In epoca attuale, le culminazioni dei gruppi montuosi presenti sulle maggiori isole mediterranee risultano doppiamente isolate nei confronti di possibili migrazioni floristiche. Una prima barriera è rappresentata dal mare che circonda le isole, la seconda dalle peculiarità climatiche proprie dell’ambiente alto-montano, che impongono alle specie colonizzatrici adattamenti ecomorfologici ed ecofisiologici specifici. Negli ambienti montani insulari, le risorse particolarmente scarse, l’intensa radiazione solare, la forte ventosità e la marcata siccità estiva, solo in parte compensata dalle precipitazioni occulte, hanno condotto a straordinari fenomeni di convergenza evolutiva tra specie appartenenti a generi diversi. Nonostante l’isolamento attuale, tali ambienti sono accomunati da una grande somiglianza floristica, dovuta a gruppi di taxa affini, frammentati in popolazioni spesso limitate a un solo massiccio montuoso, ma la cui origine monofiletica appare evidente. Esaminando la struttura della vegetazione alto-montana delle isole mediterranee, si possono riconoscere due tipologie principali, spesso strettamente compenetrate: nella prima, paucispecifica e caratterizzata da specie a portamento arboreo o arbustivo, sono rappresentate essenzialmente Pinaceae, Cupressaceae, Rosaceae, Thymeleaceae e Berberidaceae; nella seconda, costituita da formazioni emicripto-camefitiche pulvinari più ricche di specie, sono rappresentate soprattutto le seguenti famiglie: Fabaceae, Plumbaginaceae, Boraginaceae, Plantaginaceae, Lamiaceae, Caryophyllaceae, Violaceae e Poaceae. Appartengono alla prima tipologia varie gimnosperme ed alcune angiosperme alquanto primitive, la cui filogenesi si svolse compiutamente già all’inizio del Terziario. Alcune di queste specie, come Juniperus hemisphaerica, Prunus prostrata e Daphne oleoides sono rimaste pressoché indifferenziate su gran parte dei massicci montuosi del Mediterraneo. Altre, appartenenti principalmente ai generi Pinus, Abies, Rosa, Berberis, in seguito alla frammentazione dell’areale originario, si sono segregate in specie vicarianti, pur mantenendo una connotazione marcatamente relittuale, testimoniata da una variabilità genetica intra e interpopolazionale molto bassa. E’ verosimile che specie di questo tipo abbiano dominato la fascia alto-montana in area mediterranea fino a tutto il Miocene e che molte di esse fossero entrate spontaneamente in una fase di declino in risposta all’instabilità climatica che si instaurò da 5,5 a 4,5 milioni di anni fa, in concomitanza con la crisi del Messiniano. Gli eventi determinati dalla ciclica evaporazione e reinondazione del Mediterraneo, legati a movimenti tettonici che periodicamente innalzavano la soglia dello Stretto di Gibilterra, si possono riassumere come segue: aumento ciclico dell’aridità, oscillazione delle fasce altitudinali, massiccia apertura di nuove nicchie ecologiche, aumento generale dell’intensità dei processi erosivi e della frequenza di frane catastrofiche. Questi fenomeni consentirono imponenti migrazioni floristiche, favorendo in modo particolare i taxa forniti di una variabilità genetica sufficiente a supportare una nuova radiazione adattativa. Le più alte quote delle montagne mediterranee vennero così raggiunte da una nuova coorte di specie, in massima parte evolutesi nei territori sub-desertici dell’Asia Minore e del Nord Africa e pertanto dotate di una notevole resistenza all’aridità, al disturbo meccanico e a bruschi sbalzi termici. Tali specie poterono migrare in tutto il bacino mediterraneo, colonizzando le scarpate continentali durante le fasi di regressione marina e, essendo di natura marcatamente pioniera, verosimilmente raggiunsero le alte quote risalendo i solchi di frana. Una volta giunte in quota, queste piante poterono occupare agevolmente gli spazi lasciati vuoti dal deperimento delle già menzionate gimnosperme ed angiosperme primitive, che avevano dominato fino ad allora. La radiazione adattativa dei gruppi che espansero il loro areale durante il Messiniano iniziò in concomitanza delle migrazioni stesse, e si intensificò in seguito all’isolamento derivato dalla trasgressione marina che pose definitivamente fine al Messiniano. Ne è derivato un interessante sistema di specie vicarianti la cui varietà aumenta progressivamente procedendo da Nord verso Sud e da Ovest verso Est, a testimonianza delle direttrici seguite dalle migrazioni anzidette. Queste specie sono per la quasi totalità rappresentate da camefite pulvinate, spesso irte di spine, e possiedono apparati vegetativi notevolmente più ridotti di quelli delle gimnosperme e angiosperme arcaiche a cui si sono venute progressivamente a sostituire. Pertanto è ipotizzabile che in un confronto basato sulle sole capacità di competizione interspecifica, sarebbero le specie arcaiche a prevalere. Tuttavia le osservazioni attuali sulla vegetazione alto-montana nelle isole mediterranee mostrano una tendenza opposta: forse le camefite si adattano meglio alle condizioni climatiche attuali, ma il disturbo legato all’attività umana, per la sua precoce comparsa e per la sua intensità, ha certamente contribuito in modo determinante al regresso della vegetazione legnosa in questi contesti.

BRULLO, S., GUARINO, R., GIUSSO DEL GALDO, G. (2002). Caratteristiche ecologiche e biogeografiche della flora alto-montana delle isole mediterranee. Antologia dell’Orto Botanico Bergomense, 4, 12-13.

Caratteristiche ecologiche e biogeografiche della flora alto-montana delle isole mediterranee.

