In verità nella dimensione mitica della festa viene ad operarsi una vera e propia inversione dei ruoli e dei sensi. Il simulacro è assolutamente percepito come epifania vivente della divinità rappresentata che attua la sua volontà. Tanto che la vara (il fercolo) del simulacro non è guidata discrezionalmente dai suoi portatori, piuttosto recata dove l’entità sacra rappresentata vuole che essa sia diretta. I portatori, nello spazio-tempo festivo, sono di fatto posseduti dal dio, essi ora marionette agiscono manovrati da una forza esterna, quella del dio che è disceso nella sua effigie. Analogamente tanto le maschere teriomorfe e demoniache quanto i fantocci, lungi dall’essere percepiti dagli attori e dagli spettatori, come meri elementi scenici, narrativi, ludici sono sempre concrete epifanie di un’alterita assoluta che da contesto a contesto rinvia a potenze della natura, defunti, santi. D’altra parte non sfugge che l’assunzione del ruolo rituale trasfigura l’attore, destrutturandone la personalità individuale e sociale e ricomponendola secondo una nuova, seppur transeunte, prospettiva.

buttitta, i. (2009). Simulacri divini. Ruoli cultuali e pratiche devozionali - I parte. MEMORIA ETHNOLOGICA, n. 32-33, 43-54.

Simulacri divini. Ruoli cultuali e pratiche devozionali - I parte

BUTTITTA, Ignazio
2009-01-01

Abstract

In verità nella dimensione mitica della festa viene ad operarsi una vera e propia inversione dei ruoli e dei sensi. Il simulacro è assolutamente percepito come epifania vivente della divinità rappresentata che attua la sua volontà. Tanto che la vara (il fercolo) del simulacro non è guidata discrezionalmente dai suoi portatori, piuttosto recata dove l’entità sacra rappresentata vuole che essa sia diretta. I portatori, nello spazio-tempo festivo, sono di fatto posseduti dal dio, essi ora marionette agiscono manovrati da una forza esterna, quella del dio che è disceso nella sua effigie. Analogamente tanto le maschere teriomorfe e demoniache quanto i fantocci, lungi dall’essere percepiti dagli attori e dagli spettatori, come meri elementi scenici, narrativi, ludici sono sempre concrete epifanie di un’alterita assoluta che da contesto a contesto rinvia a potenze della natura, defunti, santi. D’altra parte non sfugge che l’assunzione del ruolo rituale trasfigura l’attore, destrutturandone la personalità individuale e sociale e ricomponendola secondo una nuova, seppur transeunte, prospettiva.
2009
buttitta, i. (2009). Simulacri divini. Ruoli cultuali e pratiche devozionali - I parte. MEMORIA ETHNOLOGICA, n. 32-33, 43-54.
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