La storia del porto di Palermo e l’analisi del suo sviluppo occupa un posto centrale nell’ambito delle vicende relative al rinnovamento urbanistico della città in età moderna e merita più puntuali verifiche e nuovi indirizzi interpretativi. E’ indiscutibile la identità e la continuità storica tra la città e la sua struttura portuale, da cui prende il nome Pan-ormos; questa unione genetica, questo profondo legame tra città e porto che sta all’origine dell’insediamento punico e romano, continua ancora nei secoli del medioevo quando l’una e l’altro, la città e il porto, vivono una sorta di simbiosi che darà vita, in età moderna, ad uno sviluppo organico e fortemente integrato della struttura urbanistica, tale da fare assumere alla Palermo del Cinquecento una funzione strategico-militare assolutamente centrale nello scacchiere del Mediterraneo. Soprattutto a partire dal 1546, quando si interviene sul tessuto della città con un programma di iniziative di ampio respiro per iniziativa del vicerè Giovanni De Vega la cui opera, vasta e incisiva ma nel complesso pochissimo valutata, è alla base delle grandi trasformazioni urbanistiche della seconda metà del Cinquecento. In particolare sono due sue idee “rivoluzionarie” a condizionare il successivo sviluppo della città: il trasferimento nel 1551 della sede vicereale dal Castellammare nell’antica reggia normanna e l’apertura, quello stesso anno, di un nuovo più ampio porto a nord della città. L’interramento del nuovo bacino causato, qualche anno dopo l’inizio dei lavori, dalla mancata costruzione di un adeguato molo impegnerà 15 anni più tardi la città in un più organico intervento per la costruzione del grande porto, attuato dal vicerè Garcia di Toledo nello stesso luogo indicato da Vega. I notevoli costi di realizzazione del Molo Nuovo e la partecipazione all’impresa di personalità politiche e tecniche di indiscussa competenza apriranno, nella seconda metà del Cinquecento, un acceso dibattito che investirà lo sviluppo futuro della città e il suo conseguente ampliamento. Tuttavia, il progetto per la grande Palermo non avrà seguito e, alla fine del secolo, la decisione di aprire nel tessuto della città storica una Strada Nuova riconvertirà all’interno dell’area murata i programmi di riqualificazione urbanistica e di rinnovamento dell’immagine della città.

CASAMENTO, A. (2009). Il progetto per la grande Palermo. Attrezzature portuali e rinnovamento urbano nella seconda metà del Cinquecento. STORIA DELL'URBANISTICA, IX, 55-64.

Il progetto per la grande Palermo. Attrezzature portuali e rinnovamento urbano nella seconda metà del Cinquecento.

CASAMENTO, Aldo
2009-01-01

Abstract

La storia del porto di Palermo e l’analisi del suo sviluppo occupa un posto centrale nell’ambito delle vicende relative al rinnovamento urbanistico della città in età moderna e merita più puntuali verifiche e nuovi indirizzi interpretativi. E’ indiscutibile la identità e la continuità storica tra la città e la sua struttura portuale, da cui prende il nome Pan-ormos; questa unione genetica, questo profondo legame tra città e porto che sta all’origine dell’insediamento punico e romano, continua ancora nei secoli del medioevo quando l’una e l’altro, la città e il porto, vivono una sorta di simbiosi che darà vita, in età moderna, ad uno sviluppo organico e fortemente integrato della struttura urbanistica, tale da fare assumere alla Palermo del Cinquecento una funzione strategico-militare assolutamente centrale nello scacchiere del Mediterraneo. Soprattutto a partire dal 1546, quando si interviene sul tessuto della città con un programma di iniziative di ampio respiro per iniziativa del vicerè Giovanni De Vega la cui opera, vasta e incisiva ma nel complesso pochissimo valutata, è alla base delle grandi trasformazioni urbanistiche della seconda metà del Cinquecento. In particolare sono due sue idee “rivoluzionarie” a condizionare il successivo sviluppo della città: il trasferimento nel 1551 della sede vicereale dal Castellammare nell’antica reggia normanna e l’apertura, quello stesso anno, di un nuovo più ampio porto a nord della città. L’interramento del nuovo bacino causato, qualche anno dopo l’inizio dei lavori, dalla mancata costruzione di un adeguato molo impegnerà 15 anni più tardi la città in un più organico intervento per la costruzione del grande porto, attuato dal vicerè Garcia di Toledo nello stesso luogo indicato da Vega. I notevoli costi di realizzazione del Molo Nuovo e la partecipazione all’impresa di personalità politiche e tecniche di indiscussa competenza apriranno, nella seconda metà del Cinquecento, un acceso dibattito che investirà lo sviluppo futuro della città e il suo conseguente ampliamento. Tuttavia, il progetto per la grande Palermo non avrà seguito e, alla fine del secolo, la decisione di aprire nel tessuto della città storica una Strada Nuova riconvertirà all’interno dell’area murata i programmi di riqualificazione urbanistica e di rinnovamento dell’immagine della città.
2009
CASAMENTO, A. (2009). Il progetto per la grande Palermo. Attrezzature portuali e rinnovamento urbano nella seconda metà del Cinquecento. STORIA DELL'URBANISTICA, IX, 55-64.
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