GUARINO, Riccardo;
2002-01-01

Abstract

In epoca attuale, le culminazioni dei gruppi montuosi presenti sulle maggiori isole mediterranee risultano doppiamente isolate nei confronti di possibili migrazioni floristiche. Una prima barriera è rappresentata dal mare che circonda le isole, la seconda dalle peculiarità climatiche proprie dell’ambiente alto-montano, che impongono alle specie colonizzatrici adattamenti ecomorfologici ed ecofisiologici specifici. Negli ambienti montani insulari, le risorse particolarmente scarse, l’intensa radiazione solare, la forte ventosità e la marcata siccità estiva, solo in parte compensata dalle precipitazioni occulte, hanno condotto a straordinari fenomeni di convergenza evolutiva tra specie appartenenti a generi diversi. Nonostante l’isolamento attuale, tali ambienti sono accomunati da una grande somiglianza floristica, dovuta a gruppi di taxa affini, frammentati in popolazioni spesso limitate a un solo massiccio montuoso, ma la cui origine monofiletica appare evidente. Esaminando la struttura della vegetazione alto-montana delle isole mediterranee, si possono riconoscere due tipologie principali, spesso strettamente compenetrate: nella prima, paucispecifica e caratterizzata da specie a portamento arboreo o arbustivo, sono rappresentate essenzialmente Pinaceae, Cupressaceae, Rosaceae, Thymeleaceae e Berberidaceae; nella seconda, costituita da formazioni emicripto-camefitiche pulvinari più ricche di specie, sono rappresentate soprattutto le seguenti famiglie: Fabaceae, Plumbaginaceae, Boraginaceae, Plantaginaceae, Lamiaceae, Caryophyllaceae, Violaceae e Poaceae. Appartengono alla prima tipologia varie gimnosperme ed alcune angiosperme alquanto primitive, la cui filogenesi si svolse compiutamente già all’inizio del Terziario. Alcune di queste specie, come Juniperus hemisphaerica, Prunus prostrata e Daphne oleoides sono rimaste pressoché indifferenziate su gran parte dei massicci montuosi del Mediterraneo. Altre, appartenenti principalmente ai generi Pinus, Abies, Rosa, Berberis, in seguito alla frammentazione dell’areale originario, si sono segregate in specie vicarianti, pur mantenendo una connotazione marcatamente relittuale, testimoniata da una variabilità genetica intra e interpopolazionale molto bassa. E’ verosimile che specie di questo tipo abbiano dominato la fascia alto-montana in area mediterranea fino a tutto il Miocene e che molte di esse fossero entrate spontaneamente in una fase di declino in risposta all’instabilità climatica che si instaurò da 5,5 a 4,5 milioni di anni fa, in concomitanza con la crisi del Messiniano. Gli eventi determinati dalla ciclica evaporazione e reinondazione del Mediterraneo, legati a movimenti tettonici che periodicamente innalzavano la soglia dello Stretto di Gibilterra, si possono riassumere come segue: aumento ciclico dell’aridità, oscillazione delle fasce altitudinali, massiccia apertura di nuove nicchie ecologiche, aumento generale dell’intensità dei processi erosivi e della frequenza di frane catastrofiche. Questi fenomeni consentirono imponenti migrazioni floristiche, favorendo in modo particolare i taxa forniti di una variabilità genetica sufficiente a supportare una nuova radiazione adattativa. Le più alte quote delle montagne mediterranee vennero così raggiunte da una nuova coorte di specie, in massima parte evolutesi nei territori sub-desertici dell’Asia Minore e del Nord Africa e pertanto dotate di una notevole resistenza all’aridità, al disturbo meccanico e a bruschi sbalzi termici. Tali specie poterono migrare in tutto il bacino mediterraneo, colonizzando le scarpate continentali durante le fasi di regressione marina e, essendo di natura marcatamente pioniera, verosimilmente raggiunsero le alte quote risalendo i solchi di frana. Una volta giunte in quota, queste piante poterono occupare agevolmente gli spazi lasciati vuoti dal deperimento delle già menzionate gimnosperme ed angiosperme primitive, che avevano dominato fino ad allora. La radiazione adattativa dei gruppi che espansero il loro areale durante il Messiniano iniziò in concomitanza delle migrazioni stesse, e si intensificò in seguito all’isolamento derivato dalla trasgressione marina che pose definitivamente fine al Messiniano. Ne è derivato un interessante sistema di specie vicarianti la cui varietà aumenta progressivamente procedendo da Nord verso Sud e da Ovest verso Est, a testimonianza delle direttrici seguite dalle migrazioni anzidette. Queste specie sono per la quasi totalità rappresentate da camefite pulvinate, spesso irte di spine, e possiedono apparati vegetativi notevolmente più ridotti di quelli delle gimnosperme e angiosperme arcaiche a cui si sono venute progressivamente a sostituire. Pertanto è ipotizzabile che in un confronto basato sulle sole capacità di competizione interspecifica, sarebbero le specie arcaiche a prevalere. Tuttavia le osservazioni attuali sulla vegetazione alto-montana nelle isole mediterranee mostrano una tendenza opposta: forse le camefite si adattano meglio alle condizioni climatiche attuali, ma il disturbo legato all’attività umana, per la sua precoce comparsa e per la sua intensità, ha certamente contribuito in modo determinante al regresso della vegetazione legnosa in questi contesti.
2002
BRULLO, S., GUARINO, R., GIUSSO DEL GALDO, G. (2002). Caratteristiche ecologiche e biogeografiche della flora alto-montana delle isole mediterranee. Antologia dell’Orto Botanico Bergomense, 4, 12-13.
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