages de l’esprit del Bouhours - con l’omaggio reso alla dottrina e alla sagacia critica di Anne - giungono ad ampliare ulteriormente la circolazione del nome della studiosa all’interno del milieu letterario italiano. Ma è grazie agli echi che la Querelle des Anciens et des Modernes suscita in Italia che Anne entra a far parte a pieno titolo dei tradizionali punti di riferimento francesi cui prestano attenzione, in modo più o meno polemico, i nostri letterati e, fra essi, in special modo coloro che si impegnano nelle discussioni incentrate sui poemi omerici. Con la sua morte, intervenuta nel 1720, inizia la stagione della sua fortuna postuma, destinata a protrarsi per l’intero secolo, e ben oltre. Non v’è letterato che non la citi a più riprese, dimostrando di essersi ripiegato con attenzione sui suoi scritti. E financo il Conti e l’Algarotti, pur apertamente schierati tra le fila dei Moderni, finiscono per utilizzare le medesime argomentazioni ‘relativistiche’ muovendo dalle quali la Dacier aveva scagliato i propri strali contro la ridicola ‘attualizzazione’ di Omero effettuata dal La Motte. Dopo il progressivo assopirsi della polemica omerica il nome della Dacier inizia a circolare fra i lettori e gli studiosi per l’interesse che suscitano anche altri suoi lavori, quali ad esempio le edizioni aristofanee o terenziane. E, del resto, non è soltanto la folta schiera di studiosi impegnati nell’opera di trasposizione linguistica a mantenere viva la memoria dei suoi lavori. Anche una agguerrita pattuglia di critici coevi non manca, infatti, di far circolare il nome della dotta filologa, mostrando di esser stati spinti a riflettere anche sulle pagine delle sue Préfaces, con molte delle idee espresse nelle quali dichiarano di sentirsi in piena consonanza. L’ultima voce che fa risuonare il nome di Anne nel declinante Settecento è quella del Casanova che, mai mondo di quella sua inguaribile misoginìa di fondo, la inchioda ingenerosamente all’angusto ruolo di donna pedante, tutta pervasa dal gusto di una sterile erudizione. Il secolo dei Lumi, che non casualmente aveva accolto l’opera dacieriana intuendone gli aspetti precorritori, finisce così, nel suo estremo tramonto, per abbandonare la studiosa transalpina in balìa della squallida furia misogina dell’italiano Casanova. Rimane tuttavia la sensazione che molti si siano avvalsi dell’opera di traduttrice della Dacier, delle sue dotte ricostruzioni filologiche, della sua sensibilità di lettrice appassionata ed acuta dei testi della classicità greco-latina; e che la crescita all’interno della cultura italiana di una sensibilità estetica che, muovendosi dalle concezioni della prima Arcadia, farà approdo sulle sponde d’una sensibilità preromantica, sia in misura non lieve addebitabile anche alle sue vedute critiche, dalle quali finirono per lasciarsi permeare, che le rifiutassero o meno, quanti animarono l’acceso dibattito sull’idea del ‘Gusto’ nel corso dell’intero secolo.
2010
Santangelo, G.S. (2010). Fra luci e ombre: la ‘fortuna’ di Anne Dacier nel Settecento italiano. In G. Bosco, M. Pavesio, L. Rescia (a cura di), Contatti, passaggi, metamorfosi, Studi di letteratura francese e comparata in onore di Daniela Dalla Valle (pp. 93-116). Roma : Edizioni di Storia e Letteratura.
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