La rigida disciplina del nostro sistema successorio, che si regge sulla tipicità delle (due) forme di vocazione ereditaria (testamento e legge), non lascia spazio a correttivi che possano adeguarla ad un processo di trasmissione della ricchezza più dinamico e rapido. È tendenzialmente precluso l’ingresso di strumenti di attribuzione patrimoniale a valere dopo la morte del loro titolare, alternativi allo schema testamentario. La capacità di resistenza dei divieti propri del diritto successorio (patti successori e quota di riserva) sembra vanificare i tentativi, anche di matrice legislativa, di ammodernamento del fenomeno nella direzione di un ampliamento dei mezzi negoziali di trasferimento del patrimonio. L’elaborazione dottrinale ha fornito alcune indicazioni, che pur prediligendo lo strumento dell’accordo per regolare gli interessi in gioco, non confliggono con il divieto dei patti successori e l’intangibilità della quota di riserva. Nello sforzo di individuare i limiti imposti dal divieto dei patti successori, dapprima si sono messi a fuoco i contorni del concetto di atto mortis causa, per poi elaborare la categoria dei negozi post-mortem e dei negozi trans-mortem, in una prospettiva volta ad individuare atti “alternativi” al testamento e più in generale a verificare la possibilità di configurare nuovi strumenti di trasmissione della ricchezza. Luogo di elezione naturale per una simile opera di ammodernamento del diritto ereditario, è il diritto societario. Il congegno delle clausole c.d. di continuazione e di consolidazione, ha reso possibile, per esempio, la prosecuzione dell’attività societaria minacciata dalla morte del socio, sottraendola alla successione mortis causa, senza cadere nel divieto dei patti successori. Il family by out, prima dell’introduzione nel nostro sistema del patto di famiglia (artt. 768 bis-768 octies), offriva la possibilità di definire, attraverso il contratto, il c.d. passaggio generazionale dell’impresa (societaria), consentendo al socio totalitario della società di trasferirla ad un proprio familiare, giudicato il più idoneo tra la cerchia dei parenti a proseguire l’attività di impresa al suo posto, garantendo, nel contempo, la posizione degli altri soggetti legittimari non beneficiari del trasferimento. Analogamente, i fenomeni c.d. di segregazione dei patrimoni, oggi ammessi in base alla legge 16 ottobre 1989, n. 364 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1° luglio 1985), permettono di sottrarre parte del patrimonio alla vicenda successoria, giacché i beni oggetto del trust non rientrano nella successione. La giurisprudenza ed il legislatore – quest’ultimo con un atteggiamento più prudente, stante la preoccupazione di non sacrificare eccessivamente le ragioni dei legittimari – hanno seguito il solco segnato dalla dottrina, nella consapevolezza dell’inadeguatezza del disegno codicistico del sistema successorio di adattarsi all’attuale assetto sociale ed economico del nostro Paese. In questo quadro le novità in direzione dell’apertura di una breccia all’art. 458 c.c. si sono registrate a proposito della trasmissione di quote e azioni societarie. Come si è detto, il congegno delle clausole di continuazione e di consolidazione ha reso possibile la prosecuzione dell’attività societaria oltre la morte del socio; in ultimo, l’introduzione del patto di famiglia ha consentito di regolare la successione dei beni inerenti all’attività di impresa o societaria mediante la forma contrattuale

Galasso, G. (2009). Profili di diritto successorio. In P. Palmeri (a cura di), Letture di giurisprudenza (pp. 63-71). Torino : Giappichelli Editore.

Profili di diritto successorio

GALASSO, Giovanni
2009-01-01

Abstract

La rigida disciplina del nostro sistema successorio, che si regge sulla tipicità delle (due) forme di vocazione ereditaria (testamento e legge), non lascia spazio a correttivi che possano adeguarla ad un processo di trasmissione della ricchezza più dinamico e rapido. È tendenzialmente precluso l’ingresso di strumenti di attribuzione patrimoniale a valere dopo la morte del loro titolare, alternativi allo schema testamentario. La capacità di resistenza dei divieti propri del diritto successorio (patti successori e quota di riserva) sembra vanificare i tentativi, anche di matrice legislativa, di ammodernamento del fenomeno nella direzione di un ampliamento dei mezzi negoziali di trasferimento del patrimonio. L’elaborazione dottrinale ha fornito alcune indicazioni, che pur prediligendo lo strumento dell’accordo per regolare gli interessi in gioco, non confliggono con il divieto dei patti successori e l’intangibilità della quota di riserva. Nello sforzo di individuare i limiti imposti dal divieto dei patti successori, dapprima si sono messi a fuoco i contorni del concetto di atto mortis causa, per poi elaborare la categoria dei negozi post-mortem e dei negozi trans-mortem, in una prospettiva volta ad individuare atti “alternativi” al testamento e più in generale a verificare la possibilità di configurare nuovi strumenti di trasmissione della ricchezza. Luogo di elezione naturale per una simile opera di ammodernamento del diritto ereditario, è il diritto societario. Il congegno delle clausole c.d. di continuazione e di consolidazione, ha reso possibile, per esempio, la prosecuzione dell’attività societaria minacciata dalla morte del socio, sottraendola alla successione mortis causa, senza cadere nel divieto dei patti successori. Il family by out, prima dell’introduzione nel nostro sistema del patto di famiglia (artt. 768 bis-768 octies), offriva la possibilità di definire, attraverso il contratto, il c.d. passaggio generazionale dell’impresa (societaria), consentendo al socio totalitario della società di trasferirla ad un proprio familiare, giudicato il più idoneo tra la cerchia dei parenti a proseguire l’attività di impresa al suo posto, garantendo, nel contempo, la posizione degli altri soggetti legittimari non beneficiari del trasferimento. Analogamente, i fenomeni c.d. di segregazione dei patrimoni, oggi ammessi in base alla legge 16 ottobre 1989, n. 364 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1° luglio 1985), permettono di sottrarre parte del patrimonio alla vicenda successoria, giacché i beni oggetto del trust non rientrano nella successione. La giurisprudenza ed il legislatore – quest’ultimo con un atteggiamento più prudente, stante la preoccupazione di non sacrificare eccessivamente le ragioni dei legittimari – hanno seguito il solco segnato dalla dottrina, nella consapevolezza dell’inadeguatezza del disegno codicistico del sistema successorio di adattarsi all’attuale assetto sociale ed economico del nostro Paese. In questo quadro le novità in direzione dell’apertura di una breccia all’art. 458 c.c. si sono registrate a proposito della trasmissione di quote e azioni societarie. Come si è detto, il congegno delle clausole di continuazione e di consolidazione ha reso possibile la prosecuzione dell’attività societaria oltre la morte del socio; in ultimo, l’introduzione del patto di famiglia ha consentito di regolare la successione dei beni inerenti all’attività di impresa o societaria mediante la forma contrattuale
2009
Settore IUS/01 - Diritto Privato
Galasso, G. (2009). Profili di diritto successorio. In P. Palmeri (a cura di), Letture di giurisprudenza (pp. 63-71). Torino : Giappichelli Editore.
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