L’ultima opera di Cicerone, il de officiis, propone una complessa riflessione sulle personae, i ruoli naturali e culturali che ogni uomo è chiamato a mettere in equilibrio e a interpretare sulla scena di un mondo, quello della tarda repubblica romana, nel quale il problema più importante è collegare il piano della politica a quello dell’etica, l’utile all’honestum. Al cittadino che verrà, in un orizzonte che gli appare oscuro, Cicerone prova a mettere in mano la capacità di scegliere “chi e quali vorremmo essere” (1.117), e anche la possibilità concreta di cambiare, in caso di errore nella scelta. Nel giro di pochissimi anni, però, è il mondo al quale Cicerone rivolge la sua riflessione che cambia profondamente: quali sono dunque gli effetti della teoria (e della retorica) delle personae nella letteratura latina di età imperiale? Seguendo il filo rosso che da Cicerone, attraverso la poesia augustea, giunge a Seneca e a Tacito, questo intervento intende da un lato ricostruire il processo di trasmissione e di contagio di un’idea, e dall’altro illuminare la distanza culturale tra quella teoria, con le sue rappresentazioni letterarie, e il nostro sentire comune, per il quale “interpretare una parte” significa porre un discrimine tra essere e apparire, tra realtà e finzione.
Marchese Rosa (2019). Interpretare una parte. Personae e modelli etici in Roma antica tra tarda repubblica e principato. In F. La Mantia, A. Le Moli (a cura di), Persona, comunità, strategie identitarie (pp. 67-79). Palermo : New Digital Frontiers.
Interpretare una parte. Personae e modelli etici in Roma antica tra tarda repubblica e principato
Marchese Rosa
2019-01-01
Abstract
L’ultima opera di Cicerone, il de officiis, propone una complessa riflessione sulle personae, i ruoli naturali e culturali che ogni uomo è chiamato a mettere in equilibrio e a interpretare sulla scena di un mondo, quello della tarda repubblica romana, nel quale il problema più importante è collegare il piano della politica a quello dell’etica, l’utile all’honestum. Al cittadino che verrà, in un orizzonte che gli appare oscuro, Cicerone prova a mettere in mano la capacità di scegliere “chi e quali vorremmo essere” (1.117), e anche la possibilità concreta di cambiare, in caso di errore nella scelta. Nel giro di pochissimi anni, però, è il mondo al quale Cicerone rivolge la sua riflessione che cambia profondamente: quali sono dunque gli effetti della teoria (e della retorica) delle personae nella letteratura latina di età imperiale? Seguendo il filo rosso che da Cicerone, attraverso la poesia augustea, giunge a Seneca e a Tacito, questo intervento intende da un lato ricostruire il processo di trasmissione e di contagio di un’idea, e dall’altro illuminare la distanza culturale tra quella teoria, con le sue rappresentazioni letterarie, e il nostro sentire comune, per il quale “interpretare una parte” significa porre un discrimine tra essere e apparire, tra realtà e finzione.File | Dimensione | Formato | |
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