Largo continua ad essere il dibattito sull’innegabile contrapposizione fra storia ‘ufficiale’ e Storia reale: e, con riguardo alla colonizzazione, fra la storia trionfalisticamente narrata dai vincitori e quella dolorosamente vissuta dai vinti. Il fatto è che bisognerebbe interpretare l’avvenimento storico utilizzando una sorta di ‘doppio sguardo’, sempre pronto a rifiutare ogni mitizzazione fiorita nelle ricostruzioni dei vinti così come in quelle dei vincitori. La Memoria può soccorrere il lavoro d’uno storico privo di pregiudizi ideologici: una memoria che non sempre resta soffocata e violentata, e che trova spesso proprio nella Letteratura il felice anfratto nel quale alimentarsi. La storiografia francese è rimasta a lungo non poco imbarazzata nella trattazione del “problema algerino”: il massacro perpetrato a Sétif l’8 maggio del 1945 rappresenta, in tal senso, un caso davvero emblematico. La voce di Kateb Yacine, levandosi ad un anno appena di distanza dal massacro, aveva già fatto risuonare tutta l’angoscia introiettata con una commovente silloge poetica, Soliloques (1946), tutta intrisa di dolore e sostenuta da uno sdegno fremente nel quale trova intima scaturigine la pulsione alla Rivolta. Ma il tema irromperà con prepotenza, sopra tutto, nella narrativa. Del primo romanzo nel quale il cruento episodio prende compiutamente vita è autrice Assia Djebar, che verga ne Les enfants du nouveau monde (1962) un riferimento esplicito a quella sanguinosa tragedia che s’era impressa, à jamais, nell’animo d’ogni Algerino. A partire da quel momento, il tema inizierà a circolare a più riprese nella produzione narrativa (in special modo con i romanzi della stessa Djebar e con quelli di Rachid Boudjebra), consentendo a quel toponimo, Sétif, di continuare ad evocare il barbaro massacro fino ai tragici anni Novanta, insanguinati dalla guerra civile scatenata dal FIS, e ben oltre, fin nel nuovo Millennio. Sétif ha sempre rappresentato infatti - per i Francesi così come per gli Algerini - una piaga mai del tutto rimarginata, che ha continuato a far risuonare negli animi un grido di dolore e di rivolta che è giunto fino ai nostri giorni. Si tratta di un grido che è riuscito a rivelare al lettore ciò che accadde allora, quando i mughetti d’un giorno festivo furono sommersi dai fiumi di sangue versato sui selciati, quando la gioia della sconfitta del nazi-fascismo fu soffocata dalla brutalità della repressione. Quel massacro, gelosamente conservato dall’immaginario collettivo, non ha mai smesso di ispirare gli scrittori. Ricordando quanto scritto da Paul Ricœur, si sarebbe davvero spinti a dire con lui, allora, che l’unica arma che ci resta per sconfiggere l’oblìo della Storia è davvero quella offerta dalla scrittura: perché è lì, e lì soltanto, che risiede, nel recupero della memoria, l’‘altra’ Storia, quella non scritta dai vincitori, antichi o moderni ch’essi siano. Sétif, insomma, o della memoria della Letteratura.

SANTANGELO, G.S. (2009). Menzogne della politica e memoria della Letteratura: il massacro di Sétif. In A. Brudo, J. Gousseau, L. Grasso, M.T. Russo, G.S. Santangelo (a cura di), Traversées. Percorsi linguistico-letterari. Studi per Giuliana Costa Ragusa (pp. 323-335). Palermo : Flaccovio.

Menzogne della politica e memoria della Letteratura: il massacro di Sétif

SANTANGELO, Giovanni Saverio
2009-01-01

Abstract

Largo continua ad essere il dibattito sull’innegabile contrapposizione fra storia ‘ufficiale’ e Storia reale: e, con riguardo alla colonizzazione, fra la storia trionfalisticamente narrata dai vincitori e quella dolorosamente vissuta dai vinti. Il fatto è che bisognerebbe interpretare l’avvenimento storico utilizzando una sorta di ‘doppio sguardo’, sempre pronto a rifiutare ogni mitizzazione fiorita nelle ricostruzioni dei vinti così come in quelle dei vincitori. La Memoria può soccorrere il lavoro d’uno storico privo di pregiudizi ideologici: una memoria che non sempre resta soffocata e violentata, e che trova spesso proprio nella Letteratura il felice anfratto nel quale alimentarsi. La storiografia francese è rimasta a lungo non poco imbarazzata nella trattazione del “problema algerino”: il massacro perpetrato a Sétif l’8 maggio del 1945 rappresenta, in tal senso, un caso davvero emblematico. La voce di Kateb Yacine, levandosi ad un anno appena di distanza dal massacro, aveva già fatto risuonare tutta l’angoscia introiettata con una commovente silloge poetica, Soliloques (1946), tutta intrisa di dolore e sostenuta da uno sdegno fremente nel quale trova intima scaturigine la pulsione alla Rivolta. Ma il tema irromperà con prepotenza, sopra tutto, nella narrativa. Del primo romanzo nel quale il cruento episodio prende compiutamente vita è autrice Assia Djebar, che verga ne Les enfants du nouveau monde (1962) un riferimento esplicito a quella sanguinosa tragedia che s’era impressa, à jamais, nell’animo d’ogni Algerino. A partire da quel momento, il tema inizierà a circolare a più riprese nella produzione narrativa (in special modo con i romanzi della stessa Djebar e con quelli di Rachid Boudjebra), consentendo a quel toponimo, Sétif, di continuare ad evocare il barbaro massacro fino ai tragici anni Novanta, insanguinati dalla guerra civile scatenata dal FIS, e ben oltre, fin nel nuovo Millennio. Sétif ha sempre rappresentato infatti - per i Francesi così come per gli Algerini - una piaga mai del tutto rimarginata, che ha continuato a far risuonare negli animi un grido di dolore e di rivolta che è giunto fino ai nostri giorni. Si tratta di un grido che è riuscito a rivelare al lettore ciò che accadde allora, quando i mughetti d’un giorno festivo furono sommersi dai fiumi di sangue versato sui selciati, quando la gioia della sconfitta del nazi-fascismo fu soffocata dalla brutalità della repressione. Quel massacro, gelosamente conservato dall’immaginario collettivo, non ha mai smesso di ispirare gli scrittori. Ricordando quanto scritto da Paul Ricœur, si sarebbe davvero spinti a dire con lui, allora, che l’unica arma che ci resta per sconfiggere l’oblìo della Storia è davvero quella offerta dalla scrittura: perché è lì, e lì soltanto, che risiede, nel recupero della memoria, l’‘altra’ Storia, quella non scritta dai vincitori, antichi o moderni ch’essi siano. Sétif, insomma, o della memoria della Letteratura.
2009
Settore L-FIL-LET/14 - Critica Letteraria E Letterature Comparate
SANTANGELO, G.S. (2009). Menzogne della politica e memoria della Letteratura: il massacro di Sétif. In A. Brudo, J. Gousseau, L. Grasso, M.T. Russo, G.S. Santangelo (a cura di), Traversées. Percorsi linguistico-letterari. Studi per Giuliana Costa Ragusa (pp. 323-335). Palermo : Flaccovio.
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